Cola PesceColapisci: l'uomo che diventa pesce per necessità o per sceltaI Ricordi di Cola: Fatti di Luna, miti e leggende della luna


Il mare e le stelle

Giovanna, Cettina, Maria, Stefano

La terra era arida, triste.
Non l’abitava che il gigante Korka. Questi, una notte, stropicciando tra loro due sassi di silice, fece scoppiettare il fuoco. Gli parve che il mondo, col calore, fosse diverso, più bello, più lieto. Pensò di ricoprire la terra con un torrido involucro di fiamma e accese perciò un rogo immenso.
Korka si spaventò subito dell’incendio che aveva suscitato e cercò, correndo come un folle, di salvarsi dalle infinite, rosse, avide bocche avvampanti.

Jecha, dall’alto, vide l’incendio terribile ed ebbe timore che le fiamme distruggessero la terra che egli aveva creato. Chiamò Lel-Polel, Dio della pioggia, e gli ordinò di versare, sul gran rogo, le sue cateratte. L’acqua violentissima scatenò un turbine di scintille. Le scintille si levarono, si sparsero nel cielo, vi rimasero accese, luminose. Il fuoco, a poco a poco, si spense.
Restarono, in alto, le scintille, luminosi punti d’oro. L’acqua continuò a precipitare per giorni, per mesi, per anni. Riempiva baratri e valli, sommergeva pianure, saliva il declivio dei colli.

E Korka si sottraeva con fatica al suo assalto, all’assalto delle onde.
Come aveva fatto per difendersi dal fuoco, correva anche adesso follemente, disperatamente, quà e là. Le lagrime rotolavano come grosse palle dal suo volto di gigante, scivolavano fino all’acqua.
Erano lagrime salate, e anche l’acqua diventò salata. Il diluvio infine cessò. Sulla terra ormai esisteva il mare, e sopra la terra, di notte, si potevano vedere, a ricordo del terribile rogo, le scintille dorate, le stelle luminose.
Korka allora, esausto, andò a coricarsi sul terreno umidiccio di un’immensa caverna.
Il suo sonno dura da secoli.

 

Foto Alberto Biondi - Stretto di Messina

   

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