Cola PesceColapisci: l'uomo che diventa pesce per necessità o per sceltaI ricordi di Colapesce: Fatti e leggende di mare

 Fiaba   francese

I gemelli

C’era una volta un povero pescatore. Pescava tutto il santo giorno, eppure solo di rado la pesca era buona. Senonché un giorno gli entrò nella rete un pesce enorme e magnifico. Il pescatore fece l’atto di ucciderlo, ma il pesce cominciò a parlare con voce umana:
- Caro pescatore, lasciami vivere!

- No, bel pescione, ti porterò da mia moglie. Lei ti cucinerà e noi ti mangeremo.

- Caro pescatore, non farmi morire. Ti prometto che d'ora innanzi pescherai tanti pesci quanti ne vorrai.

Il pescatore liberò il pesce ed ecco che la rete, appena gettata in acqua, era già piena zeppa di pesci. Erano talmente tanti che l’uomo non riuscì quasi a trasportarli. Il giorno seguente il pescatore uscì di nuovo in mare e per la seconda volta gli entrò nella rete quel pesce enorme e magnifico.

- Caro pescatore, lasciami vivere!

- No, bel pescione, ti porterò da mia moglie. Lei ti cucinerà e noi ti mangeremo.

- Caro pescatore, ti prometto che d’ora innanzi pescherai tanti pesci quanti ne vorrai.

Il pescatore lo rimise in libertà per la seconda volta e subito si verificò lo stesso prodigio del giorno prima: la rete, appena gettata in mare, si riempì di pesci bellissimi, tant’è che il pescatore non riuscì quasi a portarseli a casa. Quando vi giunse, la moglie lo accolse con queste parole:
- Marito, come mai ieri e oggi hai pescato tanti pesci?

- Moglie, sia ieri che oggi ho pescato uno stupendo pescione. Il pesce mi promise una pesca fortunata se lo avessi lasciato vivere. E disse la pura verità.

- Ascolta, marito, se domani lo peschi un’altra volta, portamelo poiché lo voglio mangiare.

Anche il giorno successivo il pescatore uscì, in mare e per la terza volta il bel pesce enorme finì nella sua rete e di nuovo prese a parlare con voce umana:
- Caro pescatore, non farmi morire! Ti prometto che d’ora innanzi pescherai tanti pesci quanti ne vorrai.

- No, grosso pesce. Mia moglie vuole che ti porti a casa da lei. Desidera mangiarti.

Allora il pesce disse:
- Se è cosi, rimettiti alla volontà di tua moglie: portami a casa tua. Ma ascolta bene quel che ti dico: da’ la mia testa alla tua cagna, la coda alla tua cavalla e il corpo a tua moglie. La tua cagna metterà al mondo due cuccioli, la cavalla due puledri e tua moglie partorirà due gemelli.

E cosi avvenne.
Il pescatore portò il pesce alla moglie e fece ciò che questi gli aveva consigliato: diede la testa alla sua cagna, la coda alla sua cavalla e il corpo a sua moglie.
Allorché i rispettivi periodi di gestazione giunsero a termine, la cagna partorì due cuccioli e la cavalla due puledri, mentre la moglie donò la vita a due maschietti. I due cani, i due cavalli e i due fanciulli crebbero e la somiglianza di ogni coppia era così perfetta che nessuno sarebbe riuscito a distinguere i due bambini, i due cani e i due cavalli.
Quando compirono il ventesimo anno d'età i gemelli si presero ciascuno un cavallo e un cane, si comperarono delle spade, dissero addio al padre e alla madre e partirono alla ventura.
Cavalcarono per giorni e giorni finché giunsero ad un bivio dove c’era un’alta croce di pietra.

