Messina
Nella città dello Stretto si giunge dal “continente” per visitare la Sicilia. Da
qui partono le arterie verso il resto dell’Isola.
Molti attraversano la città, ma ben pochi la visitano
Luminosa e pigra, ventosa e
malinconica, la storia di Messina è un'alternanza di pianti e di sorrisi, di
distruzione e di rinascita. E' una storia di guerre, di calamità spaventose, di
ripopolamenti e di rifiorimento.
Un destino che deriva, essenzialmente, dalla sua posizione geografica:
invidiabile da un lato, preoccupante dall'altro. E non solo per i ripetuti
attacchi esterni, ma anche per l'alta sismicità del suo territorio.
Il terremoto, infatti, distruggerà la grande maggioranza dei suoi monumenti e
porterà via con sé l'identità di una città che, con forza, negli anni seguenti
proverà a ricostruirla. Infatti, nonostante la veemenza del sisma ed il
contestuale maremoto, la città dello Stretto riuscirà, comunque, a sopravvivere
alle calamità che sembrava avessero scritto per lei un infausto destino.
Così dopo il 1908, Messina si riappropria della sua essenza, del suo
cuore e del suo mare del quale è intrisa e nel quale si proietta e si specchia.
Proprio in quel mare in cui, da tempo immemorabile, vivono e si nascondono
Scilla e Cariddi, che Omero dipinse con sei teste e dodici gambe ed il
pericoloso vortice delle epopee greche. I mostri di omeriana memoria, che la
leggenda greca pone nello Stretto l'uno di fronte all' altro, da secoli fan
parte della tradizione dell'antica Zancle, così chiamata
per il suo porto a forma di falce. Una forma a cui, tra l'altro, sono legate
tradizioni suggestive e fantasiose.
Sulla punta estrema del porto svetta il forte Campana, ordinato da Carlo V e
realizzato nel 1546 per chiudere l'insieme di batterie difensive istallate lungo
il porto stesso per respingere le incursioni delle armate turche che, dalla
parte opposta, ingrandendosi il forte Campana, si staglia, invece, il forte San
Salvatore, sulla cui porta si trova una lapide del 1614 che ne ricorda la
funzione difensiva.
La collocazione di Messina in un punto di eccezionale importanza strategica del
Mediterraneo ne spiega la rilevanza militare e, conseguentemente, il carattere
di città - fortezza che le si addice da sempre, pur se poco resta delle
fortificazioni dell' epoca classica e medievale. Di contro, sono ancora visibili
quelle realizzate da Carlo V che, oltre ai due forti appena citati, fece
costruire anche il forte Gonzaga e il forte Castellaccio, insieme alla cinta
muraria posta a protezione di una città che l'imperatore considerava cardine
principale della sua strategia di difesa del Mediterraneo, minacciato
dall'espansione turca e dalle scorrerie piratesche.
Sulla parte più alta del forte San Salvatore, attualmente adibito ai servizi
della Marina militare, si innalza una colonna a sezione ottagonale, su cui è
posta la stele della Madonnina, il biglietto da visita della città dello Stretto
che viene presentato ai turisti prima ancora del loro approdo a Messina.
E sempre qui, dove si ammira la lanterna del Montorsoli, Messina ricorda un
appuntamento importante della sua storia: 26.000 soldati della Lega Santa, nel
1571, sotto l' egida di don Giovanni d'Austria, affrontarono vittoriosamente le
navi ottomane schierate nelle acque di Lepanto.
Un evento che sancisce la fine della funzione di grande base militare della
città dello Stretto, che continuerà ad essere, invece, approdo fortificato e
crocevia di commercio.
Ma la catastrofe del terremoto è alle porte e condizionerà la città peloritana e
i suoi abitanti. Poche tracce di quel glorioso passato sono ancora visibili:
quasi nulla sopravvive al terribile sisma che non solo causa numerosissime
vittime, ma cancella anche l'aspetto della città antica.
La città dello Stretto, infatti, è come se fosse stata reinventata con un nuovo
volto urbano nel quale, qua e là, si scorgono i fasti di un periodo che il sisma
ha nascosto ma che, fortunatamente, non ha cancellato del tutto; come la memoria
storica della città, viva più che mai.
Messina, "porta della Sicilia" come si dice, è davvero così. Dalla città dello
Stretto partono arterie autostradali che attraversano l'intera isola.
Chi proviene da Catania, può abbandonarsi alla visione dello Stretto in un
graduale avvicinarsi del continente a Capo Peloro.
Chi, invece, viene da Palermo, può perdersi di fronte allo scenario
incomparabile della città sottostante, immersa in una natura talmente bella da
sembrare quasi irreale.
