Colapisci
L'uomo che diventa pesce per scelta  o  per  necessità

Il tuffatore dello Stretto
 


Alla foce del Torbido

Raro incontro con un grande gasteropode: il doglio (Tonna galea). Di giorno questo mollusco la cui conchiglia è davvero bella e unica nella forma, rimane sepolto sotto la sabbia risultando pressoché invisibile

Periferia nord di Reggio Calabria, baia di Pentimele: uno dei torrenti che attraversano numerosi la città, il Torbido, segna il confine del centro cittadino con il quartiere di Archi.
Il degrado in cui versa lo sbocco a mare di questa bellissima fiumara è indescrivibile
: la natura è stravolta dall’incuria dell’uomo.
In questa baia, in bella mostra, vi sono una serie di locali costruiti abusivamente intorno agli anni settanta, poi sequestrati negli anni novanta e abbandonati a se stessi ai confini di una spiaggia un tempo splendida.
Il litorale, oggi ridotto ad accumulo di rifiuti, ospita grandi radici di alberi divelti, legni d’ogni forma e misura e oggetti d’uso comune, trasportati a valle dalla fiumara e mescolati a materiale di risulta di alcune imprese edili che, abusivamente, approfittano e scaricano sulla spiaggia a costo zero.

Qui
, dove i diving center non osano (per ovvi motivi…) proporre immersioni, specie con ingresso dalla spiaggia, esiste uno degli ambienti sommersi più interessanti che io conosca: l’incontro del torrente con il mare dello Stretto di Messina dà vita a un fondale dove la corrente alimenta una vita varia e mutevole, di stagione in stagione.
Sulla sabbia del fondo, subito scosceso e presto profondo e cangiante, sono sparsi ciottoli, pietre, qualche macigno e strani relitti di cime aggrovigliate e attrezzi da pesca distrutti, vere e proprie dimore a più piani per una ricca fauna bentonica. A ciò si aggiungono vecchi copertoni, tubi in cemento e grandi radici, a volte interi alberi.

Un gruppo di giovani e festose ricciole, incontro autunnale, circonda il subacqueo e si lascia osservare osservando a sua volta.L’acqua, limpida anche in inverno, offre la possibilità di vivere splendide immersioni, corrente permettendo, e gli incontri con la fauna e la flora sono importanti, al punto che val la pena chiudere un occhio sul degrado ambientale che caratterizza la foce e provare a vedere come il mare, con la sua forza, accoglie e trasforma ciò di cui l’uomo si disfa, trasformando un rifiuto in substrato per la nascita della vita.
Immergiamoci insieme e vediamo cosa possiamo trovare osservando con attenzione lo splendido fondale.
La prima cosa che balza subito all’occhio sono sicuramente gli spirografi, belli, grandi, diffusi a partire da pochi metri già sulle prime pietre ma concentrati in particolare sulle funi aggrovigliate e sui lembi di rete abbandonati.
Impressiona poi la notevole quantità di molluschi nudibranchi: il viola di grandi esemplari di Flabellina affinis e il bianco screziato di fucsia della Catena peregrina dominano tra le diverse specie nascoste.
In autunno si aggiungono eleganti Susania testudinaria, grossi molluschi notaspidei dalla insolita forma che ricorda il carapace di un testuggine.

I sifoni di due esemplari di Ciona intestinalis si affacciano alla base di una roccia per filtrare, da brave ascidie, l’acqua del mare. Questa specie è particolarmente attraente per via del colore giallo intenso e per la capacità di estendersi e ritrarsi come poche altre ascidie san fare.

Se lasciamo la porzione di fondale prettamente rocciosa dei primi metri, percorriamo il fondo sabbioso e ciottoloso e dirigiamo verso i 25-30 m, lungo il ripido pendio sabbioso che, come al solito, ci porta subito a grandi profondità, ci rendiamo presto conto della smisurata quantità di alghe: verdi, rosse e brune, d’ogni forma e dimensione.

All’inizio dell’estate si assiste poi a una vera metamorfosi del fondo: la lattuga di mare ricopre tutto a tappeto e, tra i 30 e i 45 metri, si possono osservare alghe giganti come le laminarie: incredibile ma vero.
Il bello è comunque il colore pazzesco del fondale, visibile quando la lattuga di mare si disfa e lascia tutto scoperto e visibile.
Con una fonte di luce bianca di buona potenza si scopre una fantasmagorica varietà di tinte apparentemente invisibili, legate alla presenza, sulla roccia e le pietre, di alghe calcaree dalla forma ricciuta, mescolate a popolazioni di tunicati, piccoli anellidi, briozoi e ancora alghe…

Un esemplare di Pinna nobilis, molto diffusa sui fondali del Torbido, offre ospitalità all’insediamento di numerose ascidie. 

Dal fondo spuntano numerose le enormi valve di notevoli esemplari di Pinna nobilis e Pinna rudis; inutile dire che la superficie esterna di questi bivalvi sono un microcosmo di piccole e colorate forme di vita.
Ma tra i molluschi non dimentichiamoci che ci troviamo in uno degli ambienti prediletti da polpi, seppie e polpesse, più facili da incontrare col buio quando sono in giro a caccia.

 Un polpo scruta il mondo fuori della sua tana proteggendosi da eventuali intrusi con i suoi grossi tentacoli e le ventose in bella mostra.

Una bavosa ruggine, la più grande della famiglia blennidae, sfoggia la sua livrea con striature verticali e i suoi tentacoli ramificati sopra gli occhiTra i pesci, piccoli pagri, pagelli, saraghi, salpe, boghe, sciarrani, perchie, piccole cernie, molte murene, gronghi delle baleari, re di triglie e castagnole sono più o meno quelli che si trovano quasi sempre.
Ma non manca, in autunno, il pesce di passo: ricciole, palamite e qualche piccolo tonno fanno la loro occasionale comparsa anche a profondità modeste. Se ci si immerge di notte è garantito l’incontro ravvicinato con splendidi tordi pavone, triglie di scoglio dai colori sgargianti e giovani cernie dorate a riposo. Numerosissimi gli scorfanetti e qualche scorfano rosso; ma quel che più intriga, specie se armati di fotocamera, è la presenza di particolarissimi scorfani dalle incredibili livree multicolore.

Ai pesci si accompagna una discreta presenza di celenterati: numerosi cerianti di sabbia, molte attinie di diverse specie e qualche notevole Alicia mirabilis. Tra i crostacei mi sorprende sempre la presenza di grandi paguri con le affascinanti attinie: il paguro rosso che porta a spasso il carico di “tentacoli” sulla conchiglia prescelta per casa è si comune, ma sempre attraente, un classico direi.

 Un gruppo di ascidie rosse, scientificamente note come Halocinthia papillosa.

Ma i ricordi che conservo sempre di un magico ambiente qual è quello del Torbido sono, più di ogni altra cosa, le lunghe foglie di laminarie che ondeggiano mosse dalla corrente, una corrente a volte sostenuta e piuttosto pericolosa, al punto che quando ti ritrovi acquattato sul fondo, a 40 metri dalla superficie, con l’intento di non offrire molta resistenza al potente movimento di grandi masse d’acqua, le vibrazioni delle lunghe foglie nastriformi ti incutono quel timore e quel rispetto per l’ambiente che ti invitano a risalire e a non attardarti sul fondo, quel riverenziale rispetto verso la potenza e la forza del mare che l’uomo, sulle terre emerse, pare abbia dimenticato.

Laminarie

 

 

Francesco Turano

 

 

 

 

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