Le bavose,
pesci con le corna
Simpaticissimi! Non saprei
come meglio definire questi piccoli pesciolini comunemente noti come bavose e
detti scientificamente blennidi.
Molto apprezzati dai fotografi subacquei proprio per il loro modo di mettersi in
posa, per nulla intimoriti e spesso così curiosi da guardarti persino negli
occhi quando sconfini nel loro mondo, i blennidi si lasciano avvicinare quasi
sempre con una certa facilità.
Mentre impazzisci a mettere a fuoco la testolina “cornuta” (e si, questi pesci
sono dotati di tentacoli sopra gli occhi, simili a corna), avendo cura di non
perdere la nitidezza e la brillantezza di uno sguardo animale che, da solo, ti
riempie l’immagine, la bavosa si pavoneggia roteando gli occhi e guardandosi
intorno come stupita.
Ancora una volta la fotografia naturalistica, anche sott’acqua, viene in aiuto
nello studio del mondo animale. E i fotografi mossi da questa passione usano la
fotocamera per conoscere, oltre cha per costruire immagini significative e dense
di significato.
I blennidi, ai quali ho
dedicato negli anni molte delle ore passate sott’acqua, sono piccoli pesci
bentonici, che vivono nella zona intertidale e litorale.
Se ne conoscono più di 650 specie distribuite in tutto il mondo e una ventina di
queste sono presenti nel Mar Mediterraneo.
Il fotosub apprezza solitamente i blennidi della fascia tropicale del pianeta,
per una serie di motivi che possono essere brevemente riassunti nel colore,
ovviamente più vario e sgargiante, e nel fatto che solitamente anche l’ambente
di vita scelto dal pesciolino è particolarmente bello e interessante.
I blennidi del Mediterraneo, ai quali in queste righe rivolgeremo invece la
nostra attenzione di subacquei motivati, sono caratterizzati da livree forse
meno esaltanti cromaticamente, ma a mio avviso sempre molto eleganti.
Inoltre vivono sovente in ambienti poco frequentati dai subacquei, vuoi per la
scarsa profondità, vuoi per il contesto generale in cui reperirli (un fondale di
sabbia o detrito è infatti solitamente trascurato dai più), apparentemente
monotono.
Conobbi le bavose da
ragazzino, quando mio padre mi insegnò a pescare con la canna dalla riva.
La
prima volta che tirai su una bavosa all’amo, mi resi conto del suo curioso
aspetto, del formidabile contorsionismo, conobbi la viscida pelle (protetta da
una mucosa) e, soprattutto, mi resi conto delle possenti mascelle quando, nel
toglierla dall’amo, si girò per mordermi con tutta la sua forza.
Non
dimenticherò mai la bocca della bavosa sul mio dito!
Abbandonai la canna da pesca ed entrai subito a contatto diretto con il
fantastico mondo sommerso, per scoprire qualcosa di più. E già in un palmo d’acqua ecco le prime bavose, abbondantissime e frenetiche.
All’inizio conobbi una specie
nota come bavosa sanguigna, di dimensioni medie se confrontata con le cugine di
famiglia. All’epoca non sapevo cosa potesse significare fotografare sott’acqua e
non immaginavo quanto sarebbe stato difficile riprendere in quelle condizioni un
pesce estremamente guizzante tra le pietre del fondo in venti o cinquanta
centimetri d’acqua.
Forse la bavosa sanguigna è uno dei pochi pesci di cui ancora oggi possiedo
pochissime immagini, nonostante sia una delle più comuni. Questa bavosa
difficilmente usa anfratti del fondo per ritirarsi, come fanno le altre bavose
quando si lasciano fotografare, ed essendo in perenne movimento sotto l’effetto
delle onde che si frangono, diventano pesci molto difficili da immortalare.
Particolarmente territoriali, sono molto interessanti da osservare facendo
snorkeling con mare calmo.
La luce abbondante che penetra sotto la superficie rende invitante l’ambiente
sommerso dei primi metri e proprio qui le bavose sono tra i pesci più diffusi e
facili da incontrare.
Una delle curiosità di questi pesci sta nel fatto che alcuni di essi si
incontrano anche nelle pozze di marea e persino sugli scogli emersi. Vi sono
infatti alcune specie capaci di restare persino fuor d’acqua per brevi periodi.
Proviamo a fare l’appello
delle diverse bavose presenti nel nostro mare, per conoscere un po’ più da
vicino ogni singolo rappresentante di questa famiglia e capire qualcosina di più
sulla loro biologia.
La più grandi sono la bavosa ruggine (Parablennius
gattorugine) e la bavosa occhiuta (Blennius
ocellaris), che raggiungo rispettivamente 30 e 20 cm di lunghezza.
La
bavosa ruggine
ama gli ambienti di scogliera
poco profondi, ma non disdegna fondi detritici e praterie di posidonia.
La bavosa occhiuta
ama invece i fondi mobili di
sabbia e fango e vive abitualmente tra i 30 e i 300 metri di profondità.
Tra le grandi della famiglia
c’è anche la bavosa sanguigna (Parablennius
sanguinolentus), che arriva anch’essa a venti centimetri e, come abbiamo già
detto, ama i bassifondi rocciosi.
