Alfeo e
Aretusa
(....)
A contatto con l'acqua, sentì per la pelle un fremito strano, dei brividi
freschi che come carezze le davano ai sensi ristoro e sollievo. E mentre sguazzava felice
ed ignara, le parve sentire una voce assai lieve salire dal fondo del lago e parlarle:
- Perché ti agiti
così, o Aretusa? Perché ti contorci nell'acque affidate ad Alfeo? Sei bella, Aretusa, e
il tuo corpo è morbido e flessuoso!...
Alfeo era un giovane
pastore del luogo al quale gli dei avevano affidato la cura e la custodia di quella
sorgente.
Aretusa, sentendo la voce, uscì spaventata dall'acqua e il suo primo pensiero
fu quello di andare a raggiungere i propri vestiti. Ma Alfeo, come sparviero che insegue
sparuta colomba, si mise a inseguirla, cercando di prenderla.
La pudica fanciulla,
smarrita e tremante, fuggiva veloce e i suoi piccoli piedi, urtando i ciottoli e i pruni
spinosi, finirono per straziarsi e sanguinare. Tuttavia correva come il vento soffrendo e
sperando di riuscire a sfuggire a quel falco implacabile che in certi momenti pareva che
stesse per allungare le mani e afferrarla. Senza fermarsi Aretusa percorse quel bosco ma
Alfeo, più forte di lei, man mano accorciava le distanze, pronto a ghermirla.
I due corsero così per
tutto il giorno, fino a notte inoltrata. Quando apparve la luna, Aretusa, stanca ed
affranta, si volse ad Artemide che già pensierosa guardava dal cielo.
- O dea splendente, che
spesso mi desti le frecce con l'arco e il turcasso perché li serbassi, non mi
abbandonare! Salvami da questo rapace sparviero che sta per raggiungermi...
Artemide, dall'alto del
cielo, assentì. E aderendo a quella preghiera le mandò in soccorso una nuvola densa che
in sé l'accolse e la nascose.
Alfeo, che la vide sparire all'istante, cominciò ad
invocarla:
- Aretusa, Aretusa! Mio
amore diletto, dove ti celi? Perché mi respingi? Non vedi con quanta passione t'invoca il
mio cuore?
(...)
La ninfa, temendo
d'essere presa, non osava fiatare. Dalla sua fronte colavano stille di abbondante sudore.
Ma non per il caldo o la corsa, bensì per il timore di essere presa.
Alfeo le
girava d'attorno tastando ogni cosa, ma senza trovarla, e scrutava dietro ad ogni pianta
come fa il lupo quando cerca la preda, o come fa un cane che punta la lepre.
Aretusa, con
il cuore in tumulto, cercava di acquattarsi alla meglio e intanto continuava a
disciogliersi in copioso sudore che ora abbondante le usciva dal corpo.
(...)
Ai suoi piedi si era
ormai formata una pozza crescente di acqua sorgiva e lei continuava a disciogliersi in
essa come neve che luccica al sole, mutando la forma e il sembiante in limpida fonte.
Artemide commossa le aprì la terra e Aretusa, per sfuggire ad Alfeo, in quella fessura
s'immerse e scomparve. Viaggiando per buie caverne sommerse dal mare, dall'Elide venne in
Ortigia, la bella isoletta che sta in Siracusa. E in essa, come fonte, tornò a vedere la
luce del sole.
Alfeo, intanto,
disperato per quella improvvisa scomparsa, reso furente d'amore, s'aggirava piangendo nei
pressi, sempre invocando l'amata Aretusa. Dai suoi occhi scendevano lacrime amare e il suo
giovane cuore quasi moriva di disperazione. E gli dei s'impietosirono anche di lui.
- Vuoi tu, o Alfeo,
congiungerti alla ninfa Aretusa?
- gli domandarono premurosi.
- Sì
- rispose il pastore
-
Lo voglio!
- Vuoi tu diventare
com'essa una limpida essenza di acqua fuggente?
- Sì!
- rispose ancora il pastore
- Lo voglio, lo voglio!...
E allora i figli del cielo lo cambiarono in fiume perché potesse andare a mischiare le sue acque con quelle
della ninfa Aretusa, fonte sorgente in Ortigia di Siracusa.
Fu il compimento di un amore che in terra non era stato possibile fare sbocciare.
E Alfeo divenne un gran fiume. Sprofondando sotto
terra, egli incanalò le sue acque sotto il fondo del mare, e dopo lungo vagare venne a
sgorgare nel Porto Grande di Siracusa, nei pressi della fonte Aretusa, formando con lei
una limpida fonte d'acqua sorgiva che i locali ora chiamano
"l'occhio della
Zillica".
Ma, in verità, questo fonte altro non è che l'ardente Alfeo,
tramutatosi in fiume per amore di Aretusa.
(...)
Leggi per
intero in
Miti e leggende di Sicilia
Salvino Greco
Dario Flaccovio
Editore
www.colapisci.it
|