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Il tuffatore dello Stretto
 

Francesco Turano ci narra le meraviglie dello stretto


Laminarie nello Stretto: foreste di alghe giganti

I ricordi dell’infanzia sono quelli che più spesso mi portano a iniziare i miei racconti sulla vita nel mare e le mie personali esperienze.
Anche in questo caso non posso dimenticare un colore importante del mio mare d’infanzia: il verde.
Quel verde bottiglia di un’alga importante che in estate spiaggiava e che osservavo e raccoglievo sul bagnasciuga: la lattuga di mare.
Ho iniziato giocando con sabbia, secchielli e … lattuga di mare.
La lattuga ricopriva e ricopre ancora oggi i litorali dello stretto nei primi metri di profondità e le onde, staccando le foglie dal fondo, depositano ancora lunghi “nastri verdi” a decoro delle spiagge ciottolose o sabbiose.
Ma la lattuga era solo l’inizio di una lunga esperienza nell’approccio col bello delle alghe dello stretto.
Mi sarei innamorato, di li a poco, delle laminarie giganti, senza diventare necessariamente un esperto di alghe a grandi livelli, affascinato per lo più dall’aspetto estetico.

Nel mare dello Stretto ho avuto modo di osservare più volte le laminarie nel loro habitat, anche se il periodo in cui si possono incontrare sott’acqua è piuttosto limitato e riguarda i mesi primaverili, soprattutto aprile, maggio e giugno. Quando arriva questa stagione alcuni fondali di questo braccio di mare, soprattutto i fondi mobili subito scoscesi (in forte pendenza verso la profondità) dell’immediato sottocosta, si ricoprono di una fitta popolazione algale, soprattutto lattuga di mare.
Questa bellissima alga colonizza ogni spazio fino ad oltre quaranta metri di profondità; qui, dove la lattuga (Ulva lactuga) inizia appena a diradarsi, si vedono le prime “foglie” di una delle tre specie di laminarie presenti in queste acque. Si tratta di Saccorizha polyschides, un’alga la cui distribuzione la vede presente sia in profondità quanto in superficie, con una lunghezza massima delle foglie di circa tre metri.

Le laminarie trovano qui le condizioni ideali per il loro sviluppo grazie all’intensa reologia, cioè grazie al continuo alternarsi di correnti pulsanti dirette ora in un senso ora nell’altro.
Le correnti dello stretto, note sin dall’antichità, sono responsabili di una serie di fenomeni che solo in questo mare possono osservarsi.
La ricchezza di nutrienti e la temperatura dell’acqua favoriscono inoltre il proliferare, sulla superficie delle laminarie, di una notevole varietà di vita epifita.
Tra tutte le alghe brune, che costituiscono un piccolo gruppo di circa 1500 specie, le laminarie sono quelle di dimensioni maggiori, tanto da essere definite spesso alghe giganti; tipiche degli oceani e delle acque fredde, ritrovano quindi ambienti e fondali a loro congeniali anche nel mare dello Stretto di Messina, al centro del Mediterraneo.
Le laminarie presenti nello stretto con maggior frequenza sono, oltre a Saccorizha polyschides, le specie Laminaria rodriguezii e Laminaria ochroleuca.
Ho avuto modo, documentandomi, di raccogliere una serie di informazioni su questi affascinanti vegetali, che di seguito riporto con riferimento a ogni specie.
 

Sacchoryza polyschides
E' una delle specie che si possono osservare più facilmente sott’acqua (facilmente nel senso che, se si è dotati di grande esperienza nella pratica delle immersioni, e si ha la possibilità di immergersi nel mare dello Stretto in zone di forte corrente, si possono fare incontri importanti) e rappresenta uno dei più importanti ed esclusivi paraendemismi dello Stretto di Messina; riesce a vivere sulla parte basale del cosiddetto “beach rock”, formazione rocciosa litoranea che si situa in una posizione di raccordo tra il piano mesolitorale e la frangia superiore dell’infralitorale, a 2-4m di profondità; un esteso tratto di costa compreso tra Capo Peloro ed il Villaggio S. Agata, in Sicilia (Comune di Messina), è interessato dalla presenza di questa panchina rocciosa che, dalla linea di spiaggia, si porta fino ad alcuni metri di profondità.
Ed è qui che fino a non molto tempo fa si insediava questa laminaria, lasciando affiorare in superficie le sue lunge foglie…
Tali popolamenti sono, da alcuni anni, in fase di drammatica regressione, per cause che già negli anni ’70 sono state individuate nella alterazione del regime sedimentario, a sua volta determinato dallo sbancamento dell’entroterra a fini residenziali. La speculazione edilizia ha quindi devastato gli ambienti litoranei e le laminarie d’un tempo non si vedono quasi più.
Anche sul versante calabro si è assisteva alla crescita delle laminarie in pochi metri d’acqua, ma lo spettacolo oggi è sempre più raro.

