Giufà lu mircanti

Giufà era stanco di non far niente e così decise di andare in cerca di fortuna.
La madre e le sorelle si opposero a questa sua decisione, ma Giufà irremovibile preparò il suo cavallo e partì alla volta di “ la Montagna di lu focu c’ancugna”.

Cammina … cammina… cammina incontrò un vecchio con la barba che gli arrivava sul petto e gli chiese notizie sul paese che doveva raggiungere.
Il vecchio rispose:
- Vai più avanti che ti daranno le notizie che vuoi.

Si mise di nuovo in cammino e incontrò un vecchio con la barba che gli arrivava alla cintola ed anche a questo chiese notizie sulla Montagna di lu focu c’ancugna.
- Senti figliolo io sono vecchio… ma più avanti troverai uno più vecchio di me che ti dirà dove si trova questo posto!

Giufà si rimise in viaggio e dopo aver camminato a lungo incontrò un altro vecchio con la barba che gli arrivava a terra, gli chiese subito notizie e questo rispose :
- Senti figliolo… la Montagna di lu focu c’ancugna … è più avanti ma tu devi fare una cosa… quando arrivi nasconditi e non farti vedere da nessuno. Il re ha tre figliole che ogni notte si fanno il bagno, la prima lo fa verso le ore ventidue, e così di seguito fino a mezzanotte. Tu nasconditi e quando le ragazze si faranno il bagno sottrai loro i vestiti e li restituirai solo se ti aiuteranno quando tu ne avrai bisogno. E così l’indomani ti presenterai al re per chiedere un lavoro. Ora vai e buona fortuna. Ricordati bene quello che ti ho detto!!

Giufà ringraziò e si mise di mise di nuovo in cammino.
Arrivato alla Montagna di lu focu c’ancugna, lasciò libero il cavallo e si nascose.
La sera verso le ore dieci la luna era splendente ed illuminava come se fosse giorno ed ecco puntuale la figlia del re si spogliò e si tuffò nell’ acqua.
Giufà di soppiatto prese i vestiti e si nascose nel canneto.
Quando la ragazza uscendo dall’acqua non trovò i vestiti disse:
- Giufà esci e portami subito i miei indumenti!
Il povero ragazzo rimase sbigottito a sentirsi chiamato per nome e così moscio moscio uscì dal canneto ed accennò ad una lieve resistenza nel consegnare i vestiti, ma Elisabetta lo tranquillizzò:
-Non ti preoccupare ti aiuterò se ne avrai bisogno.
E così detto si allontanò e scomparve.

Alle ore undici ecco l’altra sorella… la scena si ripete per filo e per segno e anche Aurora assicura il suo aiuto.
A mezzanotte ecco che arriva Matilde che dopo aver fatto il bagno, fa la conoscenza di Giufà e lo rassicura.

L’indomani mattina Giufà va dal re e gli chiede di poter lavorare, questi gli consegna un sacchettino con dei semi e gli dice:
- Semina questi semi e questa sera portami dei bei pomodori già maturi!”

Il povero Giufà allibito andò nell’orto comincio a zappare, a seminare e abbivirari, ma voltandosi non vedeva spuntare nessuna piantina dal terreno… disperato si sedette a terra e si mise piangere. Ma ecco che arriva in suo soccorso l’Elisabetta che gli dà un sacchetto con altri semi e gli dice:
- Semina e dopo un po’ potrai raccogliere i pomodori.

Giufà incredulo eseguì le direttive della sua giovane amica… e seminava e subito voltandosi indietro vedeva la pianticella che veniva su e così verso sera raccolse i pomodori maturi da poter portare al re.

Il re appena vide Giufà con il panierino pieno di ortaggi maturi capì che qualcosa non era andato per il giusto verso e fece chiamare le sue figliole per sapere chi delle tre l’avesse aiutato, ma tutte e tre risposero in coro:
 - No..!!! io no.. papà !!

A Giufà gli fu dato il lavoro per l’indomani: seminare e raccogliere delle zucchine.
Anche quest’altro compito fu arduo per il giovane che ancora una volta disperato fu aiutato dalla seconda sorella, infatti Aurora si presentò nell’orto con un sacchetto contenenti dei semi… Giufà li seminò e subito venne su la tinnirumi e le zucchine che a sera portò dal re.
Si ripeté la storia del giorno prima:
- No…!!! io no…papà

Il re ordinò che l’indomani si doveva abbivirari l’orto, e per la precisione si doveva scavare una parete di granito, dietro la quale c’era acqua a sufficienza.
La mattina di buon’ora Giufà si mise a scavare con il piccone, ma a mezzogiorno aveva fatto un buco grosso quanto una noce.
La disperazione lo assalì, ma ecco arrivare in suo soccorso Matilde che gli disse:
- Giufà , se hai coraggio, con il piccone spaccami le spalle…

Il povero ragazzo dapprima tentennò, poi diede un colpo e ferì la povera Matilde, ma ecco che la parete di granito si aprì e Giufà poté irrigare il giardino.
Alla fine Matilde si ricompose:
- Non è successo niente…. Oh perbacco mi sono solo ferita al dito mignolo!!

