L'URLO DEL MARE
Interazioni con la storia di Rebecca
Sandy
In riva al mare, 28.11.2005
Rebecca amava i giorni di pioggia e le lunghe
passeggiate in riva al mare con Anouk, l'inseparabile labrador color
miele.
Le piaceva sentire l'urlo del mare quando, accecato
dall'ira, si infrangeva sugli scogli.
Le ricordava un'antica
leggenda... una delle tante fiorite in riva allo Stretto... e tramandata per
secoli di padre in figlio nella sua amata terra di Sicilia:
La Storia di Colapesce
"Conosciuto è in Sicilia l'anticu nomu di
Colapisci, anfibiu natu sutta di lu secunnu Fidiricu. Omu in sostanza ben
proporzionatu, pisci pri l'attributu singulari di stari a funnu cu li
pisci in mari"
Della leggenda dell'uomo pesce in
Sicilia esistevano più versioni, dovute certo all'innesto di tale mito con
altre culture, ma Rebecca quel giorno aveva scelto per sé e per Anouk la
più terribile...
Seduta su un masso, incurante della pioggia,
osservava la corrente trascinar via un grosso tronco d'albero.
"Anouk, guarda... Colapesce si è appena svegliato... ed è pure
incazzato nero a quanto pare! non avvicinarti al mare, rimani qui con me,
altrimenti mi sa tanto che stasera per cena le sirene avranno anche un bel
filetto di labrador alle erbe aromatiche"
Con un balzo Anouk
la raggiunse e le si accucciò vicino.
Rebecca non centellinava
carezze al suo fedele compagno, sorrise dolcemente:
"sei
proprio un bravo orsetto..." lo abbracciò.
Poi prese a
scrutar tra le onde... certa che da qualche parte, in fondo al mare, le
orribili sirene aspettavano, fameliche, che il padre portasse loro
l'incauto pasto.
Liceo Archimede, 1985
"La mitologia ricorda che soltanto due uomini
resistettero alla seduzione fascinosa del canto fatale delle sirene: Orfeo
e Ulisse..."
Le lezioni di italiano al liceo erano quelle che
amava di più...
Irrequieta e testarda come un mulo, Rebecca aveva
bisogno di una madre dolce e severa che stimolasse la sua fantasia anche
lì, tra le fredde e spoglie mura di un'aula, che ben presto aveva
provveduto a rendere più "allegra" incollando alle pareti buffissimi e
colorati disegni con l'intento di divertire i compagni e, soprattutto,
innervosire gli insegnanti.
E l'aveva trovata la sua "madre
scolastica", ...il terrore della sezione A...
" ...Orfeo
grazie al suono celestiale della sua lira, più melodioso dello stesso
canto delle Sirene, passò indenne dalle acque marine, assieme agli
Argonauti, guidati da Giasone alla volta della Colchide per la conquista
del vello d'oro tenuto del re Etea... REBECCA! non è guardando fuori dalla
finestra che incontrerai Giasone..."
" ...perché no...? il vello
d'oro Giasone lo trovò in un bosco... su un ramo....magari era un ramo d'
albero di arance... esattamente come quello lì... magari è proprio quello
l'albero...e l'unguento di Medea che servì a Giasone per addormentare il
drago è nascosto proprio lì, in una boccettina, dentro al tronco..."
"...puoi recarti in giardino ad accertartene personalmente se è
questo che vuoi..."
Invito che aveva tutta l'aria di essere
una minaccia... E sì, quella volta aveva proprio cozzato duro Rebecca.
"...no, no...è meglio di no... che se si sveglia il drago so
guai..."
Un sorriso divertito addolcì il piglio severo
dell'insegnante...
In riva al mare, 2005
Ne era passato del tempo da allora, ma
Rebecca
quel sorriso lo custodiva ancora, gelosamente, tra le pieghe dell'anima...
Un vento gelido la destò dai suoi
ricordi... raccolse un sasso per poi scagliarlo lontano... cerchi
concentrici sulle onde... a volte il mare le faceva davvero
paura... un'immensa distesa d'acqua...
Ulisse l'aveva superata
quell'immensa distesa d'acqua, infestata dalle Sirene, senza cadere preda
di Colapesce e delle sue numerose figlie.
L'astuto figlio di
Laerte, smanioso di conoscenza, giunto in prossimità del terribile Stretto
pretese d'ascoltare la voce delle mostruose dee del mare.
Era un'esperienza che andava fatta, prendendo ovviamente i necessari
provvedimenti contro l'incombente pericolo.
Dopo aver comandato quindi a
tutta la sua ciurma di tapparsi le orecchie con la cera per non ascoltare
i cori irresistibili delle figlie di Colapesce, si fece legare all'albero
della nave, con l'ordine perentorio di non slegarlo per nessuna ragione,
se non dopo che fosse cessato il pericolo dell'adescamento da parte delle
Sirene. E così avvenne.
A nulla valse che il poderoso Cola Pesce
spingesse le prore delle navi dell'Itacese verso gli scogli costieri,
perché la forza dei rematori e il benevolo Eolo vinsero la resistenza del
mostro.
Ad un tratto un terribile grido disumano fracassò il canto
delle Sirene.
