Giucca matto


Elvira Giannattasio

Un giorno la madre di Giucca doveva uscir fori; dice:
- Giucca, tira l'uscio a te, che non entri ladri in casa.
Giucca prese l'uscio, e se lo messe addosso. Allora andò in una boscaglia, e montò in una querce con l'uscio addosso. Disse:
- Mamma, mi pesa, 'un lo posso più portare .
- Che cosa tu hai?
- Io ho preso l'uscio.
- Oh birbone vero! lo dovevi chiudere, te lo sei portato dietro!

Allora Giucca prese l'uscio, e lo lasciò andare a tetra.
A piedi a questa querce c'erano tre ladri che contavano quattrini. L'usciò gli andò addosso: tutti scapponno;
- Qui c'è il diavolo; bisogna andar via!

Allora scese dalla querce la mamma e Giucca, e presero tutti questi quattrini. Disse Giucca:
- Cosa sono questi, mamma, che gli hanno lasciati questi ladri?
- Hanno lasciato un sacchetto di chiodi.

Prese la mamma i chiodi, e li portò a casa; e Giucca riprese l'uscio sulle spalle.
La mamma tutti que' quattrini li messe dentro a una pentola, li messe sotto il letto. Disse:
- Bada Giucca, io vado a far la legna; non toccare que' chiodi che ho dentro a quella pentola sotto il letto.'
Lei andò via.

Quando fu andata via la mamma, passò un pentolaio che vendeva pentole.
- Oh pentolaio, che li comprate i chiodi?
- Altro! se tu me ne porti, io li compro.

E gliene portò. Disse il pentolaio:
- Ma questi son quattrini, bambíno, 'un son chiodi
Rispose Giucca:
- La mi' mamma mi ha detto son chiodi, e io li vendo per chiodi.
- E che tu vòi comprare? - gli disse il pentolaio.

- Comprerò tanti pentoli e il ciuco, se me lo date, che avete

Allora il pentolaio gli diede il ciuco e tutti i pentoli.
Giucca prese que' pentoli con una fune, e fece una corona, che toccavano terra.
In quel tempo tornò su' madre, e la gli disse:
- Icchè t'hai fatto costì, Giucca?
- l'ho dato quella pentola di chiodi al pentolaio, e lui mi ha dato il ciuco con tutti i pentoli, e ora vo con il ciuco adagio adagio a camminare

- Ah birbante, tu m'hai rovinata! erano tutti quattrini,ora sono povera affatto!'

Disperata, povera donna, dice:
-  Giacchè tu hai cotesto ciuco, va' e macinami cotesto sacco di grano.

Giucca prese il grano, lo messe sopra il su' ciuco, e andò al molino. Quando l'ebbe macinato, tornò indietro che doveva traversare un monte. Aprì il sacco e disse:
- Crusca a il vento, e farina a casa!

Rimontò il ciuco, e andò a casa. Arriva su' madre:
- O la farina, dove tu l'hai, Giucca?

- L'ho mandata a casa per il vento. Non è arrivata? Il vento cammina più di me.
- Oh birbante! ora bisogna morir di fame, 'un c'è nemmeno il pane.

Giucca andò alla finestra a chiamar la farina, e gli diceva:
- Farina, vieni, vieni a casa.

Ma la farina non venne, perchè il vento l'aveva portata via.
Allora gli disse su, madre:
- Vo' vedere se tu me ne fa' una bene: ti manderò a tingere questa tela.

Lo mandò da il tintore. Quando gnene ebbe tinta, il tintore lo rimandò a casa. Quando fu in cima a questo monte, c'era un pruno che tremava tanto da il vento; disse:
- Te', pruno, tu tremi tanto, e io son coperto; tieni questa tela, copriti, che non tremerai nemmeno te.

E Giucca gli messe la tela addosso, e se ne tornò a casa. La mamma gli andiede incontro:
- La tela dove tu l'hai, Giucca?
Rispose Gíucca:
- Ho trovato una macchia di pruni che tremavano tanto dal vento, che 'gli faceva freddo.
- Ah birbone, ora 'un si ha nè da mangiare, nè da vestirsi
; e si messe a piangere questa povera donna.
Giucca la guardò un poco e poi disse:
- Andiamo a vedere se la tela l'avranno addosso, perchè gli farà freddo; così la vedrete anche voi.

Andonno n'il monte, ma la tela 'un c'era più sopra i pruni, chè l'avevano portata via. La mamma si messe a piangere fortemente. Giucca pensò dentro a il su' pensiero:
- La mi' mamma la piange sempre, ma la voglio far ridere un poco io.

