L’erosione dei fondali mette in luce, nel mare davanti alla torre di capo peloro, antiche
strutture portuali?
A meno di un anno dalla scoperta, a seguito dell’erosione della
spiaggia, dei bastioni sottostanti la torre di Capo Peloro, il mare riserva
altre meraviglie.
Vista
dall'alto della spiaggia di Capo Peloro - 2006
Meno di un anno fa, a seguito delle forti mareggiate l’erosione
costiera rivelò a capo peloro, la parte apicale dei bastioni di presumibile
origine cinquecentesca del basamento fortificato della torre di
Capo Peloro.
I fenomeni di erosione costiera che anche durante questa stagione invernale
hanno afflitto il litorale di Capo Peloro, hanno anche accentuato l’escavazione
subacquea, rimuovendo la coltre del fondale sabbioso e messo in
luce una serie di strutture ciclopiche e lastroni rotti in più pezzi la cui
origine fa nascere diverse ipotesi.
Sono di origine naturale o antropica.
Vista dall'alto
della spiaggia di Capo Peloro , 2006
Vista dall'alto
della spiaggia frontistante la Torre degli Inglesi - 2006
Negli
ultimi due anni è stata asportata per intero la spiaggia per una profondità stimata di circa un centinaio di
metri, come testimoniano le foto scattate dalla sommità del pilone nell’estate
del 2006.In particolare, nel tratto di litorale
frontistante la cosiddetta Torre degli
Inglesi, in realtà una torre di presidio dello stretto risalente, nel residuo
basamento interno, ai primi secoli avanti Cristo, il litorale sabbioso è stato
completamente eroso.
L’erosione del litorale sabbioso ha spazzato, già l’anno scorso, le concrezioni murarie più
recenti ed ha scoperto la parte sommitale di un bastione angolare per un’altezza
di un paio di metri.
La testimonianza della scoperta viene descritta lunedì 16 aprile
2012 a latere della notizia di tecnici ed esperti accorsi al capezzale di una
spiaggia scomparsa!
Ad oggi continuano incessanti, al pari della erosione costiera le
pressanti riunioni di esperti che tentano di lanciare proposte per la salvezza
del litorale e delle opere retrostanti. "Quando il dito indica la luna, qualcuno osserva il dito e non
vede la luna …" (W. Shakespeare)
Tornando
agli effetti collaterali dell’erosione
costiera di Capo Peloro.
Era fin troppo evidente, dalla geometria e dalle caratteristiche
del bastione in pietra messo in luce dall’azione dei flutti, che la sua altezza
fosse di gran lunga maggiore rispetto quella fuoriuscita dalle sabbie,
stimandosi uno sviluppo in profondità, di almeno altri 9–12 m.
Altezza che ne collocherebbe le fondamenta al di sotto di un paio
di metri rispetto all’attuale livello medio del mare in quell’area.
Cos’altro ci sarebbe stato svelato dal mare se l’erosione avesse
raggiunto la base del bastione? Fino ad oggi questo non è avvenuto, anzi, i forti maestrali di questo inverno hanno
in parte contribuito a ricolmare il bastione come si vede dagli esiti di una
mareggiata di gennaio. Il mare non ha, almeno in questo breve tratto, eroso
ulteriormente il litorale emerso, ma ha scavato molto al di sotto del pelo
dell’acqua dove ha completamente asportato la coltre sabbiosa, che in questo
tratto di mare caratterizzava il fondale prima delle barriere di posidonia
distanti qualche centinaio di metri più a largo, ben ancorate su un basamento
roccioso molto frammentato.
In tale fascia di fondale, più vicina ai basamenti ancora sepolti
della torre, l’escavazione sottomarina ha posto in luce affioramenti lapidei di
foggia particolare.
Si tratta di lastroni di alcune decine di metri di
larghezza, un paio di metri di spessore e circa quaranta metri di lunghezza che
a prima vista sembrano un normale fondale roccioso. Un fondale simile
a quello che caratterizza molti tratti di litorale dello stretto e denominati
scientificamente come beach rock. Un fondale cioè costituito da formazioni rocciose conglomeratiche
costituitesi in ambiente marino di battigia saturo di sali che hanno, nei
millenni, all’interno di una matrice sabbiosa, cementato ciottoli e ghiaie fino
a costituire un vero e proprio conglomerato. Insomma una roccia conglomeratica
simile a quella che si ritrova spesso in areali alluvionali fluviali o lacustri.
La prerogativa delle formazioni di beach rock e quella di avere
pochi metri di spessore al massimo ed una frequente frammentazione, soprattutto
se la formazione giace su depositi sabbiosi soggetti a fenomeni di sifonamento o
erosione costiera.
