Alicia
mirabilis, regina della notte
Ci sono cose sott’acqua
che puoi vedere solo di notte.
Lo capii a soli 13 anni, quando feci la mia prima immersione notturna. Un caro
amico di famiglia, appassionato di pesca subacquea, mi prestò una muta nella
quale entravo un paio di volte e un fuciletto a molla (il minisaetta della
cressi-sub); maschera e pinne erano le mie.
Mi portarono a vedere un classico
ambiente di roccia, sabbia e polifonia, al confine meridionale dello Stretto di
Messina. Avevo una zavorra di circa tre chili e una torcia ridicola, ma una
barca appoggio eccezionale: il gozzo di un pescatore con tanto di lampara, che
illuminava a giorno il fondale sotto di noi fino a sei-sette metri di
profondità.
Il barcaiolo remava ed io e l’amico di papà nuotavamo ai due lati
dell’imbarcazione, alla ricerca di qualche preda da infilzare. Era il luglio del
1978 e non dimenticherò mai quel giorno, anche se con difficoltà riuscivo a fare
delle apnee per la poca zavorra indossata e la muta a circolazione d’acqua
fredda...
Da
allora la notte è sempre stata un momento magico per le mie immersioni.
E
tra tutti gli incontri esclusivi del regno delle tenebre, quello con l’Alicia
mirabilis è sicuramente uno dei più intensi ed emozionanti, ancora oggi.
Con una bella immagine di questa rara attinia vinsi nel 1992 il mio primo
concorso fotografico nazionale. Ma l’amore per il raro celenterato era nato già
da un po’…
La si potrebbe definire “regina della notte” per le sue abitudini
esclusivamente legate al buio.
Di giorno contratta ed insignificante, simile
nella forma ad una pigna schiacciata e totalmente inattiva, si trasforma di
notte, espandendo il suo corpo cilindrico e gelatinoso, gonfiandosi d’acqua ed
ingrandendosi 10 o 20 volte rispetto alle sue dimensioni a riposo.
Dall’estremità apicale del fusto si dipartono una serie di lunghi e sottilissimi
tentacoli superurticanti, che col buio si scatenano fluttuando in corrente per
la cattura del cibo.
Osservare
una di queste attinie con i tentacoli mossi dal moto della corrente è uno
spettacolo che solo pochi subacquei, molto fortunati, hanno la possibilità di
osservare.
La delicatezza di forme e colori è unica tra tutti gli antozoi; il corpo si
presenta striato e cosparso di ghiandole scure, solitamente brune, ma anche
arancioni, bianche e persino nere. La base presenta un disco pedale, tipico di
ogni attinia, che in questo caso viene utilizzato più spesso per gli
spostamenti, piuttosto frequenti per un animale abitualmente sedentario.
La scelta del luogo sul quale stabilizzarsi dipende da molti fattori, anche se
il più importante rimane quello della cattura del cibo.
L'attinia
tenta sempre di raggiungere la posizione più elevata possibile rispetto al
fondo, sfruttando per questo qualsiasi cosa gli capiti a tiro: una roccia, una
gorgonia, il tubo di uno spirografo, un’alga o un foglia di posidonia; tutto
funziona purché la postazione sia il più possibile
sopraelevata rispetto al fondale.
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Mi è capitato di incontrare l’attinia con la base aderente al galleggiante di una
rete abbandonata o a una bottiglia giacente sul fondo o anche, per caso, alla
conchiglia di uno sventurato paguro o sul carapace di un granchio, anche se in
questi casi ci si trova di fronte ad eccezioni, visto che l’Alicia mirabilis
non necessita in genere degli spostamenti che compiono gli invertebrati che
la ospitano.
Le dimensioni dell’animale variano secondo i casi, con esemplari che arrivano a
40-50 cm di altezza (adulti) tentacoli esclusi; questi ultimi possono superare
anche il metro di lunghezza. Potentissimi e sottilissimi, i tentacoli formano
una maglia mortale per tutte le piccole creature in balia delle correnti.
Sott’acqua, illuminando con una fonte di luce artificiale l’Alicia mirabilis,
si può assistere a molte incredibili scene, prima tra tutte proprio la
predazione.
Ciò grazie al potere che ha la luce di attirare piccoli crostacei o vermi,
vaganti nel buio.
Questi minuscoli animaletti del plancton restano fulminati dai
tentacoli dell’attinia, sotto i nostri occhi increduli che possono così
assistere a tutte le fasi della cattura del cibo. Al minimo impatto i tentacoli
si contraggono istantaneamente e si arricciano, convogliando verso la bocca
l’animale catturato.
Relativamente alla sua presenza in Mediterraneo, questa è stata segnalata
inizialmente nel Golfo di Napoli e nel Golfo di Marsiglia (negli anni 50), e la
sua diffusione è oggi nota anche a Gibilterra; meno nota è invece la sua
massiccia presenza sui fondali dello Stretto di Messina, dove ho contribuito più
volte a segnalare la sua ampia diffusione su ogni tipo di ambiente; occasionali
e sporadiche le segnalazioni in altri luoghi.
In quanto ad habitat, predilige fondali detritici subito profondi con
correnti sostenute, ma non disdegna gli ambienti sabbiosi e neanche quelli
rocciosi. La profondità abituale dove trovare l’Alicia è compresa tra pochi
metri fino a 50-60, ma ancora oggi della sua biologia si conosce ben poco.
Le
osservazioni dirette che ho ripetuto negli anni, in natura, nelle acque dello
Stretto di Messina, mi hanno consentito di conoscerne solo qualcosa di questo
raro celenterato.
Ad esempio ho notato che spesso più in profondità è facile trovare esemplari di
dimensioni maggiori. Come ho notato differenze di colore legate a chissà che. La
cosa più bella che mi è capitato di osservare è stata la presenza di più attinie
a condividere lo stesso substrato, arrivando a osservare e fotografare fino a
quattro esemplari tutti insieme, uno accanto all’altro.
Ricordo ancora il periodo
in cui fotografai quello che avevo chiamato il “poker” di Alicia mirabilis,
nel mare di Reggio Calabria.
Condivisi l’esperienza con alcuni amici e anche loro conservano oggi il ricordo
su pellicola di quanto gli mostrai in quelle straordinarie immersioni notturne,
dove il relitto di una rete abbandonata offriva, con i suoi galleggianti ormai
incrostati e protesi verso l’alto, il substrato ideale alle quattro meravigliose
attinie, soggetto di alcune delle foto più rare che ho mai realizzato.
Oggi in archivio conservo più di un migliaio di scatti di questa rara creatura,
e ad ognuno di essi è legata una storia, il ricordo di una notturna, di una
scena, di un’esperienza di vita nel magico mondo sommerso dello stretto. |