Fino a 19 cm di lunghezza si
spinge inoltre la bavosa atlantica (Blennius
polis), amante delle acque poco profonde e presente negli stessi ambienti
dove si trova solitamente la bavosa sanguigna.
La bavosa basilico (Salaria basilisca),
tipica degli ambienti costieri dove abbondano le alghe, raggiunge al massimo i
18 cm, mentre 15 cm sono il limite della bavosa cornuta
(Parablennius tentacularis), amante dei fondi sabbiosi e melmosi tra la
superficie e i 30 m.
Poco sotto la superficie vive
poi la bavosa capone
(Paralipophrys
trigloides), di solito in ambienti di scogliera, blennide che non supera i
12 cm.
E tra i blennidi che non
superano i dieci-dodici centimetri, si annoverano ancora la
bavosa pavone (Salaria pavo), le cui
dimensioni raggiungono al massimo gli 11 cm, la bavosa
galletto (Coryphoblennius galerita), frequente nella fascia di
marea e nelle pozze, specie vicino ai balani, e la
bavosa crestata (Blennius cristatus), amante delle acque calde
dei bassi fondali in genere.
Nel regno delle bavose più
piccole abbiamo ancora diverse specie. Fino a un paio di metri di profondità
vive la bavosa dalmatina
(Lipophrys
dalmatinus), che non supera i 4 cm di lunghezza; stessa dimensione massima
per la bavosa adriatica (Lipophrys
adriaticus), tipica di acque molto basse e illuminate, dove vie in ambienti
rocciosi popolati da balani.
Sette centimetri per la bavosa sfinge
(Aidablennius sphynx), la
bavosa gote gialle (Lipophrys canevae) e la
bavosa cervina (Parablennius
zvonimiri)
Bavosa gote gialle
Anche la
e la
bavosa bianca (Parablennius rouxi)
è di modeste dimensioni.
La più piccolina delle bavose
è infine la bavosa rossa
(Lipophrys
nigriceps), amante delle grotte poco profonde dove trova spesso rifugio in
cavità più o meno circolari, tra le spugne o sulla roccia, di un centimetro
scarso di diametro.
Restano infine un paio di rare
bavose, presenti lungo le coste africane del Mediterraneo e un paio di specie
meno note che vivono in acqua dolce.
Una caratteristica comune a
tutte le bavose è la mucosa che ricopre la pelle, che in questi pesci è priva di
squame.
La parola greca blennos, da cui bavosa, significa infatti “viscoso”. Ed è
appunto la viscosità che consente ad una di queste bavose, la bavosa galletto,
di restare all’asciutto sugli scogli durante la notte, bagnata solo
dall’andirivieni delle onde.
Il muco non permette infatti alla pelle del pesce di essiccarsi, garantendo
un’idratazione ottimale che, insieme all’umido della notte, consente una
prolungata permanenza fuori dall’acqua.
Altra peculiarità che contraddistingue questi pesci è la livrea, decisamente
mimetica e particolarmente sobria.
Tutte le bavose hanno un’unica pinna dorsale, molto lunga ed estesa fino alla
coda. Le pinne pettorali sono sempre molto ampie, a ventaglio, mentre le sottili
pinne ventrali sono utilizzate come due piccole “gambe”.
Con queste ultime le bavose sembra che zampettino sul fondo, spostandosi a
scatti con movimenti più simili a quelli di un “serpentello” che di un pesce
vero e proprio.
I blennidi non sono abili
nuotatori e mantengono uno stretto rapporto col fondo; sono tra l’altro pesci
privi di vescica natatoria. Riescono tuttavia ad essere rapidi negli spostamenti
e a muoversi con grazia ed eleganza, quasi in “punta di pinne”, a volte piegando
il corpo, molto allungato, a formare una sorta di ferro di cavallo, con la coda
portata verso la bocca.
Le estremità delle pinne pettorali e anali sono inoltre dotate di piccoli
uncini, utili strumenti per ancorarsi al fondo e non essere così trascinate via
dalle onde.
Dotate di uno spiccato senso dell’orientamento, sono in grado di ritrovare la
propria tana da notevole distanza. La loro spiccata territorialità, la loro
aggressività, la grande curiosità e il loro strano modo di “essere pesci” rende
le bavose molto divertenti da osservare in natura.
Onnivore od erbivore secondo i casi, la maggior parte utilizzano buchi o cavità
nelle rocce come nidi e tutti presentano cure parentali maschili delle uova.
Le bavose...
Una coppia di bavose occhiute e il
loro nido d’amore.
Il maschio protegge la femmina facendo da scudo con il suo corpo.
Le uova sono deposte all’interno della bottiglia…
Anche una
vecchia lattina arrugginita può servire come casa alla bavosa occhiuta,
il cui colore degli occhi richiama proprio quello della ruggine all’interno
della lattina stessa.
Una
situazione insolita vede questa coppia di bavose occhiute all’interno
della conchiglia vuota di una pinna rudis.
Il rifugio è stato scelto accuratamente per la deposizione delle uova,
protette tenacemente dal maschio.
Una bavosa cornuta
Una bavosella bianca sorpresa
nella sua tana...
L’aggressività
della bavosa occhiuta è molto spiccata:
l’intruso viene scacciato a morsi violenti nuotando a mezz’acqua e
sferrando
attacchi a gran velocità |