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La madre dei cieli aveva due figlie capricciose e turbolente che mettevano
lo scompiglio nel gran palazzo di nuvole. I rimproveri, le minacce, le promesse di bei
premi erano inutili. Le ragazze ne pensavano una, ne facevano dieci. - Andatevene per la città aerea disse e comportatevi da personcine bene educate.
Il vento delle altitudini guidava la piccola barca di astro in astro. Le
ragazze facevano il solletico alle stelle e le obbligavano a torcersi, a roteare, a
ridere, ridere, ridere. - Sono le due ragazze, ah, ah! Le due ragazze ci fanno il solletico: ih, ih. La barca dargento che le porta è passata adesso. Guardala dunque: uh, uh, uh! - Basta strepitò il vecchio. – Basta, basta. E si recò
brontolando al palazzo delle nuvole, chiamò la madre dei cieli.
La madre dei cieli, mortificatissima per il rimprovero, andò a piangere
dallorafo Osmar, colui che aveva fatto la barca dargento.
- Chiudile nel battello che le porta. - Un buon consiglio. Ma come si fa? - Ci penso io. Osmar rincorse la
fulgida barca, la raggiunse e, sordo ai piagnistei delle ragazze, vi fece una specie di
coperchio. La barca, cosi, apparve come un globo luminoso.
Ma erano ormai prigioniere, prigioniere nella luna. Il firmamento ritornò
tranquillo, e la madre dei cieli poté dedicarsi, senza affanni, alla sua gran famiglia.
Qualche volta pensava alle monellucce prigioniere.
Ritornò da Osmar. - Ma certo che posso.
Lorafo accontentò subito la madre dei cieli.
E la piccola barca
apparve ancora snella e agile. La madre dei cieli
conosceva troppo bene le figlie per illudersi che tanta serietà potesse durare eterna.
Osmar aveva cuore
dolce, mise una sola, parte di coperchio. Le birichine furono contente, si ringalluzzirono
e ricominciarono a far chiasso. E lorafo ebbe lincarico di mettere anche la seconda parte del coperchio.
Così riapparve il globo lucente della luna piena.
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