La tempesta
Sdegnosi i venti d’ogni riposo
van turbinando di Scilla il mar;
e sopra un mare sì procelloso
solo un naviglio errante appar.
Tinto in vermiglio é il cielo intorno
Né ancor fra i nembi si affaccia il giorno;
solo la fiamma del vigil Faro
dà un lume all’onde pallido e raro.
Chiuso in profondo nugolo nero
Dei nembi il demone sull’onde é già:
di quel naviglio chi avrà l’impero,
chi più quei remi mai reggerà?
Spira d’intorno gelata brezza
Il fulmin solo sul mar si spezza,
nell’onde mute d’ogni splendore
rompe in scintille, balena e muore.
E tuoni a tuoni, e lampi a lampi,
metton di morte ribrezzo al cor:
imporporati del cielo i campi
son di sanguigno fiero splendor.
Ahi del naviglio rotte ha le vele
L’empia procella che imperversò;
ahi lo sommerge l’onda crudele,
preda di morte ognun restò
Felice Bisazza
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