Cola PesceColapisci: l'uomo che diventa pesce per necessità o per sceltaI ricordi di Cola: Fatti leggendari

Una splendida ricostruzione della leggenda di Orione

La leggenda di Orione
Artemide e la morte di Orione


Artemide - Mosaico tunisino del Museo del Bardo

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Artemide, al mattino partí e ogni mattina che seguí partí, giorno dopo giorno. Nell'irrequietudine trovò la pace.
Poi arrivò
Orione. Sconfinò nell'accampamento di Artemide, mettendo in fuga i suoi cani e sbraitando come un pessimo attore, l'occhio destro coperto da una benda e il braccio sinistro sorretto da una stecca. Lei si era allontanata per andare a prendere l'acqua.
Al ritorno vide quella furia d'uomo che si mangiava la sua capra, cruda. Quando ebbe finito, con un gran rutto e la bocca ancora imbrattata di grasso, le propose di fare una passeggiatina lungo la riva del mare. Artemide non voleva ma era spaventata. La fama di lui gli alitava intorno come un fiato cattivo.
La riva frastagliata, butterata di rocce e scura d'alghe, gli riportò alla mente le sue avventure e lui le  narrò con abbondanza di particolari mentre la marea si alzava e l'acqua arrivava fino alla vita di lei.
Era stato ovunque, aveva visto tutto. Era più veloce di una lepre, più forte di una coppia di tori.
-
Puzzi - gli disse Artemide, ma lui non sentí.
Poi le permise di uscire dall'acqua e di accendere un fuoco perché entrambi potessero scaldarsi. No, non voleva che parlasse, sapeva tutto di lei.
L'aveva cercata. Di lei parlavano tutti, lui era famoso. Che bel matrimonio.
Ma Artemide parlava. Parlava di quel territorio che amava e dei suoi mutamenti quotidiani. Era lí che voleva restare fino a che non si fosse sentita pronta a partire. Il viaggio di per sé non bastava. Parlava in fretta, le parole aggrappate le une alle altre; non lo aveva mai detto a nessuno prima d'allora. Mentre parlava, sapeva che era la verità e le diede la forza di vincere la paura, di alzarsi e dirgli addio. Si girò.
Orione la stuprò e cadde addormentato.

Nel corso degli anni ripensò a quel momento. Fu una questione di attimi e lei era conscia solo dei peli di quel ventre intriso di sabbia che le graffiavano la pelle. Quando ebbe finito, e già stava russando, lei se lo tolse di dosso. Il suo russare scuoteva la terra.
In seguito, nel futuro, quel momento sarebbe rimasto scolpito nella sua memoria, nitido e immutato. Non ci avrebbe pensato in altro modo, non l'avrebbe addolcito né indurito. L'avrebbe tenuto con sé e rigirato fra le mani. La sua vendetta era stata rapida, semplice e umiliante. Lo uccise con uno scorpione.

In una notte possono passare 200.000 anni, col tempo che si muove solo nella nostra mente. Il trascorrere costante e preciso delle stagioni - la terra beneamata e sempre mutevole - continua là fuori mentre dentro gli anni luce ci sospingono verso paesaggi che ruotano sotto cieli diversi.
Artemide, sdraiata accanto a Orione morto, vede il suo passato trasformato da un solo gesto. Il futuro è ancora intatto, ancora irredento, ma il passato non si può più redimere. Non è più quella che credeva di essere. Ogni azione e decisione l'hanno condotta sin qui. Quel momento l'attendeva al varco, come l'ultimo gradino delle scale attende il sonnambulo. E' caduta e ora si è svegliata. Mentre guarda il cielo, il cielo è immoto ed esaltante. Un mantello nero appuntato con spille d'argento che non hanno mai bisogno di essere lucidate. Qualcuno di sicuro vive lí, avvolto in quelle pieghe scintillanti. Qualcuno che ha capito che il viaggio da solo non basta mai e da tempo ha rinunciato alle astronavi per scegliersi una casa.

