L'avventura del marinaio
Aquileia
Un povero marinaio di
Trani viveva nella più grande miseria, senza riuscire a provvedere ai bisogni della sua
numerosa famiglia, per quanto egli si faticasse continuamente e passasse intiere notti a
pescare.
Una notte appunto, dopo aver gettato le reti, che non gli riusciva mai di
ritirare piene di pesci, lasciò la barca in balia delle onde e si distese nel fondo di
essa, in preda al più amaro sconforto. I suoi pensieri andavano facendosi sempre più
tristi e scuri, finché subentrò un benefico sonno a dar qualche conforto al suo spirito
tormentato.
Dun
tratto un brusco strappo risvegliò l'uomo d'improvviso: la rete tirava tutta da
una parte e minacciava quasi di far capovolgere la barca.
Questa era certo la volta buona.
Il bravuomo si mise a tirarla su; doveva esserci una preda eccezionalmente pesante,
perché il suo sforzo per tirarla in barca era enorme. Alla fine, sul fondo, si rovesciò
un gigantesco pescecane il quale, con grande meraviglia del marinaio, si mise a parlare.
- Io sono il genio che dirige la tua vita: fa a pezzi il mio corpo e semina i miei denti nel
tuo orto. Vedrai fra tre mesi cose che ti faranno contento.
Aquileia
Il marinaio naturalmente obbedì, e nel luogo ove egli aveva seppellito i denti del pescecane
crebbe durante la notte una pianta, la quale seguitò a ingrandirsi sempre più, fino a
divenire in poche settimane un alto albero frondoso. Quando furono trascorsi tre mesi
esatti dalla notte della famosa pesca, il marinaio, che stava in attesa febbrile, ebbe la
sorpresa di vedere scomparire di botto la pianta, al cui posto scalpitava un bellissimo
cavallo bianco, lucente, con la sella preparata.
La bestia gli andò vicino e gli parlò cosi:
- Salta sulla mia groppa e lasciati portare!
Il marinaio ubbidì. Il viaggio fu assai lungo e avventuroso: tutta la
terra passò davanti agli occhi del marinaio. Egli era diventato un valente e prode
cavaliere, riverito dai grandi signori e favorito dalla sorte che gli permise di mettere
insieme molte ricchezze.
Intanto gli anni passavano, la brama delle avventure nel marinaio diminuiva, e lo riprendeva il
desiderio di riposarsi in seno alla sua famiglia, dove avrebbe potuto godersi le
accumulate ricchezze. Ritornò di fatti a Trani, ma quivi lo aspettava una sgradita
sorpresa.
Poiché lo avevan dato come morto, sua moglie aveva ripreso marito e si era
creata unaltra famiglia. A questa notizia il cavaliere - marinaio non osò neppure
presentarsi alla sua sposa e, pieno di malinconia, entrò nel suo vecchio orto, dove
sedette sopra un sasso, pensando al partito che gli conveniva prendere.
Ecco il posto dove aveva seminati i denti del pescecane, ecco dove era spuntato lalbero
meraviglioso che poi si era convertito in un focoso cavallo. Ed ora? Ora non sapeva a
quale risoluzione affidarsi. Ma ecco che, mentre guarda in terra, nel luogo dove era stato
sotterrato uno dei denti del pescecane, vede guizzare qualche cosa come un pesciolino. Il
marinaio si curva, lo tocca col dito e quello si gonfia come una nuvola, diventa un enorme
pescecane come quello pescato tanti anni fa. E, proprio come quello, si mette a parlare:
- Portami al mare - dice al marinaio – e rimettimi tra le onde.
Il marinaio ubbidì, rimise il pescecane in acqua e, montato sulla sua schiena, ambedue
presero il largo.
Che cosa avvenne del marinaio di Trani? Nessuno lo sa; certo in paese
non si vide più e di lui non rimane che questa leggenda.
Fiaba italiana
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