Laminaria rodriguezii 
E' un paleoendemismo che ha affinità con due specie dello stesso genere (L. sinclairii e L. longipes) oggi presenti sulle coste settentrionali del Pacifico.
La via marina ipotizzata, percorsa dalla specie ancestrale, è quella medio-asiatica, che collegava nell'Oligocene un Mare Artico temperato con il Pacifico settentrionale e la porzione centrale del Mare Mesogeo.
Laminaria rodriguezii
mantiene ancora le esigenze ancestrali: termiche (temperature inferiori ai 15°C), fotiche (luminosità bassa) e reologiche (correnti di fondo); queste condizioni si realizzano soltanto in alcuni ambienti del Circalitorale in tutto il Mediterraneo.
Anche la datazione biologica basata sulla percentuale di ibridazione genica (Stam et al., 1988) ancorché approssimata, porta all'Oligocene. Alla stessa epoca si può fare risalire l'origine di Posidonia oceanica, ma attraverso il ramo orientale e meridionale della Tetide e della Mesogea.
Oggi il genere si presenta con specie disgiunte in Mediterraneo e nell'Australia.

Laminaria ochroleuca
E' presente nello Stretto di Messina come esempio più recente di disgiunzione di areale nel Mediterraneo.
Questa specie è presente fino a circa 20 metri di profondità nell'area Lusitano-Senegalese dell'Atlantico e fino al Sud Africa.
In Mediterraneo continua la sua distribuzione nel Mare di Alboran e fino in Algeria. La popolazione dello Stretto di Messina, per la sua profonda penetrazione batimetrica (tra -30 e -95 m) e per la sua attività fotosintetica (Drew, 1972), è già formata da una specie fisiologica, distinta dalla popolazione atlantica, dalla quale è isolata almeno da 2-3 milioni di anni.
Questo isolamento e questo inizio di differenziamento evolutivo sono condivisi con altre specie vegetali (Cystoseira usneoides, Saccorhiza polyschides) ed animali (es. Errina aspera e Pachylasma giganteum) presenti nelle biocenosi bentoniche dello Stretto di Messina (Di Geronimo, 1995; Fredj e Giaccone, 1995).

E’ opportuno sottolineare infine che, sia le laminarie di bassa profondità sia i popolamenti profondi a Laminaria ochroleuca, e le comunità vegetali associate, sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche fisiche e biologiche del substrato.
E’ noto infatti che per completare il loro ciclo vitale, esse richiedono un substrato solido già colonizzato da rodoficee calcaree, in assenza delle quali l’insediamento non può avere luogo. E’ facile immaginare come non soltanto il ricoprimento meccanico del substrato roccioso, ma perfino la presenza di un debole film di particellato fine sul fondo, che inibisca la crescita delle rodoficee, si ripercuoterebbe immediatamente sulle comunità a laminariali.
Tale eventualità deve essere attentamente valutata, in quanto non comporterebbe soltanto la perdita di specie “tipiche ed esclusive”, e del relativo biotopo, ma comprometterebbe l’assetto dell’intero ecosistema dello Stretto, all’interno del quale le “foreste” di laminariali giocano un ruolo fondamentale.

Emozioni dal vivo
Ho fotografato le laminarie, sempre con non pochi problemi, rare volte e sempre nel mare dello Stretto di Messina.
Un po’ per la difficoltà di reperimento (ogni anno cambiano i siti dove l’alga attecchisce, a differenza di un tempo quando la si trovava ovunque), un po’ per le forti correnti, un po’ per la difficoltà oggettiva di ripresa legata la suo aspetto e al suo colore, che spesso comporta un assorbimento di tantissima luce e poco contrasto con il fondale e l’ambiente circostante, in quei pochi momenti in cui mi son trovato faccia a faccia con queste alghe ho sfruttato, meglio che ho potuto, la situazione.
Di sicuro ho goduto di uno spettacolo non comune: un’intensa emozione, più forte se vissuta con la corrente sostenuta che muove le lunghissime foglie e che rende appieno l’idea di un ambiente fortemente dinamico e incredibilmente vitale.

Le laminarie dello stretto

 

Francesco Turano

 

 

 

 

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