Colapisci il tonnaroto

 

 

A Colapisci quella maestrina giovane che portava gli alunni in tonnara a vedere i pesci e gli uomini sulle barche piaceva assai. Prima ancora di vederla sentiva le voci dei bambini che correvano tra le ferule, felici di non essere a scuola.
Poi arrivava lei col suo sorriso e gli occhiali che nascondevano occhi neri e bellissimi, e lui diventava tutto rosso, si levava il berretto e abbassava gli occhi per un saluto senza parole.
Colapisci non era il suo vero nome, lui ‘Ndria si chiamava, ma quell’ingiuria gliel’aveva messa rais Cicco per la sua bravura a tuffarsi sott’acqua e cucire le reti della tonnara strappate dai bistini e dalla corrente.
Due o tre volte aveva pure recuperato grossi pescispada che si erano ammagliati tra lato e virune, là dove i tonnaroti con l’asta non potevano arrivare, e allora il rais d’accordo coi padroni gli aveva regalato l’ancidda del pesce appena scugghiato, la surra che non si vende perché è la parte più pregiata e dopo lo sventramento finisce sulla tavola di chi comanda.

La maestra e gli alunni arrivavano dal paese su un carretto quando i fiori della primavera coloravano di giallo e viola i campi; in mare si preparavano le ultime mattanze della stagione, tra poco la scuola avrebbe chiuso e i vascelli sarebbero tornati nelle trizzane.
Colapisci lo sapeva che per quell’anno lei non sarebbe più venuta e solo questo gli diede il coraggio di avvicinarsi…
"ciao, sono ‘Ndria, vuoi che vi spiego come si pescano i tonni?"


“Ciao Andrea, grazie, certo, ma lo sai che pensavo che fossi muto? Ogni volta che ti ho visto te ne stavi senza dire una parola. Bambini correte qui che Andrea ci spiega come si fa la mattanza…
.

"Questa è la muciara del rais, io sto qui sopra e tutto il giorno remo avanti e indietro, quello è il vascello dove si mettono i tonni arpionati, l’altro è il ciaraballo che serve per portare i padroni a vedere la mattanza… noi ci chiamiamo tonnaroti ma a me hanno dato un soprannome antico, Colapisci mi chiamano perché so andare sott’acqua e vedo i pesci che nuotano dentro le reti... un giorno se vorrai mi immergerò per te…"

Quest’anno la maestra dagli occhi belli non è ancora venuta e Colapisci aspetta ogni giorno di sentire le voci dei bambini appena scesi dal carretto. I fiori della primavera appassiscono tra le macchie di giummarra, i vascelli tornano nelle trizzane e la scuola è chiusa ormai.
In paese ‘Ndria incontra per caso il carrettiere che portava gli alunni in tonnara e gli chiede come mai non era più venuto…
“la maestra è stata trasferita, ora insegna non so dove”.

Colapisci si sente morire ma fa finta di niente,
“vabbè, lo chiedevo così, solo per curiosità”.

Ora Andrea è un uomo fatto ma nella marina continuano a chiamarlo Colapisci come quando era giovane. La tonnara ha smesso di lavorare e lui è diventato il padrone di una sciabbica di venticinque palmi, ci va a pescare con le reti e lo specchio, e ogni tanto si tuffa quando vede un vaso antico perduto sui fondali.
Il mare del paese per lui non ha segreti, conosce tutte le tane dei polpi ma non gli basta, è sempre inquieto, vuole scoprire fondali nuovi, grotte che nascondono tesori, soprattutto vuole levarsi dalla testa la maestrina della tonnara. Le aveva promesso di immergersi per lei e invece non l’ha più vista.

Quella mattina il porto di Castellammare era pieno di gente, la pesca era stata buona e anche lui che ci andava per la prima volta aveva portato a terra scorfani e seppie a volontà…
“Andrea, sei tu? ciao, come stai …”.

