"Fu Omero che per primo raccontò il mito
di Cariddi. Egli dopo aver spiegato che Cariddi si trova posta
di fronte a Scilla "l'una vicina all'altra: che
distano un tiro di
freccia",
ricorda che essa
"inghiotte dal mare l'onde nere. Tre volte al
giorno fuori le gitta, tre poi le ringoia terribilmente......
E più oltre
aggiunge:
Quando vomìale, come caldaia sovresso un gran fuoco,
tutta
con gran turbinìo gorgogliava; e su alta la schiuma
sino all'eccelsa vetta di
entrambe le rupi scagliava;
ma quando l'acque poi salmastre di nuovo
inghiottiva
tutta al di dentro appariva sconvolta, e la roccia d'intorno
levava orrendo mugghìo, la terra appariva nel fondo
bruna di sabbia.
Lo
stesso Virgilio cita: "A destra è Scilla, ingorda alla sinistra si apre Cariddi e
inghiotte a ria l'onde nel suo profondo gùrgite di abisso. Poi a vicenda
fuor le riavventa con gettí che flagellano le stelle."
Gli antichi scrittori, inoltre, presentavano Cariddi sotto un aspetto
sinistro e tremendo.
Sallustio avvertiva che
"il mare di Cariddi è pericoloso ai
naviganti,
Strabone ne ricordava
"l'orrenda profondità",
Pomponio
Mela lo definì
"Charybdis mare vorticosum"
e Apollonio Rodio, poeta
alessandrino del III sec. a.C., nelle Argonautiche, ammoniva:
"Tu non cacciarti
dentro gli sconosciuti gorghi di
Cariddí, affinché non ti risucchi tutto
intero".
Isidoro, nel sottolineare gli infidi agguati del mostro, scriveva che
"la
cosiddetta Cariddi, da ogni occulto gurgito le navi risucchia", e lo
stesso Ovidio, nelle Metamorfosí, confermava che "a sinistra infesta l'irrequieta
Cariddi. Questa ingoia e rigetta le navi afferrate"'.
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