- Fratello, - esclamò allora il maggiore - questo è il luogo in cui dobbiamo separarci. Va verso Oriente, mentre io mi dirigerò verso Occidente. Quando sarai sulla via del ritorno batti la spada su questa croce. Se dal punto in cui l'avrai colpita sgorgherà del sangue, sappi che mi sarà accaduta una disgrazia. Se invece non vedrai scaturire alcunché dalla pietra, interpreta il fatto come un buon segno e tornatene a casa tranquillo

Dopo di che i due fratelli si salutarono. L'uno diresse il suo cavallo verso Occidente, l'altro verso Oriente.
Per tre giorni e tre notti il maggiore attraversò una foresta tenebrosa cavalcando indefesso senza mai fare una sosta e riposarsi. Non vide e non udì altro che gli uccelli del cielo e gli animali selvatici dei boschi. Alla fine giunse in una città che era ben sette volte più grande di Bordeaux. Tutti gli abitanti se ne andavano in giro vestiti a lutto e piangevano.

- Gente come mai portate il lutto e vi dolete? - chiese loro.

- Straniero, noi abbiamo un motivo più che serio di dolerci e di piangere. Nel bosco vicino si è insediato un mostro con sette teste che ogni anno ci rapisce le figlie. Proprio ieri ci ha fatto dire che ci mangerà tutti quanti se non gli consegneremo le nostre giovani. Che altro possiamo fare se non sottostare al suo volere? Stamane, all’aurora abbiamo portato nel bosco una fanciulla bella come il giorno e buona come una santa.

- Gente, non doletevi e non piangete! Andrò nel bosco e, se Dio avrà misericordia di me, ucciderò il mostro dalle sette teste e libererò la vergine.

- Che Dio ti assista, straniero. Il coraggio non ti manca davvero!

Il gemello richiamò il cane con un fischio, trasse la spada dal fodero e, spronando il suo cavallo al galoppo, si addentrò nel bosco. Dopo una cavalcata di tre ore, trovò la ragazza. Era bella come il giorno e buona come una santa. Era legata a un albero e piangeva. Scorgendo il cavaliere, la fanciulla esclamò:
- Amico, chi siete che osate venire qui? Tornate subito indietro. Già odo il ruggito del mostro dalle sette teste. Vi potete salvare intanto che quello mi mangerà"

- Cara, non sono venuto fin qui per darmela a gambe. Ucciderò il mostro dalle sette teste e oggi stesso vi sposerò se mi vorrete per marito.

In quel preciso momento il mostro planò fendendo l’aria con un sibilo. Il gemello, scorgendolo, gridò ai suoi animali:
- Attacca, cane fedele! E tu, bravo cavallo, meritati la biada!

Per tre lunghe ore il giovane lottò contro il mostro. Instancabile combatté a spada tratta senza paura e senza esitazione. Fendente dopo fendente, mozzò le sette teste una dopo l’altra finché non ne rimase attaccata nemmeno una. Dopo di che strappò dalle sette fauci le lingue e le nascose nel mantello. Con un ultimo colpo di spada tagliò infine i lacci che tenevano lega la vergine e, liberatala, la trasse a sé in sella al cavallo. Insieme tornarono in città.
- Gente, ho ammazzato il gigantesco mostro dalle sette teste. Ora vorrei sposare la fanciulla che ho salvato. Che si celebrino le nozze

- Prode straniero, sia come tu vuoi

Il gemello allora la condusse in chiesa e, al termine della cerimonia religiosa, si tenne una sfarzosa festa nuziale. La città intera festeggiò la giovane coppia. La festa si protrasse fino a mezzanotte, e al primo rintocco della campana tutti se ne andarono a letto.
Il mattino presto, alle prime luci dell'alba, il gemello svegliò la moglie e cosi le parlò:
- Moglie vestiti. Usciamo e andiamocene un po' a passeggio

La giovane sposa si alzò dal letto si abbigliò e usci dalle porte della città al fianco del marito. Vagarono nei dintorni e a un tratto l'uomo scorse una casupola nella valle.

- Moglie, che casa è quella laggiù? Mi piace, vorrei acquistarla per riposarmici al ritorno della caccia.

- Marito carissimo, guardati bene dal farlo! È una casa stregata. Al solo avvicinarsi può accadere una disgrazia!

Il gemello non ribatté una sola parola e fece ritorno a casa insieme alla moglie.
Ma l’indomani mattina egli scese dal letto piano piano e raggiunse la casupola.
Bussò. Udì provenire dall’interno una voce che pareva il boato d’un tuono:
- Chi sei?

