Laminarie nello Stretto: foreste
di alghe giganti
I
ricordi dell’infanzia sono quelli che più spesso mi portano a iniziare i miei
racconti sulla vita nel mare e le mie personali esperienze.
Anche in questo caso non posso
dimenticare un colore importante del mio mare d’infanzia: il verde.
Quel verde bottiglia di un’alga importante che in estate spiaggiava e che
osservavo e raccoglievo sul bagnasciuga: la lattuga di
mare.
Ho iniziato giocando con sabbia, secchielli e … lattuga di mare.
La lattuga ricopriva e ricopre ancora oggi i litorali dello stretto nei primi
metri di profondità e le onde, staccando le foglie dal fondo, depositano ancora
lunghi “nastri verdi” a decoro delle spiagge ciottolose o sabbiose.
Ma la lattuga era solo l’inizio di una lunga esperienza nell’approccio col bello
delle alghe dello stretto.
Mi sarei innamorato, di li a poco, delle laminarie giganti,
senza diventare necessariamente un esperto di alghe a grandi livelli,
affascinato per lo più dall’aspetto estetico.
Nel mare dello Stretto ho
avuto modo di osservare più volte le laminarie nel loro habitat, anche se il
periodo in cui si possono incontrare sott’acqua è piuttosto limitato e riguarda
i mesi primaverili, soprattutto aprile, maggio e giugno. Quando arriva questa
stagione alcuni fondali di questo braccio di mare, soprattutto i fondi mobili
subito scoscesi (in forte pendenza verso la profondità) dell’immediato
sottocosta, si ricoprono di una fitta popolazione algale, soprattutto lattuga di
mare.
Questa bellissima alga colonizza ogni spazio fino ad oltre quaranta metri di
profondità; qui, dove la lattuga (Ulva lactuga)
inizia appena a diradarsi, si vedono le prime “foglie” di una delle tre specie
di laminarie presenti in queste acque. Si tratta di
Saccorizha polyschides, un’alga la cui distribuzione la vede presente
sia in profondità quanto in superficie, con una lunghezza massima delle foglie
di circa tre metri.
Le
laminarie trovano qui le condizioni ideali per il loro sviluppo grazie
all’intensa reologia, cioè grazie al continuo alternarsi di correnti pulsanti
dirette ora in un senso ora nell’altro.
Le correnti dello stretto, note sin dall’antichità, sono responsabili di una
serie di fenomeni che solo in questo mare possono osservarsi.
La ricchezza di nutrienti e la temperatura dell’acqua favoriscono inoltre il
proliferare, sulla superficie delle laminarie, di una notevole varietà di vita
epifita.
Tra tutte le alghe brune, che
costituiscono un piccolo gruppo di circa 1500 specie, le laminarie sono quelle
di dimensioni maggiori, tanto da essere definite spesso
alghe giganti; tipiche degli oceani e delle acque fredde,
ritrovano quindi ambienti e fondali a loro congeniali anche nel mare dello
Stretto di Messina, al centro del Mediterraneo.
Le laminarie presenti nello
stretto con maggior frequenza sono, oltre a
Saccorizha polyschides, le specie
Laminaria rodriguezii e Laminaria
ochroleuca.
Ho avuto modo, documentandomi, di raccogliere una serie di informazioni su
questi affascinanti vegetali, che di seguito riporto con riferimento a ogni
specie.
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Sacchoryza polyschides
E' una delle specie che si possono osservare più
facilmente sott’acqua (facilmente nel senso che, se si è dotati di grande
esperienza nella pratica delle immersioni, e si ha la possibilità di immergersi
nel mare dello Stretto in zone di forte corrente, si possono fare incontri
importanti) e rappresenta uno dei più importanti ed esclusivi paraendemismi
dello Stretto di Messina; riesce a vivere sulla parte basale del cosiddetto “beach
rock”, formazione rocciosa litoranea che si situa in una posizione di
raccordo tra il piano mesolitorale e la frangia superiore dell’infralitorale, a
2-4m di profondità; un esteso tratto di costa compreso tra Capo Peloro ed il
Villaggio S. Agata, in Sicilia (Comune di Messina), è
interessato dalla presenza di questa panchina rocciosa che, dalla linea di
spiaggia, si porta fino ad alcuni metri di profondità.
Ed è qui che fino a non molto tempo fa si insediava questa laminaria, lasciando
affiorare in superficie le sue lunge foglie…
Tali popolamenti sono, da alcuni anni, in fase di drammatica regressione, per
cause che già negli anni ’70 sono state individuate nella alterazione del regime
sedimentario, a sua volta determinato dallo sbancamento dell’entroterra a fini
residenziali. La speculazione edilizia ha quindi devastato gli ambienti
litoranei e le laminarie d’un tempo non si vedono quasi più.
