Gesualdo Bufalino

Morte di Giufà

Storie di Gíufà, ne so tante.
Di quella volta che vendette una pezza di tela d'Olanda a una statua... E quando sua madre, andando alla predica, gli disse di cuocere due fave, e lui la prese in parola e due veramente ne mise sul fuoco; poi, per sentirle di sale, se le mangiò... E quando una notte, mentre guardava il granaio dai ladri, li volse in fuga col parlare e rispondersi da solo, che pareva un esercito di carabinieri a cavallo...


Vi racconterò la sua morte...

Giufà strinse gli occhi, li chiuse. Avrebbe provato meno fame, così. Sapeva da un pezzo il segreto di addormentarla, la fame, sin da quando, ragazzo, aveva preso a sentirsela in corpo come una bestia intrusa, una volpicina che lo rosicasse da dentro ma che sarebbe bastato un fischio a stornare. Un fischio oppure una ninna nanna a se stesso:
Giulà, dormi. Giufà, fa' 'a vovo'. Stu figgbiu è beddu e dormiri vò... finché gli fosse cascato sul capo l'ingombro del sonno, una cappa di pece nera, sdrucita appena qua e là dagli abbagli d'una visione: ora d'una scodella di fave, ora d'un'acciuga salata, ora d'un fico d'india da cogliere al volo, scansando le spine, con una mano furba e callosa quanto una mano di vecchio...

Così per anni e anni, pascendosi d'aria. Ma ora è vecchio davvero, Giufà. Né c'è miraggio che valga a ingannare la volpe grigia che gli morsica la pancia...

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Leggi per intero in  L'uomo invaso
di Gesualdo Bufalino
Bompiani

 Milano 1996
 

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