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Fiaba francese I gemelli
Cera una volta un povero pescatore. Pescava tutto il santo
giorno, eppure solo di rado la pesca era buona. Senonché un giorno gli entrò nella rete
un pesce enorme e magnifico. Il pescatore fece latto di ucciderlo, ma il pesce
cominciò a parlare con voce umana: - No, bel pescione, ti porterò da mia moglie. Lei ti cucinerà e noi ti mangeremo. - Caro pescatore, non farmi morire. Ti prometto che d'ora innanzi pescherai tanti pesci quanti ne vorrai. Il pescatore liberò il pesce ed ecco che la rete, appena gettata in acqua, era già piena zeppa di pesci. Erano talmente tanti che luomo non riuscì quasi a trasportarli. Il giorno seguente il pescatore uscì di nuovo in mare e per la seconda volta gli entrò nella rete quel pesce enorme e magnifico. - Caro pescatore, lasciami vivere! - No, bel pescione, ti porterò da mia moglie. Lei ti cucinerà e noi ti mangeremo. - Caro pescatore, ti prometto che dora innanzi pescherai tanti pesci quanti ne vorrai.
Il pescatore lo rimise in libertà per la seconda volta e subito
si verificò lo stesso prodigio del giorno prima: la rete, appena gettata in mare, si
riempì di pesci bellissimi, tantè che il pescatore non riuscì quasi a portarseli
a casa. Quando vi giunse, la moglie lo accolse con queste parole: - Moglie, sia ieri che oggi ho pescato uno stupendo pescione. Il pesce mi promise una pesca fortunata se lo avessi lasciato vivere. E disse la pura verità. - Ascolta, marito, se domani lo peschi unaltra volta, portamelo poiché lo voglio mangiare.
Anche il giorno successivo il pescatore uscì, in mare e per la
terza volta il bel pesce enorme finì nella sua rete e di nuovo prese a parlare con voce
umana: - No, grosso pesce. Mia moglie vuole che ti porti a casa da lei. Desidera mangiarti.
Allora il pesce disse:
E cosi avvenne. - Fratello, - esclamò allora il maggiore - questo è il luogo in cui dobbiamo separarci. Va verso Oriente, mentre io mi dirigerò verso Occidente. Quando sarai sulla via del ritorno batti la spada su questa croce. Se dal punto in cui l'avrai colpita sgorgherà del sangue, sappi che mi sarà accaduta una disgrazia. Se invece non vedrai scaturire alcunché dalla pietra, interpreta il fatto come un buon segno e tornatene a casa tranquillo
Dopo di che i due fratelli si salutarono. L'uno diresse il suo
cavallo verso Occidente, l'altro verso Oriente. - Straniero, noi abbiamo un motivo più che serio di dolerci e di piangere. Nel bosco vicino si è insediato un mostro con sette teste che ogni anno ci rapisce le figlie. Proprio ieri ci ha fatto dire che ci mangerà tutti quanti se non gli consegneremo le nostre giovani. Che altro possiamo fare se non sottostare al suo volere? Stamane, allaurora abbiamo portato nel bosco una fanciulla bella come il giorno e buona come una santa. - Gente, non doletevi e non piangete! Andrò nel bosco e, se Dio avrà misericordia di me, ucciderò il mostro dalle sette teste e libererò la vergine. - Che Dio ti assista, straniero. Il coraggio non ti manca davvero!
Il gemello richiamò il cane con un fischio, trasse la spada dal
fodero e, spronando il suo cavallo al galoppo, si addentrò nel bosco. Dopo una cavalcata
di tre ore, trovò la ragazza. Era bella come il giorno e buona come una santa. Era legata
a un albero e piangeva. Scorgendo il cavaliere, la fanciulla esclamò: - Cara, non sono venuto fin qui per darmela a gambe. Ucciderò il mostro dalle sette teste e oggi stesso vi sposerò se mi vorrete per marito.
