Tavola in
Grande Enciclopedia del mare
- A.Curcio Editore - vol.2-p.568-569
[...]
Nel 1903 a Vateraeelen in Norvegia veniva segnalato un calamaro lungo 50 m. Nessuno volle
credere a queste dimensioni fino a quando, negli anni Ottanta, giunse notizia che un cefalopode gigante aveva attaccato la fregata americana
USS Stein. La nave durante la navigazione in alto mare avrebbe avuto improvvisamente
danneggiata la parte del sonar posta all'esterno della carena; rientrata alla base e
tirata a secco si scoprì che il rivestimento di neoprene del
sonar aveva una serie di graffi e, all'interno di uno di questi, c'era un frammento di
artiglio chitinoso.
I biologi che lo studiarono dichiararono che si trattava
del frammento degli uncini che talune specie di Architeuthis hanno in fondo ai due tentacoli più
lunghi. Vene stimato che il calamaro avrebbe dovuto avere una lunghezza di 40 m...
La possibilità che calamari di tale taglia non è remota. Frequentemente
nello stomaco dei capidogli si trovano resti di calamari anche
di grandi dimensioni: Nel 1971 un capidoglio catturato
nell'Atlantico aveva nello stomaco un resto di calamaro lungo 10 metri.
Si dice che, per proteggere il proprio stomaco, il cetaceo produca un'ambra
grigia con la quale ricopre i becchi acuminati e taglienti dei calamari che mangia e che successivamente
vomita.
Il Principe di Monaco Alberto I fin dal 1885 si occupò di
oceanografia e di biologia marina acquistando il veliero l'Hirondelle e
successivamente il vapore Princesse Alice e destinandoli alla ricerca scientifica.
Oltre ai classici studi oceanografici effettuati con le reti da grande profondità e con
gli scandagli, il principe fece molta attenzione ai rigurgiti e al contenuto dello stomaco
dei capodogli morti o catturati.
Il 18 luglio del 1895, nelle isole Azzorre, la sua nave oceanografica catturò un capodoglio
di 13 m, che vomitò alcuni calamari di grandi dimensioni, conseguenza di una recente
immersione dell'animale negli abissi.
I particolari del rigurgito furono così descritti: «corpo(dei calamari) non inferiore
ai due metri, di forma simile a un cornetto, dotati di una grande pinna natatoria
rotonda, braccio (tentacolo) grosso quanto quello di un uomo e dotato di ventose
armate di artigli acuminati».
Il principe Alberto descrisse anche le cicatrici sulla pelle e la bocca del capodoglio,
prodotte dai tentacoli del calamaro. [...]
L'Architeuthis è stato spesso descritto come un forte nuotatore, ma probabilmente lo si è confuso
con altri calamari viventi in oceano, appartenenti ad altre specie, perché paragonato ad
essi ha una muscolatura meno sviluppata, pinne piccole e poco possenti e un apparato di
chiusura dell'imbuto meno evoluto.
Il suo habitat, per quanto ne sappiamo, sono gli
abissi, ma esemplari isolati sono stati accidentalmente presi con le reti in fondali
relativamente bassi, come la cattura al largo della costa della California, avvenuta con
una rete a strascico a una profondità di soli 600 m. La rete portò in superficie un
tentacolo lungo 4 m certamente strappato a un esemplare vivo.
Altri avvistamenti sono stati fatti in superficie sia in località a basso fondale
(100 m) sia in sito di grande profondità (4000 m). Non si sa se il cefalopode nuoti a mezz'acqua ovvero
cacci sul fondo del mare.
Tratto
da
Mostri del mare
Giancarlo Costa e Maurizio Mosca
Mursia
- 1999
pagg 57-59
Altre
fonti:
Leviatano contro Kraken - Mostri
del mare - Rchard Ellis - Piemme - 2000 - pagg298-320
Dalla piovra leggendaria al reale Architeuthis-Grande
Enciclopedia del Mare-Curcio - p.544-547