Cola PesceColapisci: l'uomo che diventa pesce per necessità o per scelta

Vicente Aleixandre

Senza luce

Il pesce spada,
la cui stanchezza si attribuisce soprattutto all'impossibilità di forare l'ombra,
di sentire nella carne il freddo del fondo dei mari dove la nerezza non ama,
dove non sono le fresche alghe gialle
che il sole dora nelle prime acque.

La tristezza gemente dell'immobile pesce spada il cui occhio non gira,
la cui pupilla soffre di quella fissità,
la cui lacrima scivola entro le stesse acque
senza che vi si noti quel giallore tristissimo.

Il fondo di quel mare dove l'immoto pesce respira con le sue branchie fango,
quell'acqua come aria,
quel pulviscolo fine
che mulina fingendo la fantasia di un sogno,
che si placa monotono coprendo il letto quieto
su cui altissimo gravita il monte, le cui creste sconvolte
sono pennacchio - si - di un sogno oscuro.

In alto le spume, chiome sparse,
ignorano i profondi piè di fango,
l'impossibilità di strapparsi all'abisso,
di levarsi - ali verdi - sopra l'arido abisso
e fuggire leggeri senza tema dei raggi.

La bianche chiome, la giovane letizia,
lottano fervide, popolate dai pesci
- dalla crescente vita che comincia -,
per alzare la voce all'aria nuova,
dove un sole fulgente
rende argento l'amore, oro gli abbracci,
le pelli che si uniscono,
congiungersi dei petti come forze che hanno pace fondendosi.

Palpita laggiù il fondo, pesce rimasto solo.
Non serve che una fronte giubilante
s'incastri nell'azzurro come il sole che s'offre,
come amore che visita umane creature.

No, non serve che un mare immenso intero
senta i pesci tra le spume come fossero uccelli.

Il calore che ruba il quieto fondo opaco,
la base inalterabile della millenaria colonna
che opprime un'ala d'usignolo annegato,
un becco che cantava l'evasione amorosa,
gioioso tra le piume temprate a un sole nuovo.

Profondità oscura da cui è assente il pianto,
dove un occhio non gira nell'arida sua grotta,
pesce spada imponente a penetrare l'ombra,
dove placato il fango non finge un sogno spento.

 

Vicente Aleixandre
La distruzione o l'amore
1935


Sin luz

Foto Alberto Biondi - Faro

El pez espada, cuyo cancancio se atribuye ante todo
a la imposibilidad de horadar a la sombra,
de sentir en su carne la frialdad del fondo de los mares donde el negror no ama,
donde faltan aquellas frescas algas amarillas
que el sol dora en las primeras aguas.
La tristeza gemebunda de ese inmóvil pez espada cuyo ojo no gira,
cuya fijeza quieta lastima su pupila,
cuya lágrima resbala entre las aguas mismas
sin que en ellas se note su amarillo tristísimo.
El fondo de ese mar donde el inmovíl pez respira con sus branquias un barro,
ese agua como un aire,
ese polvillo fino
que se alborota mintiendo la fantasía de un sueño,
que se aplaca monótono cubriendo el lecho quieto
donde gravita el monte altísimo, cuyas crestas se agitan
como un penacho - sí - de un sueño oscuro.
Arriba las espumas, cabelleras difusas,
ignoran los profundos pies de fango,
esa impossibilidad de desarraigarse del abismo,
de lazarse con unas alas verdes sobre lo seco abisal
y escaparse ligero sin miedo al sol ardiente.
Las balancas caballeras, las juveniles dichas,
pugnan hirvientes, pobladas por los peces
- por la creciente vida que ahora empieza -,
por elevar su voz al aire joven,
donde un sol fulgurante
hace plata el amor y oro los brazos,
las pieles conjugadas,
ese unirse los pechos como las fortalezas que se aplacan fundiéndose.
Pero el fondo palpita como un solo pez abandonado.
De nada sirve que una frente gozosa
se incruste en el azul como un sol que se da,
como amor que visita a humanas criaturas.
De nada sirve que un mar inmenso entero
sienta sus peces entre espumas como si fueran pájaros.
El calor que la roba el quieto fondo opaco,
la base inconmovible de una milenaria columna
que aplasta un ala de ruiseñor ahogado,
un pico que cantaba la evasión del amor,
gozoso entre unas plumas templadas a un sol nuevo.
Ese profundo oscuro donde no existe el llanto,
donde un ojo no gira en su cuévano seco,
pez espada que no puede horadar a la sombra,
donde aplacado el limo no imita un sueño agotado.

 

Vicente Aleixandre
La distrucción o el amor
1935

Capo Scaletta - 2003 - Alberto Biondi

   

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