La sera quando il re apprese che il lavoro era stato portato a termine si adirò e chiamò le sue figliole:
- Elisabetta sei stata tu ad aiutare Giufà ??

- No.. io no papà.

Fu il turno di Aurora:
- No.. io no papà.

E per ultimo ecco Matilde che si presentò con cappello e guanti:
- No io no papà.

- Perché sei così vestita?? - disse il padre.

- Sai questa sera devo andare ad una festa!

- Togliti subito i guanti.. - in tal modo il re scoprì la ferita al dito mignolo.
- Tu sei stata ad aiutarlo.

Per punizione li fece rinchiudere nella torre, passarono i giorni e Matilde chiese della lana per poter lavorare e far passare il tempo.
Con quella lana fece una lunga corda e riuscì a scappare assieme a Giufà.
- Senti – disse Matilde – vai nella stalla e prendi il cavallo che c’è a desta appena si entra, è il più veloce di tutti…. stai attento … non prendere quello che si trova a sinistra perché è il più lento….inoltre c’è un armadio con delle bottiglie di salsa, prendine alcune. Vai e mi raccomando, fai presto!!

Giufà di corsa si avviò verso la stalla e ritornò dopo aver fatto quanto gli era stato ordinato.
Appena lo vide ritornare Matilde esclamò:
- Giufà sei il solito pasticcione, hai preso il cavallo di sinistra, quello che corre più lento… comunque scappiamo prima che mio padre si accorge dell’accaduto.

I due si misero in groppa e scapparono… Il cavallo però trottava molto lentamente ed ecco che in lontananza già si vedeva arrivare il re sul cavallo veloce, quando la distanza si stava riducendo di molto, Matilde disse a Giufà di buttare una delle bottiglie di salsa ed ecco d’incanto comparve un vecchio con accanto un abbeveratoio.
Giunto il re chiese se avesse visto passare un uomo ed un donna su di un cavallo.

- Vuoi dell’acqua fresca … - disse il vecchio - guarda che bell’acqua corre da li cannola… bevila è un’acqua molto dissetante e pure diuretica.

Il re capì che stava perdendo tempo e si mise di nuovo all’inseguimento, quando la distanza dai fuggitivi si stava di nuovo riducendo… Giufà buttò un’altra bottiglia e questa volta comparve un ortolano con molti ortaggi disposti su di un carrettino, arrivato il re domandò.
- Buon’omo avete visto passare un uomo ed una donna su di un cavallo?

- Volete zucchine?… guardate che beddi citrola chi haiu… taliati chi beddi milinciani … chi beddi fasoli..

Il re spronò il suo cavallo e andò via.
Stava per raggiungerli… e Giufà al comando di Matilde buttò l’ultima bottiglia e comparve una montagna di sapone… nonostante tutti gli sforzi il cavallo del re non riuscì a superare quell’ostacolo ed i due fuggitivi si allontanarono sempre più.
Arrivarono al paese di Giufà, Matilde si sistemò in un albergo, mentre il ragazzo si avviò verso casa.

- Mi raccomando Giufà - disse la ragazza – non ti fare baciare da tua madre o da tua sorella…. perché il bacio di una donna ti farà scordare di me!!

Arrivato a casa il povero ragazzo fece di tutto per non farsi abbracciare e baciare dai suoi cari… poi stanco andò a letto e si addormentò profondamente.
La madre e la sorella approfittarono di questo momento di abbandono per baciarlo, al risveglio Giufà aveva dimenticato tutto quello che gli era accaduto e non si ricordava più di Matilde.

Passò del tempo e si diffuse la voce che in un albergo c’era una ragazza che intrattenendosi con i giovanotti del paese faceva loro degli scherzi e li faceva divertire, così una sera, Giufà assieme ad altri amici si recò in quello albergo e c’erano già dei giovanotti messi in coda che aspettavano di essere al cospetto di quella dolce donzella… A chi faceva svuotare un vaso da notte che subito si riempiva, a chi faceva spegnere un lume che subito dopo si accendeva…
Quando entrò Giufà, Matilde lo fece sedere e cominciò a dargli uno schiaffo
- Ti ricordi … quando sei venuto in cerca di fortuna - e di nuovo schiaffo – quando ci hai presi i vestiti - schiaffo – e quando io e le mie sorelle ti abbiamo aiutato… quando siamo fuggiti – e giù un altro schiaffo.

Il povero Giufà incassava e nel momento la sua memoria andava ritornando..

- E ti ho detto di non farti baciare…!!

- Matilde …sei tu …Matilde.
I due si abbracciarono, si baciarono e restarono felici e contenti ... e niatri scavusi senza nenti.
 

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era in www.belice.it

 

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