Un corpo morto, una cima e una boa galleggiante: questo l'elemento umano
inserito in natura in uno dei tratti di costa al confine meridionale dello
Stretto di Messina,
sul versante calabro.
Come
sovente accade lungo i litorali privi di porti turistici, l'uomo si arrabatta
come può usando questo collaudato sistema per l'ormeggio di imbarcazioni da
diporto.
Ma la Natura è sempre vincente e anche un golfo costellato da gavitelli colorati
e imbarcazioni ormeggiate, per quanto romantico a vedersi in superficie con le
barche a riposo, sott'acqua si trasforma in una bruttura fatta di cime che
scendono verso il fondo, congiunte a corpi morti in cemento attraverso alcuni
metri di catena.
L'ambiente diventa anomalo, ci si muove tra relitti di corda, ma su un fondale
sabbioso il substrato adatto all'insediamento della vita diventa estremamente
importante e prezioso per moltissime specie di invertebrati.
Da qui l'importanza che va ad assumere una corda in tale contesto, notevole
substrato disposto verticalmente dalla superficie verso il fondo, ben esposto
alle correnti da ogni lato e quindi quanto di meglio la fauna sessile possa
desiderare.
Ma quale subacqueo amante della natura sommersa si sognerebbe mai di immergersi
intanto su un monotono fondale sabbioso e poi, tra l'altro, in un ambiente
costellato da una serie di fastidiose cime dove l'acqua, sovente, è persino
torbida e animata da turbolenti e pericolose correnti?
Un
caro amico, amante come me di questi "insignificanti" fondali, mi odierà per
aver scelto di scrivere queste righe, svelando i segreti di questo interessante
sito sommerso, ma non credo che ci sia da preoccuparsi riguardo il numero di
subacquei che potrebbero frequentare questo luogo senza la giusta guida
Chi si immerge in questo mare spesso non comprende e non
torna sul luogo una seconda volta, ed eventuali danni all'ambiente (qualora ci
si ponga il problema) non sono da imputare a quei pochissimi subacquei inesperti
e di passaggio, ma piuttosto a chi utilizza attrezzatura da pesca, tra le altre
cose non consentite, dalla superficie; senza lasciar tregua o riposo a quel
minimo di fauna e flora che ancora sopravvivono.
Fatta questa premessa, passo a narrarvi quale straordinaria esperienza si può
vivere entrando, come Alice nel paese delle meraviglie, in quel microcosmo
incredibilmente sviluppatosi sulle cime, osservando da vicino la quantità e la
diversità di specie che, strette e comode, si accavallano in competizione
continua per guadagnarsi un angolino dove impostare l'intera vita, proprio su un
centimetro quadrato di cordame...
Protagonisti
indiscussi della vita sulle cime sono
spirografi
e
alghe brune,
presenti quasi su ogni cima ma non in tutte (anche loro hanno delle preferenze).
Tra gli spirografi si spostano rapidamente altri tipi di vermi, che hanno il
vantaggio di non essere ancorati al substrato: mi riferisco agli splendidi e
urticanti
vermocani,
a volte soli e a volte raccolti in squadre, come avvoltoi in cerca di carogne.
Piccoli
tunicati
di specie diverse occupano nicchie diverse, aumentando di numero laddove
diminuiscono gli spirografi.
I lunghi tubi degli spirografi diventano a loro volta superficie ideale ad
essere sfruttata da altri piccoli animali del mare e non è raro osservare
piccole
ascidie
o
nudibranchi
in transito tra gli affusolati tubi chitinosi che, nel loro insieme, formano un
vero e proprio habitat con validi rifugi. Su alcune cime, le più ricche, gli
spirografi hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli, e il loro intreccio si
sviluppa dal fondo verso la superficie quasi a spirale, tanto da far sembrare la
cima un ceppo fiorito di interminabile lunghezza.
Immergendosi
da terra, si supera appena quel tratto litoraneo di sabbia su cui poggiano gli
scogli artificiali così cari agli umani per tutelare le loro casette abusive
sparse lungo costa e sempre condonate, e ci si affaccia al salto nel blu tipico
dello Stretto di Messina: in ogni dove, il canale tra Calabria e Sicilia
presenta subito un rapido dislivello nell'immediato sottocosta, punto di
partenza di ogni subacqueo locale capace di affrontare un fondo sabbioso lambito
da forti correnti e acqua fredda.
La corrente non perdona dove non ci sono rocce di protezione per i nostri
percorsi nel blu: il deserto è ovunque, anche se qui le cime potrebbero venirci
in soccorso se saremo abili nel fronteggiare le correnti impreviste e
imprevedibili.
Poco possono i calcoli teorici in queste acque dove comanda Nettuno e dove non è
prevedibile l'ora stanca ma ci si muove solo in base all'esperienza pratica.
Lasciandosi andare verso i quindici o venti metri di profondità, si iniziano
subito a vedere le silhouette dei corpi morti e le cime che svettano verso
l'alto.
Solo accorciando le distanze e con l'ausilio di una luce artificiale potremo
scoprire i segreti di queste "cime rigogliose", vive come di rado accade di
vedere (solo i tralicci delle piattaforme in alto mare sono più ricchi di
biodiversità).
Intorno ai trentacinque metri di profondità si trovano le due cime più belle e
imponenti, le più ricche di vita, meta di frenetici e buffi sciami di piccoli
pesci trombetta
che nuotano tra una cime e l'altra come facessero slalom. L'argenteo insieme di
pesciolini distoglie l'attenzione dalle corde alte e imponenti, che diventano in
questo caso le suggestive quinte che stravolgono l'atmosfera piatta del fondo
sabbioso; ma poi inevitabilmente si torna a concentrare l'attenzione sul piccolo
mondo del traliccio di corda: quante cose, quanti colori, una vera confusione,
difficile da fotografare per rendere bene l'idea.
Piccoli
scorfanetti
usano gli interstizi al confine tra i diversi individui di tunicati per restare
immobili e ben protetti; curiosi sciarrani girano sempre nei paraggi e qualche
bavosella bianca si guarda intorno sempre vigile.
Che spettacolo scrutare e imparare, cercando di fotografare qualcosa.
I corpi morti sono colonizzati anche da
spugne
a guisa di lamine sottili e qui
ricci
e
stelle
sono di casa con assiduità; tra i
tunicati
spiccano grandi
pigne di mare
e i sottili aculei dei
ricci diadema
che le circondano lasciano intravedere le loro sfumature blu e viola.
Un corpo morto diventa oasi di vita sulla sabbia e base di partenza per la cima
che inizia la sua risalita.
Alcune corde giacciono sul fondo e creano ancora ecosistemi in miniatura: la
varietà di situazioni che si presentano è grande e anche la stessa sabbia si
popola grazie alla presenza di grandi superfici colonizzabili, sul fondo per
mano dell'uomo.
Grande la natura!
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