Fiaba pugliese
La
vasca segreta
C'era
una volta un vecchio lupo di mare di nome Paolo. Aveva solcato i mari di tutto il
mondo e nel suo cuore era sempre vivo il ricordo di quei magnifici paesi lontani, dove
aveva fatto mille esperienze, che ora gli si leggevano nelle pieghe del viso.
Dopo tanti anni di fatiche, il marinaio aveva deciso di lasciare
la navigazione e di ritirarsi di fronte al mare, su un pezzo di terra di sua proprietà:
era un terreno fertile, coltivato a vigneto, che egli lavorava con amore.
Il vecchio si era anche costruito pietra su pietra una casetta di
una sola stanza, con un grande camino nel centro.
Appena vedeva il mare ingrossarsi, il marinaio raggiungeva la
riva e tirava a secco la barca, con cui andava ogni tanto a pescare. Poi, chiusa bene la
porta, gettava nel camino una manciata di alghe seccate al sole e stava lì seduto a
ricordare.
Il sibilo del vento, il rumore delle onde e lo stridìo dei gabbiani facevano
da sottofondo alla sua memoria. Così finiva per addormentarsi e sognava di diventare
tanto ricco da potersi comprare un palazzo con la servitù, ì cavalli e le carrozze.
Quando poi tornava bello, andava a visitare i suoi gatti: ne
aveva quattro e li teneva sotto una tettoia che lui stesso aveva costruito con i legni
gettati dalle onde sulla spiaggia. I gatti erano chiusi in una gabbia, per evitare che
fuggissero.
Un giorno Paolo si alzò stranamente allegro, con la sensazione
che quella sarebbe stata una giornata memorabile. Così fece colazione, portò acqua e
cibo ai suoi gatti e si spinse in mare con la sua barchetta.
La giornata era serena e il mare azzurrissimo e liscio come
l'olio. Il marinaio issò la vela e la barca filò, frusciando sull'acqua. Il vento la
spinse al largo e poi smise di soffiare, lasciandola lì a dondolare dolcemente.
Poi l'uomo buttò le reti. In cuor suo sperava succedesse
qualcosa di eccezionale. Infatti, dopo non molto, sentì uno strappo alla rete, come se
fosse piena di pesci. Allora l'afferrò con tutte e due le mani e la tirò in barca.
Ma tira, tira, la rete, che sembrava pesantissima, in realtà era
vuota.
- "Che mistero! - pensava il marinaio,
tutto sudato per la fatica. - Non è possibile che non ci sia neanche un misero
pesciolino! "
Stava per rinunciare e mollare di nuovo la rete in acqua, quando
ebbe un presentimento e decise di andare fino in fondo, per svelare il mistero.
E infatti Paolo trovò tra le alghe un pesce piccolissimo.
Lo
osservò bene, prima di ributtarlo in mare: il sole lo faceva brillare di mille colori e
le sue scaglie avevano riflessi d'oro.
- "Accidenti! - pensò il marinaio. - Questo
pesce vale una fortuna."
Fu a quel punto che sentì una vocina.
-
Chiedimi quello che vuoi, Paolo, ma lasciami libero
L'uomo sorrideva. Non credeva ai pesci che parlano, perché esistono solo
nelle fiabe.
-
"E' solo un'illusione
- rifletteva tra sé. -
Però, non si sa mai, e se fosse tutto vero?"
Così chiuse gli occhi per concentrarsi e rispose:
- Vuoi sapere cosa desidero? Avere un grande palazzo
ed essere un vero cavaliere, che sa leggere e scrivere e con bei vestiti. E poi una stanza
piena di tesori e un cavallo bianco bellissimo, con finiture di cuoio e pietre preziose
- D'accordo - rispose la voce - Guarda laggiù verso
quella grande città e poi sulla riva del mare.
Paolo guardò: al centro della città scorse un palazzo di marmo
e sulla riva un cavallo bianco con preziose finiture.
