Dopo lunghi mesi di navigazione, e dopo aver superato molte altre avventure, la nave degli Argonauti giunse
finalmente a Iolco, ove il re Pelia regnava sempre sul trono usurpato a Giasone. Questi,
per prima cosa, appena toccò la terra di Tessaglia, si affrettò a ringraziare gli Dei
dellaiuto concessogli e ad offrir loro la nave.
Ma gli Dei non vollero abbandonare
sulla terra il meraviglioso vascello che aveva superato i mari con tanta sicurezza e
trasportarono Argo nel Cielo, tramutando la nave in costellazione scintillante. Giasone
andò poi dal re Pelia e gli disse, consegnandogli il Vello:
- Ecco il prezioso talismano del Caucaso, o Re. Adesso, secondo i
nostri patti, il trono che mi usurpasti deve essermi reso.
- Non ricordo di averti fatto simile promessa, Giasone. Il trono io me lo
tengo, e nessuno potrà togliermelo finché sono vivo.
Giasone rimase dolorosamente colpito dalle parole del vecchio sleale e le riferì a Medea. - Non preoccuparti, Giasone disse la principessa
Ho imparato da bambina mille arti magiche e me ne servirò adesso perché
tu possa salire al trono, come ne hai diritto.
Chiamò infatti le figlie del Re e disse loro:
- È molto vecchio e carico di acciacchi vostro padre, ragazze.
Vi piacerebbe vederlo esuberante di nuova giovinezza?
- Sarebbe bello, infatti! risposero le principesse.
Ma ci vorrebbe un miracolo.
- Bastano le mie arti magiche! Guardate. Io prendo questo vecchio
montone, lo taglio a pezzi, e lo faccio bollire con certe mie erbe incantate in questa
caldaia. Attente. Ora lo ritiro dal fuoco. Ecco trasformato il vecchio montone in un
agnellino delizioso e tenerello.
- Siete convinte, ora? chiese alle fanciulle, che
avevano seguito attonite la magica trasformazione La stessa cosa occorre
fare col vostro vecchio padre, perché riacquisti eterna giovinezza.
Senza più esitare allora, le figlie di Pelia presero il Re, lo tagliarono a pezzi e ne
gettarono le membra nella caldaia bollente. Ma il miracolo questa volta non si compì,
perché la furba Medea si rifiutò di pronunziare le parole magiche che dovevano
ricomporre, giovani e vive, le membra del Re.
Giasone poté così regnare su Iolco.
Ma
breve fu il suo regno. Ben presto il figlio di Pelia volle vendicare la morte di suo padre
e lo scacciò dalla città. E allora, insieme con Medea, Giasone si rifugiò nella città
di Corinto. Il Re fece grandi onori al capo degli eroici Argonauti e gli offrì la figlia
in isposa.
Fosse
lavidità di salire al trono di Corinto o lingratitudine del suo cuore,
Giasone ripudiò la fedele Medea che tanto lo aveva aiutato in ogni impresa e che per lui
aveva fatto sacrifici inauditi e aveva abbandonato la patria, e sposò la giovane figlia
del Re di Corinto.
Medea finse di non esserne addolorata, ma nella sua anima covava la vendetta. Inviò alla sposa
come dono di nozze una tunica dargento, intrisa di veleno. E quando la sposa la
indossò, la camicia stregata le bruciò le carni in una sola immensa fiammata.
Medea intanto fuggiva da Corinto e, su di un carro tirato da draghi alati, si rifugiava ad
Atene, ove sposò il padre delleroe Teseo.
Giasone, dal canto suo, dopo la tragica morte della sposa e la fuga di Medea, non fu più che un
misero rottame senza gloria. Fu preso da un abbattimento profondo e morì miseramente in
un accesso di disperazione.