Colapisci
L'uomo che diventa pesce per scelta  o  per  necessità 

Il tuffatore dello Stretto
 


Occhio di Pellaro, sabbie sottili

Un'altra specie di gallinella nuota rasente il fondo aprendo le fantastiche pinne pettorali, simili a piccole ali.

Una serata di mare calmo d’inizio autunno smuove dentro di me quelle sensazioni che pochi scrittori riescono almeno in parte a trasmettere.
Non saprei come descrivere ciò che i miei occhi vedono. Senza alterare quel che appare, mi limito a dire che le luci della Sicilia riflesse in acqua all’orizzonte, la superficie liscia del mare calmo che lascia appena percepire il suo movimento, l’acqua limpida e tranquilla che ho davanti quando mi avvicino al bagnasciuga, sono elementi che, nell’insieme, compongono quella che amo definire “Magia dello Stretto”, una magia che di notte amplifica il suo potenziale
Se a tutto questo poi si aggiungono i bagliori dei lampi d’un temporale in arrivo, lo stretto s’illumina a tratti in un modo che a dir poco sconvolge, colpisce, attira. Un’attrazione fatale, alla quale non ho mai saputo resistere.
I preparativi per sprofondare nel mare e prepararsi a scoprire sono lenti, ma precisi e puntuali; in poco tempo sono pronto ad immergermi con il peso della mia attrezzatura fotografica. Mi lascio andare sul fondo sbirciando ancora una volta l’orizzonte; non accendo subito il faro; aspetto qualche istante.
Poi la luce fende l’oscurità con violenza e i primi pesci d’argento scivolano via a scatti, frenetici
.

Il rosso acceso di una triglia in notturna.

Il mondo della sabbia di Occhio di Pellaro apre le sue porte a chi sa osservare e già a pochi metri dalla superficie inizia lo spettacolo: triglie accese di rosso, lunghi pesci lucertola a muso in su, castagnole dormienti e i primi pesci trombetta mi ricordano che i fondi mobili sono ancora vivi e fascinosi.
Corpi morti in cemento, circolari e di grandi dimensioni, sono il punto di appiglio di grosse cime che, in superficie, servono per l’ormeggio di imbarcazioni di medie dimensioni. Le cime, mentre salgono vero l’alto perdendosi nel buio, mostrano sovente fitte colonie di avvolgenti spirografi.
Arrivo senza accorgermene a venti metri di profondità e vedo che è ancora possibile ammirare i trombetta in gruppi numerosi: tutti a nuotare nel solito modo buffo, tutti allineati e coperti come soldatini rosa, la cui armonia è spezzata dalla luce abbagliante che li disorienta.

 Un gruppetto di simpaticissimi pesci trombetta nuotano insieme come sempre a testa in giù.

Sul fondo è invece un’alternarsi continuo di triglie, scorfanetti e gallinelle. A volte si incrociano pallide mazzancolle, nobili crostacei i cui grandi occhi sferici tradiscono il perfetto mimetismo fuoriuscendo dal fondo quel tanto che basta per stimolare l’occhio dell’osservatore acuto.
Qualche vecchio copertone o carcassa di elettrodomestico giace completamente avvolta dalla vita incrostante
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Oasi di vita, questi relitti ospitano una biodiversità concentrata in poco spazio. La struttura del pneumatico favorisce le abitudini di un gambero che mi fa letteralmente impazzire per eleganza e comportamento; è un gamberetto timido, grazioso, giallo o arancione, con tra paia di chele di misura via via crescente dall’interno verso l’esterno del suo addome, un vero e proprio set di attrezzi specializzati.
Questa caratteristica gli ha attribuito il nome volgare di gambero meccanico, ma l’appellativo mi sembra quasi inopportuno, senza nulla togliere al nobile mestiere, poiché il simpatico e piccolo crostaceo (generalmente intorno ai 6-7 cm) è troppo signorile nei modi per essere definito “meccanico”.
Ad ingentilire ulteriormente l’animale è uno spettacolare ciuffo di lunghi e sottili baffi candidi, che quasi sempre tradiscono il gambero seminascosto nella concavità del pneumatico, sporgendo oltremisura dal bordo di questa “gommosa” struttura artificiale adagiata sulla sabbia. Il “gamberetto dei copertoni”, come lo si potrebbe definire immergendosi sui fondali sabbiosi dello stretto, è un soggetto d’eccezione per il fotosub, anche se poco disponibile a mettersi in posa.

La temibile tracina, un pesce sfilato in lunghezza che vive abitualmente sepolto sotto la sabbia. 

Perlustrando il fine sedimento di Pellaro, muovendomi con cautela per non sollevare nuvole di sospensione, le sorprese non finiscono mai.
Disturbare una gallinella insabbiata è un altro modo per osservare un grande spettacolo. Le gallinelle sono infatti pesci che, in quanto ad eleganza, non hanno da invidiare all’amico gambero.
Dotate di pinne pettorali ampie come piccole ali, se infastidite si spostano con fare “tirato” (intendendo in questo senso il modo che hanno alcuni pesci di spostarsi aprendo tutte le pinne al massimo, come per ingrandirsi): tale atteggiamento consente di osservare le pinne pettorali nella loro massima apertura, con i loro colori saturi che sfumano dal verde al blu con marezzature arancio o rosse.
Il fotografo subacqueo, ma anche il semplice appassionato, a questo punto non capisce più niente: guardi, cerchi di fotografare, resti abbagliato da una simile sfavillante bellezza, ammaliato da forme e colori del mondo dei pesci.

Una gallinella poggiata sul fondo

Sott’acqua, quando navighi sui fondi mobili, potresti perdere l’orientamento, specie se distratto da pesci e invertebrati. Nello stretto questo non succede per la notevole pendenza del fondo, sempre in corsa verso l’abisso. Così, muovendoti parallelamente alla costa, ad ogni profondità sai cha da un lato il fondo risale, e quindi vai verso terra, dall’altro scende e sprofonda inesorabilmente, e quindi vai verso il mare aperto. Questo è un indubbio vantaggio.
C’è uno svantaggio: quando arriva la corrente, la sua direzione e la potenza del flusso mutano di continuo e a volte diventa pericoloso restare sott’acqua. La pendenza del fondo favorisce inoltre flussi di corrente che spingono verso la profondità mettendo in difficoltà quei subacquei che non hanno fatto esperienze in mari difficili.

Il mare dello stretto è un mare difficile, dove il freddo, la corrente, la profondità invitano al rispetto dell’ambiente. Rispetto che negli ultimi tempi scarseggia e le conseguenze sono ben note, inutili da ribadire a cantilena.

 

Sul fondo sabbioso di Occhio di Pellaro

Il serpente di mare si affaccia dal suo lungo cunicolo scavato nella sabbia, mostrando un curioso profilo e uno sguardo abbastanza brutto e cattivo.

 

Sovente confuso con la tracina, con la quale non ha nulla a che fare, l’affusolato pesce lucertola abbonda sempre sui fondi mobili dello stretto.

Stella pettine maggiore è un echinoderma tipico di questo sito. Anch’essa ha abitudini notturne e durante il giorno rimane sotto terra.

Una scura castagnola ha trovato una angolo sicuro per dormire, tra la morbide pareti delle ascidie rosse

 

 

Francesco Turano

 

 

 

 

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