Non siedo per aspettare
un ritorno di condivisi abbracci.
Ho
imparato lo specchio riflesso
di attitudini inaspettate,
immagini
concave che spiegano
per accettare la somiglianza.
È lì che ritrovo la
continuità
e sono grata al ricordo,
allo scatto di affinità
come foto di
spazi e parole.
So di
appartenere a passi
proiettati nel vortice del tempo,
ad un profilo che
si aggancia al mio,
per trovare identità di legame.
A
ridosso delle dune del mondo
ho imparato l'eredità,
volutamente
incessante,
per sentire la voce,
dialogo feroce e dolcissimo,
che mi
riporta all'essenziale.
Mi
muovo oggi con l'incerta sporgenza
sul baratro della vita e alle mie
spalle
trattengo la mano in quella del tuo vissuto
che ha spinto alito
nel mio.
Incespico sul sentiero imposto
per retaggio di maternità e a volte cado,
trattenendo l'urlo di fuga
per estremi di libertà non concessi.
E
maledico la stortura di amore
che impegna fatica e nega il riscatto,
che
tu mi hai insegnato.
In questa pienezza di mancanze
e di anima
affaticata,
trovo un assordante,
doloroso equilibrio
che illude il senso
di giustizia,
scegliendo il meglio di te
per evitare il peggio di me.