Sembrerebbe questo il contesto naturale nel quale le strane
strutture sottomarinesembrano apparire dal fondale di
Capo Peloro, circondate come sono, da continue correnti
secondarie della perenne rema muntanti e
scinnenti che lambisce Cariddi.
Tutto di origine naturale quindi.
Tutto così se non fosse per un
particolare, ben visibile dall’esterno delle acque ed ancor più chiaro e
documentabile dalle foto subacquee.
E’ evidente la presenza di
due lunghi bastioni in pietra posti a circa un metro
sotto il livello dell’acqua, che si sviluppano per qualche decina di metri e
conformati in prismi parallelepipedi fratturati in blocchi rettangolari. Tra i due bastioni è evidente una più
profonda insenatura larga
circa 5 metri e profonda altri 3 metri che separa le due strutture semiaffioranti.
A guardar bene le due banchine separate dal piccolo e più
profondo approdo sono collegate ad un pianoro roccioso che si protende fin al di
sotto della torre e che misura alcune decine di metri in lunghezza e larghezza.
Il tutto ad appena meno di un metro di fondale.
La strana conformazione rocciosa, completamente colonizzata dal
mare, solo da una visione di insieme contestualizzata appare come immagino:
un
piccolo approdo, costituito da due o più banchine ancora sepolte nel tratto
residuo di spiaggia che collega l’antico basamento della torre, al pianoro in
pietra sottomarino.
Tutt’attorno, sabbie, macchie di posidonie e, più al largo scogli
affioranti dal fondale.
L’ipotesi è certo suggestiva: un antico
approdo, forse di natura militare, a servizio della torre di segnalazione e
sorveglianza dello stretto.
Anche l’orientamento dell’approdo, al riparo del maestrale, vento
lì ancora dominante ma ancora al riparo dallo scirocco è, contemporaneamente,
protetto dagli effetti della perenne corrente di reflusso in direzione dello
stretto, se così fosse, appare verosimile. Un punto nauticamente e meteorogicamente strategico!!
Per poter attraccare, un’unità navale di piccole dimensioni, sia
a remi che a vela, non potrebbe che farlo solo in tale posizione, sottoflutto
rispetto la perdurante corrente di reflusso che in quel tratto si muove in quasi
perenne direzione NordOvest–SudEst.
Con un orientamento diverso nessuno scafo privo di motore potrebbe mai immaginare di
potersi riparare.
Parimenti la posizione è militarmente strategica.
Un natante lì ancorato che dovesse muoversi all’inseguimento di
un’unità navale nemica che attraversasse lo stretto, si troverebbe su un
trampolino di lancio che le consentirebbe, tolti gli ormeggi di inseguire
rapidamente qualsiasi altra nave in transito già in difficoltà di manovra perché
alle prese con la corrente montante o scendente che fosse.
Sull’origine antropica del manufatto sottomarino scoperto
dall’erosione non ho molti dubbi.Suggestiva e variegata è la cornice temporale nella quale si
collocherebbe l’antico approdo.
I segni morfologici del sito suggeriscono diverse ipotesi.
La struttura si trova ad appena un metro sotto l’attuale livello
delle acque. Dovrebbe essere sicuramente stata colpita da diversi terremoti e
maremoti che l’hanno fatta collassare pur mantenendone la geometria complessiva. Inoltre è stimabile un lieve abbassamento del livello del mare ed
un innalzamento della terraferma di circa un millimetro ad anno per ragioni di
tettonica areale.
Tali valutazioni collocherebbero le strutture in epoca tardo
romana. L’evento catastrofico che le fece collassare potrebbe essere
quello del 21 luglio del 365 d.C. Diverse sono le testimonianze storiche dell’evento. Tra queste
segnalo solo per brevità il seguente brano:
S. Hieronimi, Commentariorum in Esaiam libri I-IX "… In quel torno di tempo, in seguito ad un terremoto che si
verificò in tutto il mondo dopo la morte di Giuliano, i mari uscirono dai loro
confini e, come se di nuovo Dio minacciasse il diluvio o tutto ritornasse
all’antico caos, le navi furono riportate dalle onde in cima ai precipizi dei
monti e lì rimasero appese.”
L’evento si incardina temporalmente anche all’interno delle
informazioni emerse in recenti studi effettuati dall’INGV su mia indicazione
nell’area della Torre.
Insomma, ancora una volta, la memoria storica viene rinfrescata
da eventi imprevisti come una mareggiata d’inverno che distrugge ciò che di
recente l’uomo ha realizzato e, nel contempo, mette in luce tesori archeologici
nascosti di bellezza ancora più preziosa perchè hanno resistito nei secoli,
sepolti sotto le sabbie del tempo e del mare.