- Tra poco i tuoi abiti cambieranno - proseguì il pesce
- e sarai pronto per entrare a palazzo, a cavallo del tuo destriero. Ma adesso
lasciami andare, 'ché ho già pagato il prezzo della mia libertà.
In quel momento però Paolo si guardò intorno e pensò che,
liberando il pesce, sarebbe sparito tutto ed egli sarebbe ritornato povero. Spaventato da
questa idea, riempì un secchio di acqua di mare, ci mise dentro il pesce e lo coprì con
una tavola di legno, perché non schizzasse fuori. Intanto diceva al pesce:
- Perdonami, non dovrei farti questo, ma adesso non
posso più fare a meno di te. Cerca di capirmi: non voglio più vivere come prima in una
casetta con una sola porta, una finestrella e un camino in cui bruciano alghe secche.
Potrei liberare i gatti, perché avrò nuovi amici molto più potenti, ma te no, non posso
proprio lasciarti andare
- Me l'hai promesso -
rispose la vocina disperata - lo ti ho
dato quello che chiedevi. Rispetta i patti. Ti assicuro che nessuno potrà mai toglierti
ciò che ora possiedi.
Paolo pensava ad altro e si mise a canticchiare, mentre tornava a riva,
dove lo aspettava il suo destriero.
Poi si interruppe, si avvicinò al secchio e
sussurrò:
- Stai tranquillo. Ti sistemerò in una grande vasca con l'acqua di mare:
la farò costruire dai migliori architetti della città e la rivestirò di pietre
preziose. Le alghe saranno di zaffiri e i miei servi ti serviranno cibi esotici. Insomma,
sarai trattato come un re, non ti preoccupare
- Non voglio ricchezze, né cibi esotici -
rispose la
vocina con un tono sempre più disperato. - Voglio solo la mia libertà.
Paolo ricominciò a cantare, finché la vocina non si spense del
tutto.
Passarono gli anni. Paolo ormai era un famoso signore. Il suo
palazzo aveva duecento stanze e arredi lussuosi; le scuderie erano le più belle della
nazione; nel parco crescevano fiori e piante esotiche, curate da uno stuolo di
giardinieri.
Quando aveva bisogno di denaro, Paolo scendeva in una stanza
sotterranea, di cui solo lui conosceva l'ingresso, e da lì, attraverso una botola
segreta, raggiungeva una piccola stanza rivestita di pietre preziose, con al centro la
più bella vasca che si possa immaginare, piena di acqua di mare sempre fresca, per mezzo
di tubazioni sotterranee che da lì giungevano fino al mare.
Dentro, c'era il pesciolino d'oro.
Stava in un angolo ed era
così triste che ormai non nuotava più. Sognava i grandi spazi dell'oceano, gli altri
pesci, i colori dell'acqua e i suoni misteriosi del mare.
Spesso Paolo rimaneva lì a fissare il pesce, tentando di
comunicare con lui. Ma da quel giorno lontano non era più riuscito a sentire la sua
vocina.
- Perché ti comporti così? -
chiedeva
al pesce - Ti tratto da gran signore e poi ti sono amico. Cosa te ne fai della
libertà?
Un giorno, mentre Paolo ripeteva il solito discorso, sentì
tremare le pareti e il pavimento e corse su nei suoi appartamenti.
Capì subito che si trattava di qualcosa di grave.
Sentiva suoni di battaglia, rumore di spade, urla di morte e
ordini impartiti in una lingua diversa, ma non nuova. Si affacciò a una finestra e vide
la città bruciare in due o tre punti. Il portone del suo palazzo, a un certo momento,
crollò sotto i colpi e molti soldati dalla pelle scura entrarono con lunghe scimitarre,
uccidendo tutti quelli che capitavano davanti.
Paolo sentì un brivido lungo la schiena.
Li aveva riconosciuti:
erano i guerrieri che vivevano al di là del mare, feroci e senza scrupoli, che uccidevano
e rubavano a man bassa.
