Erano stati guerrieri con gli Dei,
da dieci anni amici miei, marinai
che io seguivo nei versi d'Omero
sopra il mare Peloro come vino,
dove una voce di seno si buscava
i favori del vento e la giornata,
la vita dei miei compagni e la mia.
La voce, la sua voce che ci chiama
nelle notti di luna sullo Stretto,
quando piangere s'odono i delfini
sul nostro petto smorzandosi infine,
era di quella ovatrice in sospiri
che occhieggia molle flautando in mare,
lei madremaga che migra per casa
e ha un ventre dorato, una Pleiade.
Forse donna è fede in una casa
col suo profilo in tessendo e stessendo,
perpetuità una sirena forse,
una Fata Morgana in quella casa,
di stanza in stanza ricordata a mare
che al vano della finestra ricama
intorno al suo desiderio, al suo sguardo:
quell'uomo, il padre dei suoi figli, mentre
commosso guarda il fumo sopra il tetto.
A questo punto del viaggio, in Sicilia,
non siamo mai partiti, siamo attorno
s un fuoco d'inverno, in un familiare
odore di mele e fichidindia
ascoltiamo la vita crepitare
come gemma nell'occhio della madre.
Viviamo in isola come in Eliso,
con un gallo che ci porta la luce
nel becco come preda di delizie.
Insieme palpitiamo in un paese
che ciascuno riconosce come suo,
per un albero, il disegno d'un cuore,
un antico pensiero nel paesaggio,
panorama a ricordo dal balcone.
Sotto quel sole noi siamo spigati
che ora è la nostra armatura e spada,
in quella voce del nostro dialetto
che è miele sulle nostre ferite
e altro miele spalmato sulle zanne.
Dopo dieci anni, al mezzo dello Stretto,
ci gridiamo addosso la nostalgia
di quel profilo che tesse in Eliso,
del cane sulla soglia che ci aspetta
ormai per morire ai nostri piedi
in un breve rantolo di fedeltà.
Siamo a questo punto dove si muore
d'improvvisa dolcezza domestica,
se la spoglia d'un grido sullo Stretto
si leva a voce di sirena e chiama
nella sera il nostro nome all'incanto,
donna da quella ringhiera di odori,
gelsomino o basilico, in Sicilia.
Qui, dove m'assomiglio, in patria,
sui prati, ora in cenere, d'Omero,
io da una guerra reduce, e da quante
un gran figlio mi ricorda mia madre,
perduto con lo scudo o sullo scudo,
desidero tornare spalla a spalla
coi miei amici marinai che vanno
sempre più dentro nei versi, nel mare.