Cola PesceColapisci: l'uomo che diventa pesce per necessità o per sceltaI ricordi di Colapesce: cento e più cuori


36 ore d'Amore

 

 

Prima che fosse mattina
mi destò una pioggia improvvisa,
fresca, forte
che spazzò via dalle strade
ogni residuo di calura.
 
Il chiacchiericcio festoso degli uccelli
è una costante di cui non vorrei privarmi,
nemmeno in queste ore
dove il Silenzio è Sovrano.
 
Tutto il resto è circoscritto da me
In un limbo di non amore,
mi sono decisa ad uscire dall’apnea,
ora sento la musica dei miei polmoni
che respirano
l’ossigeno inebriante dei ciclamini.
Sto curando una carriola arrugginita
interrandovi piccoli fiori rosa fuxia.
“fiori di vetro”, li chiamava mia madre,
che aveva il pollice verde
come le ninfe dei boschi.
Laboriosi insetti ne spostano il nettare
di fiore in fiore
per produrre nuove policromie
a quattro petali.
Mentre tutti, fiori e insetti,
si apprestano al commiato con la Luce
per il riposo notturno
le belle di notte si accingono a schiudersi
in mille promesse d’amore.
 
Come pegaso alato il mio passo
era leggero e veloce
quando arrivava l’ora del nostro incontro.
Ma questa sera il mio amore era imbronciato
grosse rughe gli solcavano la fronte
mentre il sole giocava a nascondino
con nuvole in gramaglie.
Le barche, messe a dormire nell’emiciclo del porto,
si urtavano tra loro, come ragazze in vena di dispetti.
 
Questa sera non erano dolci le tue carezze amor mio,
erano urticanti come le parole di un amante geloso.
Avevi visto anche tu il mio vecchio amore, Jonathan,
planare ripetutamente
sopra il mio cuore.
Nonostante tutto,
hai ricoperto ogni centimetro della mia pelle
con la tua umida presenza;
brividi di carezze, spalmate senza avarizia
con le tue lunghissime mani.
Io, denutrita d’amore,
mi lasciavo sfamare
senza opporre resistenza.

 

Una enorme cordigliera di nuvole bianche stamani sormonta la marina, ieri sera invece, erano vedove nere, imbronciate, vestite a lutto, lacrimose.

Il nostro piccolo porto non è mai solo; dalla mattina all’alba, fino alla sera;
al tramonto, è frequentato da uomini scolpiti dal sole che hanno dimestichezza con il mare, più che con le stanze delle loro case.
Conoscono il mare palmo a palmo gettando le reti per pescare, perché i frutti del mare sono il loro companatico.

Questa sera il mare era alto; il piccolo sgabello di scoglio, dove amo sedermi, era stato requisito dalla marea.

C’è una luce strana; in ordine sparso, pescatori improvvisati gettano l’amo stancamente, sperando di portarsi a casa un pesce d’oro, come souvenir.
Io passeggio impaziente, a piedi nudi, su e giù, su e giù pur temendo d’inciampare.
 

Anche oggi ho portato la colazione ai miei amici argentati;
ma essi avevano già pasteggiato abbondantemente,
con una carcassa di pesce lasciata lì,
apposta, dai pescatori.

Il primo giorno di agosto con te.

Mi devo ancora convincere di questo prodigio inaspettato;
temo di svegliarmi all’improvviso
e ritrovarmi nella mia lussuosa clausura
e sentirmi nuovamente sopraffatta dal peso di quelle pareti.

 

Anna Marinelli

 


   

 

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