La cernia
col pigiama
La
prima specie di cernia che conobbi quando iniziai a frequentare il mare
sott’acqua fu la cernia dorata (Epinephelus
costae), una cernia longilinea, curiosa, un tempo diffusissima
lungo i litorali dell’Italia meridionale ed oggi ancora presente in numero
discreto lungo le nostre coste.
Me ne innamorai subito.
Fu un colpo di fulmine.
La sua curiosità nei confronti dell’uomo immerso mi consentì di conoscere presto
e bene le sue abitudini e di stargli accanto in diverse occasioni, per lunghi,
lunghissimi minuti.
Ebbi modo di studiare le sue mosse e i suoi atteggiamenti sin dai tempi in cui
vivevo il mare in apnea: la cernia col pigiama,
da me così battezzata per via delle striature longitudinali lungo i fianchi
presenti negli esemplari giovani che le conferiscono l’aspetto di un pesce con
il pigiama a strisce, diventò presto compagna fedele di molte immersioni e una
costante in moltissimi ambienti e quinte sommerse del Mediterraneo dello
Stretto.
Protagonista di molte mie
immagini e uno dei miei soggetti preferiti, lo smirto o
tenca, secondo i dialetti, è sempre stata tra i miei pensieri di
subacqueo appassionato di Mediterraneo tanto che ricordo perfettamente, quando
ancora ero un fotosub novello, la copertina di un vecchio numero della rivista
Oasis con una foto di Stefano
Navarrini, dove la cernia dorata era ritratta accanto a una parete con
astroides arancioni, ambientazione che rendeva la
foto unica nel suo genere e fortemente “mediterranea”.
Cernia
dorata, quindi, come emblema prepotente di Mediterraneo, simbolo di quel mare
che tanto amavo e che amo ancora, ogni giorno di più.
Durante la mia lunga esperienza di apneista ho trovato spesso questi pesci,
divertendomi sempre moltissimo.
Dalla superficie vedevo le inconfondibili sagome delle cernie color senape, le
puntavo dall’alto mentre loro puntavano me dal basso, soffermandosi
nell’abituale posizione a candela, e andavo loro incontro, verso il fondo, dopo
una silenziosa capovolta che mi dava la spinta per l’accesso al mondo sommerso;
quel mondo ove restavo finché la capacità di trattenere il fiato permetteva.
Man mano che la spinta delle pinne mi portava verso il fondo le cernie dorate,
inizialmente curiose, assumevano un atteggiamento dapprima guardingo, poi
nervoso.
A brevi distanze intraprendevano una breve fuga, che a volte finiva qualche
metro più in là, dove la cernia si rigirava per osservarmi, o a volte finiva in
qualche facile cavità, nella quale non era difficile affacciarsi e trovare il
pesce, vista la sua scarsa propensione ad intanarsi.
Nell’oscurità dell’antro, senza servirsi di luce artificiale, risalta l’azzurro
intenso del suo occhio, l’occhio di una cernia ingenua, bella, lo sguardo
intenso di un pesce intelligente che ti osserva dal suo mondo.
Ancora oggi la cernia
dorata si comporta più o meno in modo analogo.
Se mi tuffo in apnea fa le stesse cose di tanti anni fa, se ho in spalla
l’autorespiratore non teme le bolle e si tiene solo a debita distanza.
L’amore smisurato per il mare e, in particolare, per alcuni pesci, mi ha portato
a un’analisi attenta del corpo di alcune specie di pesci, forse un po’ come
qualche artista in passato fece studiando il corpo umano.
Il corpo della cernia dorata è tra quelli che più mi affascinano, per la
perfezione delle forme, per l’eleganza, per i colori della livrea mutanti con
l’età o ancora in base allo stato d’animo o all’ora del giorno.
Se provate ad osservare una cernia dorata dormire sul fondo durante la notte
vedrete sui suoi fianchi delle larghe bande verticali che, come fasce, avvolgono
il pesce dal dorso al ventre; di giorno invece solo strie orizzontali, sempre
meno evidenti con l’avanzare dell’età.
Superati un paio di chili
di stazza, viene alla luce la macchia dorata ovoidale presente subito dietro
l’opercolo, carattere distintivo che ha dato il nome alla specie.
Ho visto cernie dorate molto grandi nelle profondità mediterranee dello Stretto
di Messina, con macchie dorate ben impresse e mandibola particolarmente
prominente. Si, la bocca è un altro punto a favore di un profilo slanciato,
visto che il labbro inferiore è proteso in avanti come e più che in altre
cernie.
