Non solo Palermo e Catania,
dove mettete la Sícilia babba? 

La disputa camurriusa nella storia. 
Si chiama Trinacria e non Binacria
.......

Messina - Giovanni d'Austria Fin dai tempi antichi, ci spiegano gli storici, l'isola era divisa tra un Oriente greco e un Occidente cartaginese. 
Ma, se ci pensate bene, la divisione è difettosa. 
Qual è, per esempio, il sinonimo aulico di "Sicilia": Binacria, o Trinacria

Quali sono le squadre siciliane che sono state in serie A: solo Palermo e Catania, o non anche il Messina? 
Quali sono i quotidiani storici siciliani: c'è solo il Giornale di Sicilia di Palermo e la Sicilia di Catania, o non esiste per caso anche la Gazzetta del Sud di Messina?
Quante sono le versioni canoniche delle sarde a beccafico: solo alla palermitana e alla catanese, o forse anche alla messinese? 
E quante sono le colonne subacquee che, nella leggenda di Cola Pesce, il mitico uomo anfibio mandato dal re scopre a sorreggere l'isola? 

"Maestà, li terri vostri
stanno supr'a tre pilastri"

E' vero:

"Ma lu fatu è assai tremennu
una già si sta rumpennu" 

Cola Pesce dovrà rimanere là sotto per l'eternità, a sorreggere con la sua sola forza il lato fragile di Messina.
Ed è quando si stanca e cambia posizione che, assicura la leggenda, sullo Stretto impazza il terremoto.

Dina - Campanile del Duomo di Messina

Negare l'esistenza di altre realtà isolane
Ferocemente litiganti sul primato isolano, palermitani e catanesi.
Ma, appunto per questo, pienamente concordi nel negare l'esistenza nella regione di altre realtà degne di essere prese in considerazione. 
E più che mai quel terzo incomodo che, secondo loro, non è un lato traballante" solo dal punto di vista geologico. "Siciliani perché passavano là per caso", è una delle etichette più gentili che circolano sui messinesi. Mentre la più corrente è quella di "babbi". Che in Sicilia non indica come nella Toscana di Pinocchio una situazione di paternità, bensì quell'esatto livello di prontezza intellettuale che rende altrove noti Cuneo in Piemonte, Sondrio in Lombardia, i belmontesi nel Lazio, i "boeri" nel mondo anglosassone, i polacchi negli Stati Uniti, i venezuelani in America Meridionale, i salvadoregni in America Centrale, i quebecchesi in Canada, i beoti nell'antica Grecia, i belgi nel mondo francofono, e via sfottendo.
In qualche caso, come per Cuneo e Sondrio, si tratta di zone rurali lontane dal mare dove effettivamente in passato la mancanza di iodio nella dieta provocava medie di cretinismo superiore alla media. 
In altri casi c'è l'eco di drammi antichi. Ma Tebe e la Beozia, erano calunniati da ateniesi e spartani proprio perché erano il terzo incomodo nella loro disputa per la supremazia in Grecia. E infatti sarebbe stata proprio la "città dalle Sette Porte" l'ultima potenza egemone dell'Ellade, prima della conquista macedone.
 
E lo stesso, in fondo, accade per le calunnie sulla "
Sicilia babba", verso quella che è stata storicamente la porta sulla Penisola. E' vero: la Gazzetta del Sud, a parte Messina, si legge soprattutto in Calabria. E il Messina in serie A c'è stato solo nel 1964 e 1965. Ma fu Messina che, inserendosi nella lotta tra Ovest cartaginese e Est greco, chiamò nell'isola i romani, che furono i vincitori.
Fu a Palermo che scoppiarono i Vespri Siciliani, ma fu Messina che dovette poi sostenere lo spietato assedio degli Angioini.

"Le donne di Messina portavano pietre e calcina"
, ricorda una cronaca dell'epoca, sulla partecipazione totalitaria della popolazione alla difesa, sugli spalti. Stesso scenario ai tempi dei Borboni, quando era Palermo che insorgeva, ma era Messina a prendersi le rappresaglie peggiori in termini di cannonate del Re Bomba. 
Catania, va detto, in quell'epoca dava all'umanità un certo numero di geni musicali e letterari, però non si ha notizia di un suo ruolo di punta nell'agitata politica del tempo. Né da una parte, né dall'altra. 
Di Palermo si può ricordare che, dopo essersi sollevata a favore di Garibaldi, fu nel 1866 la città protagonista della maggior insurrezione contro i Savoia prima della Settimana Rossa di Ancona. Altro che brigantaggio: la città dovette essere bombardata dal mare, e poi presa d'assalto dai bersaglieri. Un episodio che l'oleografia risorgimentale ha tentato di cancellare, e che la successiva oleografia neoborbonica cerca di far passare per un rigurgito di fedeltà a Franceschiello, mentre in realtà nel comitato insurrezionale erano maggioritari mazziniani e autonomisti. 
D'altra parte anche Messina, protagonista dei moti liberali, sarebbe stata in seguito, nella sua cittadella, uno dei tre ultimi ridotti borbonici a resistere ancora al momento dei plebisciti sull'annessione. Assieme a Gaeta e a Civitella del Tronto.
E se Palermo fu fin dal tempo cartaginese il principale centro dell'Ovest, la capitale storica dell'est non era Catania, ma Siracusa. Catania ci provò a emergere, al tempo della guerra del Peloponneso, alleandosi agli ateniesi, contro la granitica fedeltà spartana della rivale. Ma si sa come andò a finire quella guerra... Le successive vittorie elleniche contro i cartaginesi consegnarono la supremazia di Siracusa anche su Palermo, oltre che su Catania.

