"Questo mare è
pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni. Ululano ancora le Nereidi
obliate in questo mare, e in questo cielo spesso ondeggiano pensili le città
morte. Questo è un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le
latine; e qui si fondono formando nella serenità del mattino un immenso
bagno di purissimi metalli scintillanti nel liquefarsi, e qui si adagiano
rendendo, tra i vapori della sera, imagine di grandi porpore cangianti di
tutte le sfumature delle conchiglie.
È un luogo sacro questo.
Tra Scilla e Messina, in fondo al mare, sotto il cobalto azzurrissimo, sotto
i metalli scintillanti dell’aurora, sotto le porpore iridescenti
dell’occaso, è appiattata, dicono, la morte; non quella, per dir così, che
coglie dalle piante umane ora il fiore ora il frutto, lasciando i rami
liberi di fiorire ancora e di fruttare; ma quella che secca le piante
stesse; non quella che pota, ma quella che sradica; non quella che lascia
dietro sè lacrime, ma quella cui segue l’oblio.
Tale potenza nascosta donde s’irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato
qui tanta storia, tanta bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come
l’orma nel cielo, come l’eco nel mare. Qui dove è quasi distrutta la storia,
resta la poesia".