C'è, lontana da qui, stesa sul mare,
una vaga città; triplice monte
dietro sì presso chiude l'orizzonte,
che par quella il gradino, esso l'altare.
Ma se volgi all'Ionio la fronte
vasto il tempio vedrai tu largheggiare,
dalla cima del Calabro Aspromonte
fino al siciliano Antennammare.
Come due candelabri ardon la notte
due fari; e l'uno verso Sedia mira,
l'altro dove Cariddi ulula e inghiotte.
E, per quanto lo sguardo intorno
gira vede pellegrinar le varie flotte
che il sacro lido a la sua pace attira.
Il
Quivi le remotissime leggende
e le storie recenti, il pescatore
mesce: Rogger qui coi Normanni scende;
qui di Lepanto salpa il vincitore;
quivi alla figlia d'un imperatore
l'anel pescato Colapesce rende;
ora nel fondo, ora dell'acqua a fiore
quivi il miraggio di Morgana splende.
A queste fonti armoniose anch'io
bevvi fanciullo, e ancor vibra il desio,
nel mio pensier, di tanto immaginare;
odo ancor, mentre qui seggo e lavoro,
l'eco di note cantilene, o ignoro
se sien racconti o murmure del mare.
III
Ma chi, chi mi richiama al natio lido,
chi questo mano ispira e i versi detta?
La vecchierella madre mia che aspetta
forse accenna da lungi... io le sorrido...
Verrò, mamma, verrò; già già recido
il viluppo che tien l'anima stretta;
non invano al figliuolo, o benedetta,
apparecchiato avrai da tempo il nido.
Ma quando alfin ci rivedremo, quando
il piroscafo ìn porto giungerà
e sul balcone tu starai spiando,
ah chi sa come ti dorrai, chi sa
come mi guarderai tu lacrimando,
e più che gioja sentirai pietà!...
U.
Fieres Folchetto
Anno IV Num 201 – pag.69
22 luglio 1894