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Il pescatore di San Michele, Erven Abgrall, aveva sei figli
e una miseria nera.
Immaginate quindi il suo stupore e la sua
allegrezza, quando un giorno tirò su una rete cosi pesante che temeva si rompesse.
- E che mi darai in cambio? - Ti farò prendere quanto pesce vorrai. Prova a gettare le reti in mare.
Infatti le reti
vennero su traboccanti pesce, come se in quel punto si fossero miracolosamente adunate
colonie di branzini, di triglie, di naselli. - Non gli getterai addosso per caso la mala sorte? - E che ragione ne avrei? Voglio solo baciarlo.
Il pescatore
liberò la sirena, e via a casa con le reti gonfie di bel pesce guizzante.
Infatti la donna
non finiva più di abbracciarlo e i figli gettavano piccole grida di gioia. Il giorno dopo
però, senza dir nulla a nessuno, il pescatore si prese il figlio appena nato fra le
braccia e lo portò alla sirena, che lo aspettava distesa sulla riva. Con la destra prese la moneta, mentre stringeva forte fra le braccia il piccolino. Inutilmente la sirena cercò con un guizzo della coda e con tutte le sue forze di strapparglielo via. Il furbo pescatore riuscì a fuggire con la moneta e col bambino sano e salvo.
La sirena, furiosa
perché non poteva seguirlo sulla terra ferma, gli gridò dietro: E si tuffò in mare cosi impetuosamente, che alte onde spumose invasero per un buon tratto la riva. Passarono gli anni; e la moneta sulla pietra del focolare generò infinite altre monete doro. Intanto il settimo figlio di Erven Abgrall, che era il più bello e il più intelligente di tutti, cresceva sempre più florido nella casa del pescatore, divenuta ora una casa ricca, ove non cera mendicante che non trovasse da sfamarsi, né bisognoso che non ricevesse aiuto e conforto. Ma quando il settimo figlio, che si chiamava Franco, ebbe diciotto anni, desiderò di girare il mondo: possedeva doti eccezionali e uno spirito avventuroso, e lo stretto orizzonte del suo paese lo soffocava. Preso con sé un servitore e abbracciati sua madre e suo padre, egli dunque partì.
Sul limitare della
soglia, il padre gli fece unultima raccomandazione: - E perché dunque? Hai paura forse chio anneghi? - Non è questo. Sul mare io so che ti metti in pericolo. Promettimi che ne starai distante! Fallo per me, fallo per tua madre. Mi ti raccomando.
Il giovane
promise e se ne andò. - Mie povere bestie, disse Franco avvicinandosi piuttosto che dilaniarvi a vicenda, volete chio vi metta daccordo? - Ebbene prova disse lo sparviero. - Ascoltatemi. La carne del cavallo sarà per il lupo, gli intestini per lo sparviero e il sangue finalmente toccherà al calabrone. Siete soddisfatti cosi? - Si disse ancora per tutti lo sparviero. - Anzi, per darti una prova della nostra riconoscenza, ti faremo un dono ciascuno. Siete daccordo, amici? - Certamente. - Per conto mio riprese lo sparviero io ti concedo che tu possa cambiarti a volontà in sparviero. - E io che tu possa cambiarti in lupo aggiunse il lupo. - In quanto a me, in qualunque circostanza tu abbia bisogno del mio aiuto, chiamami, e io accorrerò disse il calabrone. - Grazie, buone bestie. Arrivederci!
E Franco riprese la
sua strada. Il sole si drappeggiava, per coricarsi, in un lussuoso mantello di porpora,
quando egli giunse davanti ad alte mura in cui era praticata una porta. Vi picchiò con le
nocche, ed essa. si apri. Il giovane entrò nella corte, nelle scuderie, nel castello.
Nessuno.
Davanti al suo
capezzale tre vecchie megere stavano a guardarlo. Piccole, rugose, gialle, dal naso
adunco, dal mento a ciabatta, dai denti lunghi e scuri: una più brutta e più cadente
dellaltra Il giovane stava per aprire la borsa piena di monete doro. - Oh! Non si tratta di questo disse una. Siamo più ricche di te, noi! Si tratta di dire quale tra noi tre sia la più bella e la più giovane. Ora noi ci metteremo in una stanza scura: se indovini, sei salvo; se sbagli, perdi la vita.