La sua maestrina era ferma davanti alla barca, lo guardava e sorrideva. Colapisci diventò più rosso della Cipolla che stava pesando con la stadìa…
"Ciao, quanto tempo è passato, come sei bella… dieci anni? tanti sono da quando sei venuta l’ultima volta in tonnara? mamma mia… ti volevo scrivere per Natale, farti gli auguri, ma non so nemmeno come ti chiami, dove abiti".

“Gloria, mi chiamo Gloria e pure io ti avrei voluto fare gli auguri ma non sapevo come. Ora insegno qui vicino e ogni tanto vengo al porto, più per vedere le barche che per comprare il pesce. Sei diventato un pescatore, bravo, ma ancora ci vai sott’acqua?”.
Vuoi venire a fare un giro sulla mia sciabbica? Ti porto a vedere una cala bellissima, proprio dietro al porto, un’ora e mezza e torniamo a terra.

Il cuore di Colapisci batte come le code dei tonni quando vengono tirati sui vascelli. Bum, bum, bum … e poi arrivava la morte.
“Se mi prometti che per l’ora di pranzo mi riporti a terra, sì, vengo con piacere, giusto i pantaloni mi son messa oggi”.

Bum, bum, bum … il cuore accelera, se deve arrivare la morte Colapisci la vuole ora, con la sua maestra accanto.

Il porto si allontana di poppa, le porte di Castellammare con l’arco sommerso sfilano a sinistra, la cala dello Stinco si apre a prua come un anfiteatro.
Gloria è seduta sul banco di centro e abbassa gli occhi quando Andrea la guarda. L’ancora fila a fondo, non c’è un alito di vento. Andrea mette lo specchio a mare e invita Gloria a guardare gli scogli sotto di loro,
"la vedi quella spaccatura lontana, dove lo sguardo quasi non arriva? ecco, ora ci vado e prendo un regalo tutto per te."

Andrea ridiventa Colapisci, si leva la maglietta, arrotola i pantaloni sotto il ginocchio e si tuffa. Scende, scende fin dove non era mai arrivato prima, le orecchie gli fanno un male tremendo ma lui vuole assolutamente arrivare là sotto, dove le rocce formano una caverna.

Quando risale porge a Gloria un alberello tutto rosso, è un ramo di corallo.
"Tienilo sempre con te, se ti chiedono digli che è il regalo di Colapisci."

Quel giorno il pranzo saltò, e la sciabbica tornò in porto che era quasi buio. Gloria scese dalla barca e si girò per salutare Andrea. Appena un attimo, un rapido bacio sulle labbra, poi scomparve sulle scale che portano al centro del paese.
Solo allora ‘Ndria si accorse dei pesci che quel giorno aveva dimenticato di vendere.

Colapisci tornò tante volte ancora al porto di Castellammare, ma la sua maestrina non venne mani più. Per giorni e giorni rimase ad aspettare anche dopo aver venduto l’ultimo pesce, ma dalle scale che scendono dal paese non vide mai arrivare Gloria.
Ripensava continuamente al tuffo per raccogliere il fiore di corallo ma non riusciva a ricordare cosa fosse successo dopo.
L’aveva perduta ancora una volta e stavolta non era nemmeno iniziato l’autunno, il periodo che i tonni smettono il loro viaggio d’amore.

I giovani marinai di Castellammare si ricordano ancora di un anziano pescatore che anni prima ogni sera si fermava alla cala dello Stinco e aspettava che si facesse buio prima di ritornare a San Vito, dove da ragazzo faceva il tonnaroto.

 

"Quando è stata quell’ultima volta
Che ti ho visto e poi forse baciata
Dimmi adesso ragazza d’allora
Quando e dove te ne sei andata
Perché e quando ti ho dimenticata.
Ti sembrava durasse per sempre
Quell’amore assoluto e violento
Quando è stato che finito il niente
Perché è stato che tutto si è spento
Non ha visto nemmeno settembre…"
(F. Guccini “L’ultima volta”)

 

 

 

Ninni Ravazza

 

 

   

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