Sulla spiaggia le onde creano pozze di buio attorno ai piedi di Artemide. Ha tenuto il fuoco acceso per scaldarsi mentre sentiva Orione che a poco a poco si raffreddava. Ci vuole tempo prima che il corpo smetta di far da casa.  Il cerchio infuocato intorno a lei comprendeva tutti gli indizi di cui aveva bisogno per capire che la vita si cristallizza per un attimo in una forma, per poi liberarsi in un'altra. I monumenti e le città sarebbero svaniti come la gente che li aveva costruiti. Non c'era rifugio né palazzo che potesse sopravvivere agli anni luce che sarebbero seguiti. Non c'è storia che non sia destinata alla riscrittura e i giorni primevi erano già troppo lontani per essere visti. Che ne farà la storia di questa sera?
Questa è una sera limpida e luminosa con un vento freddo che tormenta le onde trasformandole in vette. La spuma disegna scie di lumaca in rozzi triangoli sulla spiaggia. L'odore di sale le irruvidisce l'aria nelle narici. Artemide pensa ai suoi cani. Le ricordano la casa perché lei si sente a casa. Le stelle le mostrano come rimanere appesi nello spazio senza supporto alcuno. Senza medaglie, certificati o territori che le appartengono, può ardere con la loro stessa lucentezza, viaggiando attraverso il tempo fino a che il tempo non si fermi e l'eternità non cambi di nuovo le cose.
Ha notato che il cambiamento non la ferisce.


La Fontana di Orione - Messina

E' quasi giorno, e dunque l'atto di cancellazione avrà presto inizio. Vuole giacere sveglia, a guardare la notte che sbiadisce, le stelle che sbiadiscono e la prima lastra azzurro grigia che copre il cielo. Vuole vedere il sole che sferza l'acqua. Ma non può sorvegliare tutto: ci sono cose che le sfuggiranno. Cosí non vede le lucertole che escono in cerca di cibo o gli occhi di Orione che durante la notte sono diventati vitrei. Un uccellino gli si posa sulla spalla, cercando di rubare una ciocca dei suoi famosi capelli.
Artemide aspettava che il sole fosse alto nel cielo prima di calpestare il fuoco. Aveva raccolto sassi e pietre per coprire il corpo di Orione e proteggerlo dalle aquile. Aveva costruito un alto tumulo che respingeva il vento rumoreggiante mentre frustava la spiaggia.

Era una giornata tempestosa, con nubi nere e una spessa fascia arancione che brillava all'orizzonte. Una volta finito il lavoro era fradicia d'acqua. Le sanguinavano le mani e i capelli le andavano continuamente in bocca. Era affamata ma non più arrabbiata.
La sabbia, solo ieri bionda, oggi era scura d'umidità. Fin dove il suo occhio poteva arrivare c'era acqua grigia orlata di bianco e stormi di uccelli che volteggiavano nell'aria. Grida di solitudine e lei si sentiva sola, non anelava a un amico ma a un tempo inviolato. Il mare era ipnotico. Né il vento né il freddo potevano smuoverla da dove si era seduta come chi aspetta. Ma lei non aspettava, ricordava. Cercava di scoprire che cosa l'avesse portata lí. Il terzo non è dato. Sapeva soltanto di essere arrivata ai confini del buon senso e di averli superati. Era in salvo, ora. Non c'è salvezza senza rischio e ciò che rischi rivela quello a cui dai valore.
Si alzò e nel quasi-buio s'incamminò. Senza guardarsi indietro, ma consapevole dei suoi piedi che si modellavano nella sabbia. Alla fine, sul promontorio, dopo una dura ascesa fino a dove i boschi orlano l'erta scogliera, scorse i profili del tumulo di Orione, appena visibile, e le sue orme che si allontanavano. Poi fu notte piena e non vide più nulla che le ricordasse la notte tranne le stelle.


Orione e il cane Sirio - Fontana di Orione - Messina

E Orione? Morto ma non dimenticato.
Per un po' gli toccò scontare la sua condanna nell'Ade, dove picchiava bestie deboli e piangeva tantissimo. Poi gli dei ebbero pietà di lui e lo attirarono a loro, collocandolo nei cieli cosí che tutti lo vedessero. Quando spunta all'alba, l'estate è vicina. Quando spunta di sera, guardatevi dall'inverno e dalle tempeste. Se lo vedete a mezzanotte, è ora di raccogliere l'uva. Ha con sé i suoi cani,
Canis Major, Canis Minor e Sirio, la stella più luminosa della nostra galassia. Ai suoi piedi, se osservate bene, potete vedere un piccolo gruppo di stelle: Lepus, la lepre, il suo cibo prediletto.

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Il mondo e altri luoghi
jeanette  winterson
Mondadori

   

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