La cernia dorata nuota lenta davanti agli occhi del subacqueo accorto, sensibile
e stupefatto, sempre attento a ciò che osserva come fosse la prima volta, sempre
acuto nell’interpretazione della diversità della natura.
Sono ammirato quando mi muovo sott’acqua e mi sposto con la massima cautela per
non modificare la lentezza e la naturalezza di quel nuoto fatto di spostamenti
ondulatori, coadiuvati quasi solo dalla grande coda; e pause durante le quali le
pettorali, come in ogni cernia degna di questo nome, si muovono avanti e
indietro alternate, per tenere il pesce fermo, come sospeso nel vuoto, in
perfetto equilibrio, pronto però in ogni istante a battere in ritirata.
“Cara
vecchia cernia, timida e sorniona”, come avevo scritto in un vecchio
articolo e come ripeto adesso adeguando queste parole alla cernia dorata, “quante
avventure mi hai regalato e quante emozioni mi hai scatenato…”
Non mi inoltro nei meandri di una accurata descrizione della biologia di questa
specie per non cambiare lo spirito di queste righe, ma mi soffermo ancora sul
lato più romantico dell’incontro col pesce, dell’approccio diurno e notturno,
così diverso e coinvolgente in ogni caso.
Di giorno gli esemplari giovani li trovi ai margini delle scogliere con la
sabbia, tra i dieci e i trenta metri di profondità, spesso in gruppi di una
manciata di individui; sembra quasi di incontrare una famiglia dove ogni pesce
ha il suo appartamento personale, fatto di tane facili dove ritirarsi solo in
caso di pericolo.
Se
ci si immerge soli e ci si ferma in un punto del fondo, in prossimità del luogo
da loro scelto, dopo un po’ vedi le cernie che perdono l’iniziale diffidenza e
si avvicinano, prima una, poi due.
Si soffermano a guardarti, dalla distanza opportuna ovviamente, ma abbastanza
vicine per gustare il loro atteggiamento e i loro movimenti, sempre dettati da
un indole fortemente curiosa.
Col passare dei minuti la confidenza del pesce con l’uomo immerso aumenta: le
cose si fanno interessanti e si può tentare di scattare persino qualche foto.
In estate a volte mi immergo sul versante Jonico dello
Stretto dove trovo con certezza gli esemplari giovanissimi, non più
lunghi di sei – otto centimetri.
Con un ottica macro e una grande dose di pazienza, giocando a nascondino tra le
pietre e sfruttando attimi fuggenti, si riesce a immortalare lo splendore di una
cernia che, in questa fase, è rosa e bianca con strie marroni molto scure. Il
tutto in un paio di metri d’acqua, in pieno luce diurna, ben zavorrati e con un
perfetto controllo della galleggiabilità.
Nei piccoli la dimensione
dell’occhio, fortemente brillante e sempre azzurro, è sproporzionatamente grande
rispetto alle dimensioni del corpo, e ciò fa risaltare l’essere cernia.
L’occhio è infatti un’altra importante nota distintiva dei serranidi in genere.
Lo si potrebbe definire “occhio languido” per via
della forma della pupilla, a mò di goccia dagli spigoli arrotondati.
Di
notte hai invece la possibilità di vedere i pesci molto da vicino, pochi
centimetri, sfruttando incredibili occasioni per realizzare foto uniche,
testimonianza di momenti di vita nel mare davvero carichi di intensità.
Paralizzate dal fascio dell’illuminatore, le cernie dorate reagiscono
diversamente da esemplare a esemplare, rimanendo ferme qualche manciata di
secondi, sufficienti per apprezzare ciò che di giorno è impossibile vedere: i
dettagli.
La carrellata di immagini che propongo confermano la mia dedizione verso questa
specie e l’amore smisurato per il suo modo di essere, socievole, simpatico, a
volte tipico di un pesce intelligente e furbo nello stesso tempo, a volte tipico
di un pesce timido e piuttosto ingenuo.
Sarà, ma ho sempre l’impressione che i pesci abbiano un loro carattere spiccato
e, anche nel contesto di una stessa specie, si possono percepire atteggiamenti
diversi.
Ma per capire anche solo qualcosa sono molte le ore da passare sott’acqua e
tanti i pesci che devi osservare.
Magari restando a lungo fermo sul fondo.
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