Dio mio! Come fare
fra quelle tre megere a capire quale fosse la meno vecchia e la meno orrenda? Mentalmente
Franco chiamò in aiuto il calabrone, il solo che potesse entrare nella buia stanza
chiusa. E il calabrone, ronzando, venne e gli disse in un orecchio:
Nelloscurità
il giovane tese le mani e, quando udì che, toccando una delle megere, il calabrone
ronzava, disse: La stanza si illuminò di luce sfolgorante e tre graziose fresche principesse apparvero dinanzi agli occhi stupiti di Franco. - Grazie, bel cavaliere, disse una di loro di averci liberato dallincanto in cui ci aveva gettato un mago crudele per vendicarsi, su di noi di nostro padre. In compenso vieni nel nostro regno e sposa quella di noi che preferisci. Ma il giovane voleva continuare il suo viaggio e, ringraziando a sua volta le graziose principessine, si inchinò e proseguì per la sua strada, tutto soddisfatto di aver potuto far loro del bene. Camminò per tante città e visitò innumerevoli paesi, finché giunse a Parigi e prese alloggio nel miglior albergo, che dava proprio nella piazza dove si ergeva il palazzo reale. Scorgere la principessa che stava affacciata e innamorarsene fu tuttuno. Ma come fare a salire fino a lei? Non cera che trasformarsi in sparviero! E Franco in un attimo, presa la forma del possente uccello, si posò sul davanzale e sfiorò con le ali le guance di lei. La principessa lo accarezzò, per nulla impaurita, poi, prendendolo fra le braccia, lo portò in casa e gli fece costruire una splendida gabbia doro.
Naturalmente Franco
non rimase molto nella forma di sparviero. Quando la principessa fu sola, riprese il suo
vero essere e le rivelò il suo amore. La fanciulla ne fu tanto commossa, che andò dal Re
suo padre e gli disse:
Il Re rifiutò
dapprima: gli doleva unire la sua unica splendida figliuola a un avventuriero sconosciuto;
ma, poiché vide che la faccenda si faceva seria e la principessa deperiva a vista
docchio, diede il suo consenso e, se pure non sontuose, le nozze non di meno furono
liete. Vi ricordate, ragazzi, di quella sirena che voleva impadronirsi di Franco quando era ancora un neonato? Essa da allora stava sempre in agguato nel mare per acciuffarlo e, appena il povero giovane toccò le onde, lo ghermì e se lo portò nel suo buio regno sottacqua.
Due anni passarono
in quella prigionia. E Franco moriva di dolore e di disperazione.
La sirena
acconsentì, perché temeva che il giovane morisse da un giorno allaltro; ma Franco,
appena al disopra delle onde, desiderò di essere uno sparviero e, via, a grandi colpi di
ala, fuggì alto verso il cielo.
Giunto nella città
della sua principessa, Franco riprese forma umana. Cera aria di festa in città.
Perché gli dissero che la principessa, da due anni vedova di un avventuriero, si sposava
col principe di Polonia. Allora Franco si vestì con le più lussuose vesti, montò su una
carrozza dorata e si fece annunziare alla reggia come un principe di passaggio. Oh, il turbamento e lo stupore che questa rivelazione gettò in tutti i presenti! - Principe di Polonia, disse a sua volta Franco vi ricordate quando mi avete gettato in mare due anni fa? Non sono annegato, ma sono rimasto prigioniero di una sirena, ed ora, liberatomi, sono venuto a riprendere il posto che volevate usurparmi.
Nello stesso
istante egli si trasformò in un grosso lupo e si lanciò sul principe malvagio: e lo
avrebbe certo sbranato, se questi non fosse morto prima di paura. Il settimo figlio del pescatore di San Michele aveva finalmente compiuto con fortuna il suo viaggio avventuroso.
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