I Mari d'Italia
Lo Stretto di Messina
Stretto
di Messina
Stretto di Messina
Stretto di Messina
Fretum Siculum è l'antico nome latino che indicava
quel tratto di mare che separa il Mar Jonio dal Mar Tirreno e la Sicilia dalla
penisola italiana.
La morfologia dell'area dello stretto vede un
progressivo restringimento a partire da Sud, fra Capo d'Armi in Calabria e Capo
Taormina in Sicilia dove la distanza supera i 14 Km, verso Torre Cavallo in
Calabria e Capo Peloro in Sicilia, dove la distanza è di poco superiore ai
3 Km (la minima distanza, 3.2 km, si trova sulla congiungente Ganzirri, in
Sicilia, e Punta Pezzo, in Calabria).
Le implicazioni idrodinamiche che
caratterizzano lo stretto riguardano, però, un'area più vasta che si estende
verso Capo Milazzo, le Eolie e Gioia Tauro.
Capo Peloro
Il
profilo batimetrico lungo le due sponde dello Stretto vede una pendenza più
dolce dalla parte della costa siciliana, anche se poi vengono raggiunte alte profondità
in modo rapido, e una pendenza più ripida lungo la costa calabrese specie
nella parte meridionale.
A settentrione, nei
pressi di Scilla, i fondali scendono rapidamente intorno ai 200 m, formando la
Valle di Scilla con sezione trasversale ad U e pareti ripide.
I fondali diventano meno ripidi man mano si estendono verso il
bacino di Palmi.
Andando nel Tirreno i fondali raggiungono i 1000 m verso Milazzo e oltre i 2000
dopo Stromboli.
Sulla congiungente Ganzirri - Punta Pezzo, la profondità massima, lungo un solco
longitudinale abbastanza tortuoso e profondo tra 80 e 120 m, raggiunge i 115 m.
Andando Verso sud la profondità aumenta rapidamente, tanto che lungo la
congiungente Messina-Reggio si scende intorno ai 500 m, in prossimità di Punta
Pellaro si toccano i 1200 m e lungo la congiungente Taormina-Capo d'Armi si
oltrepassano i 2000 m.
La parte Meridionale dello stretto si sviluppa lungo una depressione, detta
Valle di Messina, con sezione ad U inizialmente meno scoscesa di quella di
Scilla, ma che a profondità superiore ai 500 m, infossandosi ripidamente,
origina il Canyon di Messina che si estende fino alla piana batiale dello Jonio.
Stretto
di Messina
Stretto
di Messina
Scilla
Lo stretto di
Messina è caratterizzato da un notevole movimenti di correnti, dovuto alla
scambio di acqua tra Jonio e Tirreno e, a causa della sua conformazione, allo
scambio tra acque superficiali e acque profonde.
Le masse d'acqua in movimento superano i 700.000 metri cubi al secondo e possono
raggiungere una velocità di i 20 km/h, specie in prossimità della confluenza tra
Tirreno e Jonio.
Correnti nello Stretto di
Messina
Le correnti sono
dovute alle fasi lunari, ma il loro movimento è alquanto complesso, tanto che
capita che mentre a nord vi sia un flusso verso sud (corrente
scendente), nella parte meridionale comincia ad esserci un flusso
verso nord (corrente montante) A complicare le
cose si può verificare anche che superficialmente vi sia un flusso in una
direzione e nelle acque più profonde vi sia un flusso nella direzione contraria
o che ad una corrente scendente al largo si contrapponga una
corrente montante lungo la costa (tagli, scale di mare)
originando delle onde o ancora, specie in prossimità di promontori, vi sia una
corrente che porta verso riva e a fianco una corrente che porta verso il largo.
Un fenomeno idrodinamico particolare riguarda le correnti che si manifestano
scendendo verso il fondo o risalendo verso la superficie (garofoli,
bastardi, macchie d'olio) e che, in concomitanza di correnti
montanti, originano spesso dei gorghi, noti anche in antichità, nei pressi di
Scilla e Capo Peloro (le famose Scilla e Cariddi). Se la concomitanza è con la
corrente scendente al largo di San Raineri si forma un grosso gorgo garofolo.
La temperatura superficiale dell'acqua dello stretto è più bassa rispetto agli
altri mari (4-10° in meno) e la causa è dovuta proprio alla risalita delle acque
profonde. Grazie a questa risalita si verifica anche il fenomeno dello
spiaggiamento di specie batiali.
Dell'acqua che risale dallo Jonio, probabilmente solo la metà riesce a superare
la sella tra Scilla e Capo Peloro e una volta entrata nel Tirreno perde velocità
e, a causa di una salinità diversa, si mescola relativamente poco con le acque
superficiali e staziona nei pressi dello Stretto per rientrarvi dentro al
prossimo scambio, grazie anche a vortici stabili nell'area subito a nord.
Puddinga a Torre Faro e
Ganzirri
Tra Faro e
S.Agata, lungo la costa nord messinese, si verifica la formazione particolare di
una roccia agglomerata (puddinga) che va dalla linea di spiaggia fino a 1-2
metri di profondità, che va a creare un tipico biotopo protetto.
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