Ma Messina è una città nuova, nata sulle macerie del terremoto e su quel che
rimane dopo la pioggia di ventisettemila bombe che la prostrarono nel 1943.
Dopo il 1908, sulla planimetria della vecchia città distrutta si sovrappone il
nuovo piano regolatore: grandi e larghe strade parallele s'incontrano ovunque in
una città che si estende in lunghezza.
Fra le costruzioni edificate in questi primo periodo, il palazzo della Camera di
commercio, il palazzo di Giustizia, l'Università, la Prefettura, il Comune e la
Provincia.
Chi approda a Messina non può non restare affascinato da questi edifici e dal
teatro Vittorio Emanuele, realizzato ancor prima del Bellini di Catania e del
Massimo di Palermo.
Anche qui ritroviamo le leggende che aleggiano sempre nella vita della città: il
soffitto della sala, ad esempio, è decorato con una grande pittura di Renato
Guttuso che raffigura il mito di Colapesce che non poteva non appartenere ad una
città di mare come Messina.
La leggenda vuole che Colapesçe fosse un pescatore vissuto nella città
peloritana durante l'epoca di Federico II, mezzo uomo e mezzo pesce: una
metamorfosi dovuta ad una maledizione della madre stanca di vedere costantemente
il figlio in mare.
L'abilità di nuotatore e il suo singolare aspetto incuriosirono l'imperatore
che, gettato un anello in mare, chiese a Colapesce di riportarglielo. E così
accadde. Ma la prova fu eseguita una seconda volta e Colapesce non ritornò mai
più in superficie.
Al suo mito, oggigiorno, è intitolato un premio che nella città peloritana si
svolge annualmente.
Ed al mare sono legate le tradizioni popolari messinesi, come quella del Palio,
una delle più antiche di Messina, in cui le contrade gareggiano nello Stretto
con le loro "paciote".
Ma Messina non è soltanto le sue infinite leggende o la sua particolare storia.
Messina è anche una realtà che, se curata nei suoi molteplici aspetti, potrebbe
interessare ancor di più quel turista o quel visitatore che spesso giunge nella
città peloritana con le navi da crociera, per poi trasferirsi a Taormina o a
Milazzo e le Isole Eolie.
La bellezza della città dello Stretto è indiscutibile e alimentata da un
paesaggio naturale che le regala un'ambientazione davvero suggestiva. Panorami
mozzafiato e scorci di paesaggi unici sono un po' ovunque e fanno la fortuna di
Messina, che lega il suo nome al festival del Cinema e ad attori di grande fama.
Eppure, nonostante sia passata tanta acqua sotto i ponti di quei prestigiosi
anni '50, Messina non è affatto stanca di offrirsi al turista.
Dal viale San Martino alla via Garibaldi, costellati di palazzi signorili e
dagli edifici più importanti della città, i visitatori si riversano a piazza
Duomo, con lo splendido campanile "animato".
Tutt'intorno, da qualche anno, sorge il cuore pulsante della città: numerosi
locali sono nati in questo quadrilatero, resi ancor più belli dalla presenza
della chiesa dei Catalani e dalla piazzetta intitolata a don Giovanni d'Austria.
E la vita attorno al quadrilatero manifesta il fiorire di una gioventù cosciente
di sé, che oggi si è impadronita di nuovi luoghi di ritrovo e di punti di
riferimento, come la zona di via Cairoli, indiscutibile proprietà degli
adolescenti.
Come le grandi città, anche Messina vanta le sue tradizioni culinarie.
Nella città dello Stretto, infatti, esiste una cura particolare per il palato:
il classico buongustaio ha terreno facile nella città peloritana!
E' patrimonio della città dello Stretto l'antenato dello happy hour, in quasi
tutti i bar, infatti, prima del pranzo e della cena, è possibile assaporare
aperitivi rinforzati non solo con i soliti stuzzichini, ma anche con assaggini
di rustici e... di tortellini.
Il pesce in tutte le sue varianti, è l'alimento principe della cucina messinese.
E andare a mangiare ai Ganzirri, lungo i laghi, i frutti di mare o il pesce
stocco a 'gghiotta è un rito, come arrivare a Castanea per i pitoni alla
messinese, oppure a Faro superiore per il gelato. Qui,
infatti, da anni lavora una gelateria celebre in città perché sempre alla
ricerca di nuovi gusti, l'ultimo dei quali è il "gelato alcolico". Chi, infine,
intende portare a casa un "pezzo" della tradizione dolciaria della città dello
Stretto si tuffa nella pignolata, che unisce magistralmente il gusto della
cioccolata con quello del limone.
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Alfio Triolo
Club Plein Air BdS
Salvata dal web
www.colapisci.it
(2006)
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