Tentò di fuggire, ma fu catturato, picchiato e poi legato a un
albero in mezzo al parco, dove assistette alla distruzione del suo palazzo. Quindi lo
riportarono nei sotterranei della casa, dove fu rinchiuso in una cella di pietra.
Passarono così molti giorni e Paolo, stremato per la fame e per
la sete, pensava in continuazione al pesciolino.
Chissà cosa ne era di lui! Forse
l'avevano trovato e, non conoscendo il suo valore, l'avevano ributtato in mare o forse era
già morto di fame.
Ogni giorno che passava era sempre più difficile per lui
sopportare quel pensiero. Risentiva ancora nel le sue orecchie la vocina del pesce che gli
supplicava la libertà; così pregava a voce alta:
- Ti prego, fammi sentire la tua voce. Dove sei?
Come stai? Se sei vivo, fatti sentire
Ma nessuno rispondeva.
Finalmente, dopo aver camminato mille volte su e giù per la
cella, scorse una luce, sentì stridere una chiave nella serratura e la porta si aprì.
Lo spinsero su dalle scale e poi si ritrovò in quella che una
volta era la più bella stanza del palazzo. Lì lo fecero inginocchiare davanti a una
specie di trono, su cui sedeva un uomo con un grande manto. Costui aveva la pelle scura e
teneva sulle ginocchia una scimitarra preziosissima.
- Tu non hai più niente - disse a Paolo. - Tutto quello che una
volta era tuo ora mi appartiene. Vattene via, pezzente. E ringraziami di aver salva la
vita.
Paolo non ebbe neanche il tempo di dire una parola, che i soldati
lo afferrarono e lo trascinarono fuori dal palazzo. Poi lo scortarono fino alle porte
della città e lì con una spinta violenta lo fecero rotolare nella polvere; quindi se ne
andarono.
Nonostante tutto, il pensiero di Paolo non andava tanto alla sua
povertà, ma al pesciolino. Decise così che doveva fare qualcosa per ritrovarlo. Si
rialzò faticosamente e si avviò alla sua vecchia casetta. Intanto pensava a come potesse
raggiungere la stanza segreta, in cui si trovava il pesce. Nella casa tutto era rimasto
come prima. La sua vite, anche senza cure particolari, aveva prodotto molti grappoli.
Così Paolo si rifocillò e dopo una bella dormita, indossò il suo vecchio vestito da
marinaio e gettò un po' di alghe nel camino. Si mise a pensare, concentratissimo, e si
rammentò del cunicolo in cui passavano le tubazioni per il ricambio dell'acqua.
Gli venne un'idea. Era un'impresa pericolosa, ma era disposto a
tutto.
Penetrò nello stretto passaggio sotterraneo. Le pietre appuntite
lo graffiarono ovunque e rischiò diverse volte di farsi acchiappare dalle guardie, ma
alla fine arrivò nella stanza segreta, che non era ancora stata scoperta. Appena sollevò
la botola, provò una gioia immensa sentendo di nuovo la vocina.
- Ti aspettavo, Paolo. Sei venuto a liberarmi, vero? Portami via,
ti prego! Ho tanta nostalgia del mare.
Il marinaio rifece il percorso al contrario, portando con sé il
pesce, chiuso in una scatola colma d'acqua. Tornarono alla casetta sulla riva del mare.
Ormai erano fuori pericolo, lontani dalla città. Era giunta l'ora di salutarsi. Ma la
vocina chiese:
- Prima di andare, desideri altri regali da me, per trascorrere
nella ricchezza il resto della tua vita?
Paolo scosse il capo negativamente e senza dire una parola gettò
tra le onde il pesciolino.
Poi si sedette sulla sabbia e rimase lì a godersi il calore del
sole, con la pace nel cuore.
tratto
da
Gente di mare - storie e leggende
La Spiga
www.colapisci.it
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