- Apri o sfondo la porta!

- La porta è di ferro e legno di quercia, ha buone serrature e robusti chiavistelli. Non la sfonderai. Ma se vuoi entrare a tutti i costi, strappati un capello dalla testa e infilalo nella toppa!

Al che il gemello si strappò un capello e lo infilò nella toppa. Nel medesimo istante la terra lo inghiottì, cavallo compreso.
Mentre ciò accadeva, la giovane moglie, ignara di tutto, stava cercando il marito.

- Sapete dov’è andato? - chiese a quanti incontrava.

Nessuno seppe darle notizia del suo sposo, finché un pastorello le disse:
- Da lontano l’ho visto entrare nella casa stregata, ma non l’ho visto uscire

- Dio onnipotente, gli è capitata una disgrazia.

E la donna versò tutte le sue lacrime, invocò e supplicò il Signore che facesse tornare a casa il suo sposo.

Mentre la poveretta piangeva, digiunava e pregava, il gemello minore aveva portato a termine il suo viaggio a Oriente e stava tornando indietro in sella al suo cavallo, seguito dal cane. Giunto al bivio dove sorgeva la croce di pietra, si rammentò della promessa fatta a suo tempo al fratello. Estrasse la spada dal fodero e colpì la croce. La lama non l’aveva quasi sfiorata che dalla pietra scaturì un fiotto di sangue.

- Sant’Iddio, gli è capitata una disgrazia. Su, cane fedele, e tu meritati la biada, bravo cavallo!

Partì di gran carriera e già al tramonto entrò nella città dove la moglie di suo fratello versava calde lacrime e implorava Dio nei cieli.

Vedendolo, gli abitanti gridarono:
- Donna cara donna, vostro marito è tornato!

- Sant’Iddio, è proprio lui, il mio amato!

E gli buttò le braccia al collo dicendo:
- Ti credevo morto. Pensavo che ti fosse capitata una disgrazia nella casupola stregata.

Il gemello minore, infatti, somigliava talmente al maggiore, era così identico a lui, che tutti lo scambiarono per il fratello. Così desinò insieme alla moglie del suo gemello e si coricò con lei. Tra sè e la donna frappose però la propria spada.
Alle prime luci dell’alba sellò il cavallo, chiamò il cane e si diresse alla casupola. Bussò alla porta e dall’interno udì provenire una voce che pareva il boato d’un tuono:

- Che cosa vuoi?

- Apri o sfondo la porta!

- La porta è di ferro e legno di quercia, ha buone serrature e robusti chiavistelli. Non la sfonderai. Ma se vuoi entrare a tutti i costi, strappati un capello dalla testa e infilalo nella toppa!

Allora il gemello minore strappò un pelo dalla criniera del suo cavallo e lo infilò nella toppa. In quel preciso istante la terra inghiottì il cavallo e la porta si spalancò. Cosi egli entrò nella casupola con il suo cane e abbattè tutti i demoni che vi dimoravano. Dopo di che squarciò il pavimento e trasse in salvo il fratello, il cavallo e il cane dal buio sotterraneo. A suo fratello disse:
- Ah, fratello, muoviamoci a tornare in città. Voglio vedere se sei un uomo intelligente.

In città la gente non credette ai propri occhi vedendo due uomini, due cavalli e due cani che, rispettivamente, si assomigliavano come gocce d’acqua. Persino la moglie del fratello non seppe più distinguere il proprio marito.

- Donna,- disse il minore - non mi riconosci più?

- Donna, - fece il maggiore - non mi riconosci più?

- Cavalieri, voi vi somigliate a tal punto che non riesco a distinguervi. Chi di voi é il mio consorte mi porti una prova!

Allora il maggiore dei gemelli estrasse dal mantello il panno contenente le sette lingue del mostro.

- Sei tu il mio diletto marito! -  esclamò la donna.

- Fratello,- disse il minore - vedo che sei anche saggio. Rimani qui con tua moglie e vivi con lei felice e contento, mentre io tornerò a casa dai genitori e racconterò loro quel che ho fatto e visto.

E cosi avvenne.

(Fiaba della Guascogna)

   

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