da Capo10

La storia di Cola Pesce

L'epoca è quello del regno di Federico II di Svevia.
Protagonista è Nicola, detto Cola, ultimo nato di una numerosa schiera di fratelli in una famiglia di umili pescatori.
La capanna nella quale vivevano era talmente prossima alla battigia che il piccolo Cola crebbe in simbiosi totale con l'ambiente marino, tanto da trascorrere buona parte del suo tempo tra le onde, nuotando per lunghi tratti in solitudine e immergendosi fino a profondità proibitive. Il suo fisico, forte e scattante, non conosceva stanchezza, i suoi polmoni sembravano adattarsi alle apnee più protratte, ignorava il freddo e i marosi.
In qualunque stagione era in acqua, esplorava le coste frastagliate della sua terra e gli abissi fin dove la luce del sole arrivava e, a suo dire, anche dove l'oscurità era completa. Il ragazzo venne pertanto denominato "Cola Pesce" dai suoi compaesani prima e da tutta la popolazione siciliana in seguito, quando la fama che lo circondava si sparse per tutta l'isola.
La passione di Cola per il mare procurava non pochi problemi alla sua famiglia, che viveva del pescato. Era tale e tanto l'amore che il giovane nutriva per il mare e le sue creature che di nascosto rimetteva in acqua, per farli vivere, molti dei pesci che i suoi fratelli catturavano.
Più il tempo passava e più stretto diventava il suo legame con la dimensione marina. Come aveva fatto Giona, anche lui si faceva divorare da grossi pesci che lo depositavano sulle rive di terre lontane e in paesi misteriosi e sconosciuti, da dove egli ritornava raccontando le cose meravigliose che aveva visto e dei tesori immensi che giacevano sul fondo del mare.
A riprova di ciò mostrava oggetti preziosi, monete, perle, vasellame finemente cesellato, che egli aveva raccolto esplorando i relitti di velieri inabissati.
Finché l'eccezionalità delle sue imprese non arrivò all'orecchio dell'imperatore, che volle conoscerlo. Un bel giorno la nave regale gettò l'ancora al largo del villaggio marinaro dove abitava Cola Pesce con la famiglia.
"Vediamo se riesci a ripescare questa!" lo sfidò Federico, lanciando in acqua una coppa d'oro.
Senza esitare, il ragazzo si tuffò nelle acque profonde e di lì a poco riemerse con l'oggetto prezioso. Per diverse volte esaudì il volere di Federico, riportando a galla monete e gioielli, anche minutissimi, che l'imperatore faceva cadere in acqua.
"E ora fammi sapere - aggiunse il monarca - sopra cosa poggia l'isola di Sicilia su cui regno".
"Bene, maestà! Lo farò volentieri per voi".
Ed ecco di nuovo Cola Pesce sparire nelle acque blu scuro dello Ionio. Questa volta l'immersione fu molto più lunga, tanto che tutti credettero che il ragazzo fosse morto. Ma questi all'improvviso sbucò dall'acqua e annunciò trionfante:
"Ce l'ho fatta, maestà! L'isola di Sicilia poggia su tre colonne: due sono di pietra e una è di fuoco".
L'imperatore rimase talmente colpito dalle prodigiose qualità del giovane pescatore da volerlo presso di sé a corte. Appena i molteplici impegni reali glielo consentivano, Federico si tratteneva a lungo ad ascoltare i favolosi racconti di Cola. Amante delle scienze naturali e misteriche, si faceva descrivere nei dettagli le creature che popolavano gli abissi, le abitudini e i meccanismi delle loro esistenze in ambienti lontani e diversi da quelli della terraferma. Quali leggi governavano quel mondo? E come poteva un uomo carpirne i segreti tanto da acquisire la capacità di vivere a suo piacimento ora in forma umana ora assimilato agli abitanti dell'oceano? Inesauribili erano le meraviglie che il ragazzo dispiegava all'ascolto e alla fantasia mai appagata del sovrano.
Di natura ben diversa era l'interesse che alcuni cortigiani nutrivano per quello strano pescatore in grado di recuperare dal mare ogni sorta di tesori. Ma come sottrarlo all'attenzione dell'imperatore? Si pensò a un infallibile e collaudato espediente: la bella contessina Irene venne messa alle costole dell'ingenuo Cola, il quale se ne invaghì. Con la scusa di uscite romantiche in barca, Irene costringeva lo spasimante, con moine e lusinghe, a tirar su dal fondo monete, gioielli, perle, coralli e antichi reperti di inestimabile pregio e valore.
Dall'avidità insaziabile alla sete di potere, il passo fu breve. Inebriati da tanta ricchezza, quei nobili ordirono una congiura contro l'imperatore. Scoperti, confessarono le loro intenzioni, scagionando però il candido Cola Pesce. Il quale, benché reintegrato nella stima di Federico, non riuscì più a sentirsi a suo agio in un ambiente in cui persino l'amore veniva dissacrato dagli intrighi e dalla cupidigia.
Fu così che il giovane, pur restando in amicizia con l'imperatore, si isolò gradualmente dalla corte e dalla fanciulla che tanto lo aveva ingannato.
Lo si vedeva spesso camminare solitario sui moli del porto o lungo gli arenili, scrutando il mare con ansia. Un giorno, dalle onde in burrasca emerse un pesce gigantesco che si portò a pochi metri dalla riva. Qui si fermò, spalancando la grande bocca.
Cola, sfiorando appena il ribollire dei marosi, entrò fiducioso nella cavità rutilante e profonda. Rapidamente le fauci si richiusero e lo strano animale, metà balena e metà drago, guadagnò il largo inabissandosi.
Da allora nessuno vide più Cola Pesce.
Qualcuno disse che aveva raggiunto il regno di Oceano, dove aveva sposato una sirena, o la figlia stessa del re del mare. Altri affermavano con sicurezza che egli un giorno sarebbe tornato sulla terraferma a governare il mondo. Ciò sarebbe avvenuto, ipotizzavano, quando gli uomini finalmente avrebbero conosciuto la giustizia e l'amore.

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Salvatore Capodieci
PM

 

   

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