Cola PesceColapisci: l'uomo che diventa pesce per necessità o per sceltaI ricordi di Colapesce: Fatti di cuore


Il bue marino

Il buon Olo, un giovanottone tutto muscoli, con un cuore quasi infantile, abitava a Trapani. Non posso dirvi quanti secoli fa. Passava la sua vita sugli scogli, a pescare. Non aveva ambizioni, né desideri, né impazienze. Molto coraggio, una fede illimitata negli Dei e negli uomini. Era generoso e indulgente con tutti. Saggio e umile, un poco poeta. S’innamorò di una fanciulla bruna e superba, Ista. Si confidò col mare, si confidò con le nubi, si confidò con le stelle.
E le stelle, le nubi, il mare consigliarono:

- Parla alla ragazza che ti ha ispirato il divino sentimento.

Perché il suo amore non restasse un sogno, un sogno inutile e malinconico, Olo parlò a lsta. Parlò con grande commozione; e, poiché era notte, una dolcissima notte di luna, parlò anche con poesia.
- Andrò a prendere, per te, in fondo agli abissi, tutti i tesori marini, o adorata. Trasformerò in dovizia questa mia povertà. E avrai un monile che sembrerà fatto d’astri, e poserò sui tuoi capelli d’ombra una gemma più fulgida della stella mattutina. Distenderò sotto i tuoi piccoli piedi irrequieti un tappeto d’alghe e t’offrirò, per cibo, il miele che ha sapore di citiso e di corbezzola.

Rise Ista, delle parole fervide. Non aveva cuore, lei. Una piccola donna era, dall’animula costretta in una vana bellezza insolente. Rise, inconscia forse del male che faceva cosi. Poi scappò, come un capriolo, di scoglio in scoglio, dileguò nell’ombra, portandosi via la luce di un cuore.
Olo passò la notte ad ascoltare la voce delle onde. Dicevano le onde:
- Mai, mai, mai; no, no, no, no...

Tristezza, tristezza! La luna camminava in cielo, dorata, pigra, indifferente. Contenta dei suoi veli rosei, contenta della sua libertà.
Venne l’alba, e il mare e il cielo schiarirono. Ma il cuore di Olo restò notturno. Colpa delle onde, forse, che ripetevano con crudele petulanza:
- Mai, mai, mai...

Ora si vedevano i pesci, nell’acqua. Sfrecciavano svelti e lieti verso le belle quotidiane avventure.
Che importava se in fondo a tanta gioia c’era la morte?
Olo pensò che non avrebbe più potuto vivere sulla terra con quel suo povero cuore senza speranza. La testa gli girava. Si sentiva male. Cadde nel mare.
Non annegò. Fu trasformato, dagli Dei, in bestia singolare: muso di vitello, ma senza corna, mani identiche a quelle dell’uomo, collo lungo e coda corta.
Visse, vivrà nei secoli, Olo: così dicono i marinai, i pescatori, tutti coloro che lo conoscono e lo amano. Dorme in terra; sugli scogli dove la luna distende velari d’argento, in fondo alle grotte misteriose o sulla rena delle spiagge solitarie. Ha perduto la parola, ma il suo cuore è sensibile e gentile come negli antichissimi tempi della sua esistenza umana. Qualche volta la fame lo spinge verso le reti giù, colme di argenteo bottino, ma i pescatori, quando si accorgono della sua vicinanza, lo implorano:
- Olo, non rubarci il pesce. Abbiamo la famiglia che aspetta la cena. Siamo poverelli.

Il buon bestione, che viene chiamato bue marino, si allontana subito, commosso dalla preghiera degli uomini.
Si racconta di eccezionali salvataggi nei quali il generoso Olo prestò il suo efficacissimo aiuto.
Volete sapere se l’antico innamorato pensi, qualche volta, alla bellissima, sdegnosa Ista?
Se m’imbatterò qualche volta nel bue marino commetterò l’indiscrezione di chiederglielo.

 

   

 

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