Giufà e la
sella del Sultano
Il principe Tamerlano, stufo di sentirsi dire dai cortigiani
che Giufà lo prendeva continuamente in giro, ordinò alle guardie di andarlo
a prendere per punirlo severamente.
Però Giufà, appena fu al cospetto del principe, cominciò a
riverirlo e ad incensirlo:
- Mia maestà quale onore nel ricevermi! Ti sono stato sempre
devoto e ho sempre voluto incontrarti per testimoniare la mia stima nei tuoi
confronti! Per farti comprendere quanto ti sia devoto, vorrei recitarti un
poema che ho scritto in tuo onore!
Tamerlano, colto di sorpresa, non seppe cosa dire e alla fine accettò
che Giufà recitasse il suo poema.
In effetti, Giufà non aveva preparato un
bel niente, ma fidandosi della sua abilità a poetare di getto, si buttò a
capofitto nella situazione e cominciò a lodare e imbrodare il sovrano.
- Sei fulgido come il sole di primavera, forte come 10 leoni della savana,
astuto come 100 volpi, coraggioso più di 1000 soldati - e via di seguito
per un bel po', tirando in ballo - il mare maestoso, il temperamento
indomito e un futuro di vita immortale.
Man mano che Giufà incensiva,
il sultano si inorgogliva sempre di più e rendeva la sua vanagloria sempre
più palese. Alla fine delle sviolinate, il sultano, beato di sentirsi tanto
lodato, volle regalare a Giufà, oltre ad una borsa di denari, una sella e le
redine per un asino.
Giufà ringraziò, glorificando ancora la sua generosità, e,
messosi sulla schiena la sella, uscì dal palazzo e si mise a correre per le
strade della città.
La gente guardava lo strano abbigliamento di Giufà e, conoscendo le sue
bizzarrie, si metteva a ridere. Poi qualcuno gli chiese:
- Giufà, perché sei così acconciato? Perchè porti addosso una sella?
Giufà sorridendo malizioso e indicando la sella d'asino che aveva sulle spalle, rispose:
- Sono stato dal sultano Tamerlano e gli ho
recitato una bellissima poesia che lui ha gradito molto. E' rimasto talmente
contento che mi ha voluto regalare uno dei suoi abiti più belli che indossa
quando amministra.
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