Quest'estate all'improvviso è cresciuta una pianta
accanto ai miei gerani.
Una pianta selvatica, anonima, di quelle che
pensi debbano essere sradicate perché sono
"erbacce" e danno fastidio alle piante del vaso che reclamano il
diritto esclusivo alla proprietà e che ostentano i colori dei loro
fiori al mondo perché si sa, così deve essere. Io, invece, l'ho
lasciata crescere, mi stava simpatica.
Anonima, selvaggia e forte.
Di una bellezza senza ostentazione, semplice geometria perfetta e
umile. Come una dirompente e anarchica forza della natura che
reclama spazio nella terra. Che è terra di tutti.
Così, mi ha fatto
e mi fa compagnia nelle mie serate in balcone, sulla mia sedia a
dondolo, ricordandomi sempre che le cose semplici sono quelle più
vere.
Che l'arroganza di chi pretende l'esclusività distrugge la
bellezza.
Che sarebbe troppo facile somigliare agli altri per non
sentirsi "diversi" o "stranamente irregolari". Che la forza della
libertà vola verso l'alto,come lo stelo di questa pianta.
Che c'è
spazio di radici per tutti nella terra di nessuno.
Che basta poco
per volere bene o amare.
E che chi mi dice "che bella questa pianta,
mi piace, non la togliere" ha cuore selvaggio e libero e sa fare
spazio nei sorrisi per darne uno ogni giorno a chi sa guardare negli
occhi.
Ma soprattutto mi ricorda le promesse fatte a me stessa, al
mio essere "fuori dalla norma", alla forma imperfetta del mio
pensiero, alla volontà di non tradirmi mai, a dispetto di chi si
accontenta di avere solo piante uguali a tante altre nella terra perimetrata delle loro vite.