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L'artiglio d'acqua


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Colapesce sa bene che il mare che lui tanto ama nasconde insidie celate nel più profondo dei suoi abissi.

E’ il caso dei maremoti e Cola dalla sua postazione in fondo al mare nemmeno se ne accorge.
Quando le faglie in fondo al mare si squarciano e si spostano in su o in giù obbligano l’acqua circostante a riassestarsi nella nuova conformazione geometrica e si generano così una serie di onde di compressione che attraversando rapidamente la colonna d’acqua soprastante si diffondono risalendo la china delle dorsali sottomarine dello stretto.

Quando queste onde di pressione incontrano il brusco salto di livello che separa i fondali dalla piattaforma superficiale caratterizzata da bassi fondali riducono la loro velocità ma aumentano di altezza e dimensione trasformandosi in treni d’acqua che raggiungono immediatamente i litorali.

 

 

Qui agli occhi attoniti degli abitanti vengono percepite come un improvviso ritirasi del mare che lascia scoperti i fondali più prossimi alla battigia, seguiti dal riversarsi di tre o più ondate lunghe, cupe dal rumore sordo e dalla lunghezza interminabile che risalgono la battigia, sommergono la duna costiera, si infrangono sui moli (tsunami, termine che in lingua giapponese identifica il maremoto vuol dire appunto onda nel porto) e su tutto ciò che incontrano.

Quello che allora colpisce spietatamente le coste dello stretto è un artiglio che prima avvolge in una morsa d’acqua tutto ciò che incontra e che poi lo trascina silenziosamente ed irrimediabilmente nel seno del mare.

 


da Cartolina di Messina

E così che si presenterà un maremoto nello stretto ed oggi, più che in passato, non darà scampo. Nessun vivente ha visto ancora un maremoto sullo stretto.

Colapesce purtroppo non riesce ad evitare il propagarsi dei maremoti ma è comunque capace di far soffrire una sola volta per ogni generazione la pena di questo abbraccio mortale.

I maremoti nello stretto possono giungere a seguito di eventi sismici generati nell’egeo, nel basso jonio, dove la faglia ibleo maltese è sempre pronta a ricordare a Catania di non essere eterna, nello stretto stesso ed allora l’evento è ancora più rapido e devastante, nel basso tirreno prospiciente l’arco calabro e dai mari al largo delle eolie.

Ma i maremoti dello stretto colpiscono anche per cause diverse dai terremoti.

Questi eventi si generano infatti anche a seguito di frane sottomarine o a seguito di eventi vulcanici che riversano in mare grandi frane.

Questo è il caso di Stromboli che nel 2002 ha causato, con una grande frana della sciara del fuoco un maremoto i cui effetti sono stati risentiti fin a Tropea, Milazzo e Capo Peloro oltre che a devastare il litorale dell’isola dove le ondate hanno sfondato case, sollevato massi frangiflutti e distrutto tutto quel che hanno incontrato sul loro cammino.

Ma ancora, i maremoti nello stretto sono generati da frane dei ripidi costoni che caratterizzano le pendici dei peloritani e dell’aspromonte. Tali enormi volumi di terreno crollando in mare, per il principio di Archimede, spostano un volume d’acqua pari al volume immerso, generando cosi lo spostamento di enormi masse d’acqua che producono le onde di maremoto.

 

 

E questa una delle ipotesi esposte dagli studiosi per spiegare il maremoto che nel 1908 segui l’evento sismico che avrebbe causato una enorme frana sulle pendici calabresi o sulla costa jonica della sicilia

Diverse sono quindi le cause dei maremoti che colpiscono le sponde dello stretto: terremoti sottomarini, frane in mare, eventi vulcanici.

Tutti questi eventi investono i litorali dello stretto con ondate che in alcuni punti quali Briga marina nel 1908, hanno raggiunto i 9 metri di altezza.

Ma tutto il litorale siciliano e calabrese è a rischio maremoto e grande sarà il numero di vittime causate dal prossimo evento a causa dell’enorme pressione antropica che oggi interessa i litorali: complessi residenziali, porti, strade e ferrovie litoranee.

In un punto del litorale di Messina, dal 2007 è stata installata la prima stazione euromediterranea per l’acquisizione di segnali utili alla immediata segnalazione di un maremoto.

 

 

Mentre troppo poco è stato ancora fatto in termini di sistemi di allertamento rapido (Sirene, vie di fuga, piani di emergenza, norme comportamentali) della popolazione da parte delle diverse componenti nazionale, regionale, provinciale e comunale di protezione civile nonostante l’evento del 2002 avesse fatto scattare un primo campanello d’allarme.

 

Colapesce può solo limitare il numero di tali eventi ad uno per generazione ma non può evitarli.

I suoi effetti siamo invece noi a dover decidere se amplificarli o ridurli con una adeguata informazione innanzitutto, con efficaci comportamenti in caso di evento, con scelte urbanistiche oculate in via preventiva.

 

Leobrogno

 

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