La mattina dopo scaldò il forno a pane, e ce la messe dentro. Quando tornò il su' babbo dalla fiera, gli disse:
- Babbo, la mamma sempre piange, ma ora ride.
- Dov'è la mamma?
- L'ho messa qua nel forno che ride tranquillamente.

Il padre andò a vedere:
- Altro che ride! tu l'hai ammazzata! è morta a denti secchi.' Già tu sei stato sempre un matto, e tu sarai sempre matto. Birbone, che non siei altro! Ammazzare la mamma!

Poi disse dentro il su' pensiero:
- E se l'ammazzo, icchè fo? ammazzeranno me.

E stiede così senza saper che si fare, pover'omo.
Un giorno, pensa, pensa, e gli viene in pensiero di dargli moglie al su' figliolo:
"Se trovassi una donna che gli mettesse un po' di cervello a partito..."
- Sai Giucca! ho fatto conto, ora che tu hai ammazzato la mamma, di darti moglie.
- Come si fa a pigliar moglie?
- Tu hai a andare a queste contadine che vanno a veglia nella stalla, gli darai le occhiatine, gli dirai le parolíne
.

Giucca pensò:
- De' mi' occhi ne ho du' soli: se mi cavo i mi' occhi, 'un ci vedrò più. - Andò giù: ci aveva un cento di pecore nella stalla; ad una ad una gnene cavò a tutte. Andò la sera a veglia, e a quelle ragazze gli traventava' questi occhi.
Fecero le ragazze:
- Tu siei un gran porco: traventare gli occhi delle pecore!

Allora Giucca se ne andò a casa. Disse ' padre:
- L'hai tu viste quelle ragazze?
- Sì, l'ho su viste, ho fatto un bel lavoro!
- Icchè t'hai fatto?
- Mi hanno dato d'il porco.
- Tu l'avrai toccate, indecente.
- No, gli tiravo le occhiate.
Disse su' padre:
- Che occhiate gli hai tírato?
- Sono andato nella stalla, ho preso gli occhi delle pecore, e gnene ho tirati.
- Sarebbe meglio che gli occhi li cavassi a te; come si fa a cavare gli occhi a quelle povere bestie, birbone!' Basta, Vun siei capace a trovar moglie; te la troverò io. Rifai il letto alto, chè stasera ti porterò moglie.


Diceva Giucca, quando su' padre andò via, da sè da sè:
- E' mi piacerà la moglie che mi porterà mi' padre! Piacerà a me e piacerò a lei, saremo due piacciaddii...

E costì Giucca andò a rifare il letto alto, perchè la sera gli portava la moglie suo padre. Allora prese il letto, e diceva tra sè:
- Se lo rifò così è basso, se lo rifò cosà è basso.

Prese il letto e lo messe sopra il tetto. Tornò il padre la sera.
- L'hai rifatto il letto?
- Sì, l'ho rifatto.
- Alto?
- Più alto 'un lo potevo fare
- Questa è la sposa.
- Che ne devo fare io della sposa?
- Andare a letto insieme. Come tu l'hai rifatto il letto?§
- Guardi, babbo, l'è lassù n'il tetto, più alto un lo poteva rifare.
- Oh matto vero, che tu 'un siei altro! come vuoi tu fare a dormire n'il letto?

Presero il letto, lo portonno giù in camera. Allora andonno giù e cenonno con la sposa (la sposa 'un aveva visto nulla di questo). Quando ebbero cenato:
- Sai, Giucca, vai a letto con la tu' sposa; quando siei entrato a letto, dimmelo.

Giucca si spogliò, andò a letto con la sposa.
- Babbo, io sono a letto.
Disse il padre:
- Monta n'il crino della lana.
Giucca fece un salto; c'era una cesta di lana, che avevano tosato le pecore, e montò in quel crino di lana. Dice:
- Babho, 'un ci posso stare, perchè il crino tringola' con la fune: or ora vo in terra...
Disse il padre:
- Dove síei tu montato? Dove tu dici?
- Son montato quassù.
- Povero mi' tempo! come l'ho speso male!

La sposa si avvidde che lo sposo era pazzo; la mattina se ne volle ritornare a casa sua. Il povero vecchio dal dispiacere in poco tempo morì, e Giucca rifinì tutta la roba di il padre, e andò a morire in Bonifazio.

Stretta è la foglia, e larga la via, Dite la vostra, che ho detto la mia.

 

 

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