Clarenza - Campanile del Duomo di Messina

Gastronomia docet
Era siracusano quel cuoco Trimalcione così famoso nell'antichità, da divenire sinonimo di abbuffamenti e trovarsi in tal senso il suo nome riciclato nel Satyricon di Petronio.
Era pure siracusano Miteco, il cui "Cuoco siciliano" fu il primo libro di cucina della storia. E a proposito di cucina, c'è tanta roba a Palermo e a Catania, però il pescestocco è alla "messinese", così come a Messina è il primato nella preparazione del pesce spada.
La pasta fritta è "alla siracusana", come gli sgombri. Il cuscus è di Trapani, provincia anche regina del tonno e della bottarga.
E fu da Agrigento che nel 1770 l'inglese Patrick Brydone spedì ammirato ai propri compatrioti un celebre reportage sull'opulenza del banchetto offerto dalla locale nobiltà al proprio vescovo. Ma nel complesso, mangiare nelle altre province è forse più salutare, per la dieta, non solo rispetto ai pesanti dolci palermitani, ma anche al confronto di una cosetta catanese che si chiama salsa di San Bernardo: uno squisito ma micidiale impasto cementizio a base di cioccolata amara, mandorle e zucchero i cui inventori, i celebri monaci strafogoni dell'omonimo convento, crearono per condire l'insalata.

Il Leone - Campanile del Duomo di Messina

L'Emiro di Agrigento
A Siracusa il governo dell'isola rimase fino all'invasione araba. Durante la quale Palermo ridivenne capitale semplicemente perché fu la prima grande città ad arrendersi. Il periodo arabo è pure un esempio di geografia alternativa nelle rivalità isolane: non più l'Ovest contro l'Est, ma il Nord contro il Sud. Fu l'Emiro di Agrigento, insorto contro il potere centrale, ad arruolare infatti un po' di mercenari normanni, che da strumenti sarebbero diventati presto protagonisti, tenendosi la preda per loro. 
Quanto a Messina, se non ha avuto musicisti e scrittori dello stesso rilievo delle rivali, però non bisognerebbe dimenticare i due Antonello che dalla città presero il nome. Il primo Antonello da Messina, il più famoso, pittore. Il secondo Antonello da Messina, noto solo agli specialisti di storia militare ma in prospettiva anche più importante, visto che fu il marinaio della flotta veneziana che, antesignano dei Mas e dei barchini delle due guerre mondiali, andò a incendiare la flotta ottomana sul Bosforo con un'arditissima azione di commando, salvando praticamente l'intera Europa dall'invasione. 
E poi, caduto prigioniero, si fece segare in due dai turchi senza un lamento. E oltre a quell'Antonello, forse l'Europa deve qualcosa anche a un altro messinese di nome Gaetano Martino. 
Non solo padre di Antonio Martino, ma anche della Comunità europea, come ministro degli Esteri italiano che riuscì a far superare l'impasse del fallimento della Comunità europea di Difesa convocando, appunto, la Conferenza di Messina del 1955. Vero punto di partenza del Trattati di Roma del 1957 e di tutti i successivi accordi di integrazione, fino a Maastricht e all'euro'...

Madonna della Lettera e Apostoli - Campanile del Duomo di Messina

Se potessi pisciare come Orlando piange
Ma, appunto, palermitani e catanesi queste pretese di protagonismo alla "Sicilia babba" non le hanno mai perdonate. E cancellano ogni riferimento al terzo incomodo, in attesa dell'occasione propizia per procedere forse a una cancellazione più letterale. Ci provarono all'epoca del micidiale, terremoto del 1908, quando ministro dell'Interno era il palermitano Vittorio Emanuele Orlando. 
Un bravissimo giurista, oltre che il presidente del Consiglio della resistenza sul Piave e di Vittorio Veneto. Anche se a Palermo a volte, sembrano dimenticare che la loro massima gloria intellettuale, in questo campo, sarebbe piuttosto quella di Gaetano Mosca, il padre della politologia moderna. Di fronte al disastro, però, Orlando si sciolse in lagrime, secondo una sua inveterata abitudine. 
Avrebbe fatto lo stesso anni dopo, alla Conferenza di Pace di Parigi, perché gli Alleati non gli volevano dare Fiume. E Clemenceau, che soffriva di prostata, avrebbe commentato invidioso:
"Ah! Se potessi pisciare come lui piange!". 
Tra un singulto e l'altro, nel 1908, propose però di mettere una pietra definitiva su quello strazio e di "evitare epidemie" con un bel bombardamento della flotta sulle macerie. Per non lasciare pietra su pietra, e far restare di Messina solo "il capolinea del treno".
 
Una combinazione tra facilità alla commozione e radicalità delle soluzioni proposte, e per fortuna mai attuate, che ricorda vagamente il suo concittadino e omonimo Leoluca. 
I catanesi, anche se non c'era ancora Bianco né sindaco né ministro, agirono a loro volta in stile mellifluo: accogliendo fraternamente i profughi, e chiedendo poi loro perché non coglievano l'occasione per trasferirsi in massa a Catania, levando le tende da un posto "geologicamente impossibile".

da un  articolo di giornale

Campanile del Duomo di Messina

     

www.colapisci.it