Poi si vide Colapesce uscire fuori dalle acque con
tutto il suo corpo e inabissarsi nella profondità marine, scomparendovi...
Un'onda immane s'abbattè contro il naviglio, che soltanto per
l'intervento di qualche pietoso dio dell'olimpo, evitò di capovolgersi.
Con Colapesce scomparvero anche le sirene, che morse dalla fame
s'avventarono contro lo stesso loro genitore.
Il mare cominciò a
ribollire, la terrà circostante a scuotersi.
Colapesce resisteva
egregiamente all'assalto delle terribili dee marine. Man mano che
infilzava le sue assalitrici con la lunga spada della sua testa, le
scagliava con indicibile violenza sovraumana contro gli scogli
circostanti.
La terra ritornava a sussultare... il mare si
ingrossava fino a generare onde altissime.... che concludevano la loro
spumosa corsa, avventandosi contro gli scogli e le rocce, posti ai lati
dell'esiguo budello di mare...
Quando la battaglia ebbe fine le
acque era di colore rosso vermiglio del sangue delle sirene..
Scilla da un lato e Cariddi dall'altro provarono a cibarsi delle
carni delle sirene uccise, ma ogni volta che le addentavano le figlie di
Colapesce si tramutavano immediatamente in scogli ancora oggi visibili
lungo tutta la costa dello stretto.
Colapesce colpito da sommo
dolore per l'attentato subito dalla sua stessa infame progenie, s'avventò
con tutta la sua forza e a grande velocità contro le rocce per porre fine
ai suoi tristi giorni.
L'urto violentissimo della sua spada contro
la dura roccia scosse l'intera isola di sicilia, provocando un terremoto
di immani proporzioni....
catuan
20.05.2006
La terra sussultò con ferocia, come se il
battito del mondo avesse d'improvviso assalito l'aria con la forza di un
Ritorno.
Quando il pavimento iniziò a tremare Vito stava riempiendo un
altro calice di vino rosso... la tavola, preda di violenti scossoni,
riversò sulla camicia logora del giovane pescatore un fiotto di vino.
Sembrava sangue marchiato sul suo petto.
Le pareti di pietra e
muffa presero a scricchiolare, il lucernario appeso al soffitto oscillava
come al cospetto di un demone infuriato.
Fu a quel punto che Vito si
fiondò fuori dal misero tugurio, eretto alle pendici della scogliera. Quel
rifugio che pietra su pietra fu tirato su da suo nonno, scomparso
vent'anni prima. Inghiottito dal mare in tempesta che urlava vendetta.
E fu così che egli vide il sole sparire oltre l'orizzonte
quando,invece, avrebbe dovuto ancora ardere in cielo, bruciare le nuvole
ed accecare gli occhi. Il mare aveva ingoiato i suoi raggi con avide
fauci affamate di luce.
"Le sirene tornano a galla per rubare
un po' di luce agli uomini".
E ciò che Mastro Peppe ripeteva al suo
nipotino Vito, quando ancora cucciolo e con gli occhi mai sazi di favole,
gli domandava cosa cercavano le Dame del mare. Fu proprio allora, quando il sole era
divenuto uno spiraglio di luce esile come una speranza vana, che sulla
sommità della scogliera incrostata di corallo, Vito la vide per la prima
volta.
La scorse da lontano, da una distanza in cui le ombre giocando
coi contrasti di luce, sono in grado di suggestionare la fantasia di
ciascuno.
Ma Vito era certo di ciò che i suoi occhi avevano visto.
O almeno era ciò che sperava con tutto sé stesso. Una donna nuda
se ne stava appoggiata sull'estremità dello scoglio più alto.
Lunghissimi capelli che parevano filamenti d'oro zecchino, se ne
andavano sparpagliati nel vento, per un attimo lasciavano spiare le linee
perfette del suo collo, per poi tornare a celare il mistero della sua
pelle chiara come la luna in un cielo dipinto di stelle.
Lei gli
porgeva solo la schiena, forse perché troppo assorta ad ammirare quel
mare, che ad un tratto placava la sua ira, e le onde tornavano ad essere
solo un leggero scintillio in un oceano dove era tornato a specchiarsi il
sole, elargendo ancora il suo tepore.
E' così che andava da sempre.
Da quando il mondo aveva emesso il suo primo vagito nulla era
cambiato.
Ed anche la leggenda restò immutata per secoli, finché un
sognatore non decise di sfidare il fato ed andare alla ricerca della
verità.
Perché i sogni restano tali finché non si tramutano in realtà,
perdendo così parte della loro magia.
Questa chimera inseguiva Vito,
ultimo discendente di una stimata stirpe di pescatori, facendo voto di
amare solo la Regina delle Dame Nere.
Avrebbe amato per sempre ciò che
credeva di aver veduto quel giorno, oltre i margini del tempo, ai confini
di un universo troppo spesso finto.
Lui avrebbe amato una sirena, per
poter ritrovare in essa le antiche verità.
Ma una sirena è una
finzione della natura.
Una bugia appena sussurrata da labbra troppo
generose.
E' una verità che può scottare come una pietra rovente, e
che appena provi a toccarla devi allontanarla. E che più provi a
stringerla e più sai che ti farà male. Una sirena è una malia a cui
nessun uomo saprebbe rinunciare..
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