Anche sul versante calabro si è assisteva alla crescita delle laminarie in pochi
metri d’acqua, ma lo spettacolo oggi è sempre più raro.
Laminaria rodriguezii
E' un paleoendemismo che ha affinità con due
specie dello stesso genere (L. sinclairii e L. longipes)
oggi presenti sulle coste settentrionali del Pacifico.
La via marina ipotizzata, percorsa dalla specie ancestrale, è quella
medio-asiatica, che collegava nell'Oligocene un Mare Artico temperato con il
Pacifico settentrionale e la porzione centrale del Mare Mesogeo.
Laminaria rodriguezii mantiene ancora le esigenze ancestrali:
termiche (temperature inferiori ai 15°C),
fotiche (luminosità bassa) e
reologiche (correnti di fondo); queste condizioni si realizzano soltanto
in alcuni ambienti del Circalitorale in tutto il Mediterraneo.
Anche la datazione biologica basata sulla percentuale di ibridazione genica (Stam
et al., 1988) ancorché approssimata, porta all'Oligocene. Alla stessa epoca si
può fare risalire l'origine di Posidonia oceanica,
ma attraverso il ramo orientale e meridionale della Tetide e della Mesogea.
Oggi il genere si presenta con specie disgiunte in Mediterraneo e
nell'Australia.
Laminaria ochroleuca
E' presente
nello Stretto di Messina come esempio più recente di
disgiunzione di areale nel Mediterraneo.
Questa specie è presente fino a circa 20 metri di profondità nell'area
Lusitano-Senegalese dell'Atlantico e fino al Sud Africa.
In Mediterraneo continua la sua distribuzione nel Mare di Alboran e fino in
Algeria. La popolazione dello Stretto di Messina, per la sua profonda
penetrazione batimetrica (tra -30 e -95 m) e per la sua attività fotosintetica (Drew,
1972), è già formata da una specie fisiologica, distinta dalla popolazione
atlantica, dalla quale è isolata almeno da 2-3 milioni di anni.
Questo isolamento e questo inizio di differenziamento evolutivo sono condivisi
con altre specie vegetali (Cystoseira usneoides,
Saccorhiza polyschides) ed animali (es.
Errina aspera e Pachylasma
giganteum) presenti nelle biocenosi bentoniche dello Stretto di Messina
(Di Geronimo, 1995; Fredj e Giaccone, 1995).
E’ opportuno sottolineare
infine che, sia le laminarie di bassa profondità sia i popolamenti profondi a
Laminaria ochroleuca, e le comunità vegetali associate, sono strettamente
dipendenti dalle caratteristiche fisiche e biologiche del substrato.
E’ noto infatti che per completare il loro ciclo vitale, esse richiedono un
substrato solido già colonizzato da rodoficee calcaree, in assenza delle quali
l’insediamento non può avere luogo. E’ facile immaginare come non soltanto il
ricoprimento meccanico del substrato roccioso, ma perfino la presenza di un
debole film di particellato fine sul fondo, che inibisca la crescita delle
rodoficee, si ripercuoterebbe immediatamente sulle comunità a laminariali.
Tale eventualità deve essere attentamente valutata, in quanto non comporterebbe
soltanto la perdita di specie “tipiche ed esclusive”, e del relativo biotopo, ma
comprometterebbe l’assetto dell’intero ecosistema dello Stretto, all’interno del
quale le “foreste” di laminariali giocano un ruolo fondamentale.
Emozioni
dal vivo
Ho fotografato le laminarie, sempre con non pochi problemi, rare volte e sempre
nel mare dello Stretto di Messina.
Un po’ per la difficoltà di reperimento (ogni anno cambiano i siti dove l’alga
attecchisce, a differenza di un tempo quando la si trovava ovunque), un po’ per
le forti correnti, un po’ per la difficoltà oggettiva di ripresa legata la suo
aspetto e al suo colore, che spesso comporta un assorbimento di tantissima luce
e poco contrasto con il fondale e l’ambiente circostante, in quei pochi momenti
in cui mi son trovato faccia a faccia con queste alghe ho sfruttato, meglio che
ho potuto, la situazione.
Di sicuro ho goduto di uno spettacolo non comune: un’intensa emozione, più forte
se vissuta con la corrente sostenuta che muove le lunghissime foglie e che rende
appieno l’idea di un ambiente fortemente dinamico e incredibilmente vitale.
Le laminarie dello stretto
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