In quel preciso momento il mostro planò fendendo laria con
un sibilo. Il gemello, scorgendolo, gridò ai suoi animali:
Per tre lunghe ore il giovane
lottò contro il mostro. Instancabile combatté a spada tratta senza paura e senza
esitazione. Fendente dopo fendente, mozzò le sette teste una dopo laltra finché
non ne rimase attaccata nemmeno una. Dopo di che strappò dalle sette fauci le lingue e le
nascose nel mantello. Con un ultimo colpo di spada tagliò infine i lacci che tenevano
lega la vergine e, liberatala, la trasse a sé in sella al cavallo. Insieme tornarono in
città. - Prode straniero, sia come tu vuoi
Il gemello allora la condusse in chiesa e, al termine della
cerimonia religiosa, si tenne una sfarzosa festa nuziale. La città intera
festeggiò la
giovane coppia. La festa si protrasse fino a mezzanotte, e al primo rintocco della campana
tutti se ne andarono a letto. La giovane sposa si alzò dal letto si abbigliò e usci dalle porte della città al fianco del marito. Vagarono nei dintorni e a un tratto l'uomo scorse una casupola nella valle. - Moglie, che casa è quella laggiù? Mi piace, vorrei acquistarla per riposarmici al ritorno della caccia. - Marito carissimo, guardati bene dal farlo! È una casa stregata. Al solo avvicinarsi può accadere una disgrazia!
Il gemello non ribatté una sola parola e fece ritorno a casa
insieme alla moglie. - Apri o sfondo la porta! - La porta è di ferro e legno di quercia, ha buone serrature e robusti chiavistelli. Non la sfonderai. Ma se vuoi entrare a tutti i costi, strappati un capello dalla testa e infilalo nella toppa!
Al che il gemello si strappò un capello e lo infilò nella
toppa. Nel medesimo istante la terra lo inghiottì, cavallo compreso.
Nessuno seppe darle notizia del suo sposo, finché un pastorello
le disse: - Dio onnipotente, gli è capitata una disgrazia. E la donna versò tutte le sue lacrime, invocò e supplicò il Signore che facesse tornare a casa il suo sposo.
Mentre la poveretta piangeva, digiunava e pregava, il gemello minore aveva portato a termine il suo viaggio a Oriente e stava tornando indietro in sella al suo cavallo, seguito dal cane. Giunto al bivio dove sorgeva la croce di pietra, si rammentò della promessa fatta a suo tempo al fratello. Estrasse la spada dal fodero e colpì la croce. La lama non laveva quasi sfiorata che dalla pietra scaturì un fiotto di sangue. - SantIddio, gli è capitata una disgrazia. Su, cane fedele, e tu meritati la biada, bravo cavallo! Partì di gran carriera e già al tramonto entrò nella città dove la moglie di suo fratello versava calde lacrime e implorava Dio nei cieli.
Vedendolo, gli abitanti gridarono: - SantIddio, è proprio lui, il mio amato!
E gli buttò le braccia al collo dicendo:
Il gemello minore, infatti, somigliava talmente al maggiore, era
così identico a lui, che tutti lo scambiarono per il fratello. Così desinò insieme alla
moglie del suo gemello e si coricò con lei. Tra sè e la donna frappose però la propria
spada. - Che cosa vuoi? - Apri o sfondo la porta! - La porta è di ferro e legno di quercia, ha buone serrature e robusti chiavistelli. Non la sfonderai. Ma se vuoi entrare a tutti i costi, strappati un capello dalla testa e infilalo nella toppa!
Allora il gemello minore strappò un pelo dalla criniera del suo
cavallo e lo infilò nella toppa. In quel preciso istante la terra inghiottì il cavallo e
la porta si spalancò. Cosi egli entrò nella casupola con il suo cane e abbattè tutti i
demoni che vi dimoravano. Dopo di che squarciò il pavimento e trasse in salvo il
fratello, il cavallo e il cane dal buio sotterraneo. A suo fratello disse: In città la gente non credette ai propri occhi vedendo due uomini, due cavalli e due cani che, rispettivamente, si assomigliavano come gocce dacqua. Persino la moglie del fratello non seppe più distinguere il proprio marito. - Donna,- disse il minore - non mi riconosci più? - Donna, - fece il maggiore - non mi riconosci più? - Cavalieri, voi vi somigliate a tal punto che non riesco a distinguervi. Chi di voi é il mio consorte mi porti una prova! Allora il maggiore dei gemelli estrasse dal mantello il panno contenente le sette lingue del mostro. - Sei tu il mio diletto marito! - esclamò la donna. - Fratello,- disse il minore - vedo che sei anche saggio. Rimani qui con tua moglie e vivi con lei felice e contento, mentre io tornerò a casa dai genitori e racconterò loro quel che ho fatto e visto. E cosi avvenne.
(Fiaba della Guascogna)
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