Prologo
Il saggio paguro aveva un nodo
alla gola quando ebbe finito di leggere questa struggente storia alla sua
piccola Sirenetta, si perché aveva imparato ad amare quella straordinaria
creatura di pietra che aveva lo strano potere di fargli pervenire messaggi
col solo potere del suo pensiero.
E lui, che aveva lo straordinario potere di saper
ascoltare le voci invisibili e inudibili comprese che tra loro si era
stabilito un contatto elettivo mai sperimentato prima di allora.
Aveva quasi paura, adesso, di non avere più ragione di esserle accanto, di
esserle d’aiuto: non aveva più storie da leggerle. Non aveva più emozioni da
trasmetterle. Sentiva, ad un tratto, di non essere più utile neppure a sé stesso, perché
d’improvviso la sua vita sembrava non avere più scopo.
”E’ solo quando si ama che vale la pena di vivere" pensava intanto il
vecchio paguro, triste fino alla morte.
“Il tuo dolore nevica gemme di gelo sul mio
cuore” pensò ad un tratto la Sirenetta, non certamente consapevole
che il suo pensiero avrebbe raggiunto il radar del cuore del vecchio paguro.
Quale meraviglia, invece!
Quel messaggio risuonò in tutto il piccolo essere del suo amico e lo inondò
di uno strano sentimento di riconoscenza.
Un sentimento che non sapeva decifrare, né connotare esattamente, in quanto
egli non era stato creato per percepire sentimenti, ma di vivere una breve
esistenza nel grande alveo marino.
Sconosciuta era, al vecchio paguro, quanto fosse ampia o breve la parabola
della sua vita. Sapeva soltanto di amare d’amore infinito la sua piccola
Sirena di pietra
La Sirenetta e il Gabbiano
Jonathan
(2)
Quel giorno un vento di scirocco
faceva sentire le membra di Sirenetta pesanti e pungenti come se si fossero
sollevate tutte le spine dei fichidindia dalla vicina Sicilia e come tanti
spilli di sartoria le si fossero conficcate sulle membra.
Era una Domenica apparentemente tranquilla, quando, all’improvviso,
Sirenetta sentì un grande tremito sconvolgere il fondo del mare. Onde
circolari provenienti da un mare a lei sconosciuto si allargavano e la
raggiungevano, la ghermivano e la impaurivano terribilmente. Tutta la
popolazione marina fu presa da un grande spavento.
Sirenetta non aveva mai, fino ad allora, sentito nulla di simile. Si, una
volta il suo amico paguro, le aveva parlato di uno tsunami lontano, che
aveva sotterrato interi villaggi abitati da uomini felici, ma Sirenetta
allora, non provò nessun sentimento di pietà per quegli esseri umani. Troppo
lontani da lei e dal suo tranquillo mare. Quelle strane onde sussultorie
stavano quasi scardinando il suo sito scoglioso, il mare tremava fortemente
e fu allora che ebbe a rimpiangere il mancato conforto che avrebbe potuto
darle la presenza di un vero amico. Pensava, l’impaurita Sirenetta, a tutte
quelle creature che, in quel preciso momento, si trovavano immerse nel mare.
Chissà, poteva esserci un Uomo-Pesce, che come lei era condannato,
per scelta o per necessità, ad abitare eternamente il mare senza mai
più risalire a riva… Un uomo pesce… doveva essere davvero disperata la
povera sirenetta se nella sua testolina si affacciava un’idea così
stravagante e impossibile.
Sentiva d’improvviso, come se tutte le solitudini del mondo le si fossero
rovesciate addosso, attaccate alle sue membra di pietra, e lei, immobile,
non poteva scrollarsele, a causa della sua staticità.
Fu nel momento più doloroso della sua riflessione, che Sirenetta udì un
delicato frullare d’ali, era una melodia alle sue orecchie avvezze ai rumori
ordinari di un traffico ordinario e giornaliero.
Ripetutamente sentì questa melodia capace di smuovere l’aria circostante e
di farle dimenticare lo spavento provato quella mattina.
Il volo di un gabbiano, bianco come un fiocco di neve, catturò tutta la sua
attenzione.
Nello specchio d’acqua a lei circostante si proiettò l’ombra di un gabbiano,
grande e forte, che si accostò a Sirenetta con fare amichevole.
Stranamente sentiva che quella creatura del mare e del cielo avrebbe potuto
infrangere la cortina di solitudine che l’avvolgeva e la separava dalla
vita. Avrebbe potuto parlare con lui del ritmo delle
primavere, dei rossori dell'estate, dei tamburi degli
autunni e del gelo tattile dell'inverno.
Pensava e, stranamente, pensava in termini di poesia!
Portami a volare con te oltre la
luna
oltre il sogno, oltre questo grigiore
che opprime e mi falsa i connotati,
fino a ieri così scanditi dal pendolo monotono
del tempo.
Portami a volare con te
oltre l'azzurro, sulle tue poderose ali;
portami a sorvolare montagne innevate,
a solcare cieli senza confini, oltre le nubi,
oltre il sogno.
Portami a volare con te,
leggiadro amico, plana dolcemente
fino a me:
ch'io possa cavalcare oltre le stelle,
sentirmi parte anch'io
dell'infinito.
Si preannunciava davvero un’amicizia importante tra Sirenetta ed il
Gabbiano.
Lei non lo sapeva ancora ma quel gabbiano era un gabbiano “speciale” ed
aveva un nome: Jonathan il poeta...
Anna Marinelli