Colapisci  -   L'uomo che diventa pesce per scelta  o  per  necessità   -     Il tuffatore dello Stretto


Povero mare


Alcuni anni fa, in un tempo non molto lontano, esistevano i pescatori, uomini che vivevano il mare prelevandone razionalmente e periodicamente i frutti e vivendone lo spirito; erano uomini di mare, amavano il mare e i pesci, rispettavano ciò che per loro era fonte di sostentamento e di vita.
Oggi è così ormai solo in pochi casi.
La sferzata dell’inquinamento ambientale, le moderne attrezzature da pesca, il prelievo scriteriato e senza limiti hanno, insieme, dato un duro colpo al mare ed ai suoi abitanti, un mare che tuttavia cerca di resistere fino alla fine.
Sto parlando del Mediterraneo, ma potrei portare l’esempio di molti altri mari, chiusi o aperti, siano essi tropicali, temperati o freddi. Il problema è ormai globale.

Ma perché sono pochi i pescatori che ancora pescano come si deve e perché in molti casi si assiste a una pesca per nulla in equilibrio con l’ambiente?
Un meccanismo perverso si è fatto strada da solo e, come sempre, l’uomo rimane vittima di se stesso.
Quel che sto per presentarvi è un quadro triste, non piacevole. Ma non è una visione pessimistica della realtà, bensì solo una semplice osservazione dei fatti; e le foto possono anche parlare da sole, senza alcun commento a supporto. Vediamo come.
Che sentimento vi suscita osservare dei pesci morti da poco galleggiare in superficie all’interno di un porto dove resistono le ultime marinerie dedite alla pesca con le reti, tramagli e altro, pesci “commercialmente inutili” ma morti ugualmente?
Cosa si prova vedendo sui banchi dei mercati pesci fino a poco tempo fa considerati non commestibili, messi in vendita come se lo fossero, e pesci congelati e d’allevamento che superano in numero quelli freschi locali?
Sono certamente scene che si commentano da sole.
L’unica cosa che in questo caso ho cercato di fare è stato fotografare: riprendere e interpretare quel che accade per trasmettere la drammaticità di un momento che passa inosservato ai più.
Interpretazione e ricerca fotografica, quindi, per porre sotto gli occhi di tutti quel che a volte succede a nostra insaputa, quel che a volte il mare nasconde sotto la sua sempre bella superficie ma che a volte l’uomo incurante porta a galla e “schiaffa” sotto gli occhi di tutti.
Tutti quei personaggi distratti e superficiali che ormai lavorano schiavi dei computer e della monotonia e che non hanno tempo e occhi per guadarsi intorno; e che quindi non vedono quasi mai ciò che accade realmente, limitandosi a consumare il pesce senza porsi troppi quesiti su cosa avviene per il prelievo, che oggi più che mai dovrebbe essere selettivo.
Che dire, le parole da spendere potrebbero essere troppe e troppo spesso fastidiose.
La mia sensibilità mi impedisce però di restare indifferente e, in un modo o nell’altro, ho dovuto e voluto scrivere queste righe e pubblicare queste foto.
Non me ne vogliano i pescatori perché non è verso di loro che sto puntando il dito; amo la pesca e i sistemi tradizionali o anche moderni ma selettivi, credo che il pesce sia un alimento tra i più importanti; ma credo anche che il sistema non funzioni a dovere, altrimenti non saremmo arrivati a tanto.
Anche se è vero che il pianeta è sempre più pieno di esseri umani e le risorse sono limitate; ma è anche vero che, proprio perché siamo tanti, dovremmo muoverci verso una gestione equilibrata e razionale delle risorse, ricordando che il mare è, tra tutte, la risorsa più grande.
Vi lascio quindi alle foto, che vi aiuterò ad interpretare con didascalie esplicative, affinché tutti insieme ci si renda conto di quel che accade e che troppe volte passa, purtroppo, inosservato.

 

Un occhio attento e allenato distingue con facilità le giovani cernie brune esposte insieme al resto del pesce.
Lasciando stare ogni commento sulle altre specie (tipo le ricciole non superiori al chilo), mi preme soffermarmi sulla ridotta dimensione delle cernie brune, la cui pesca è consentita solo per pesci superiori a una certa taglia in virtù delle caratteristiche biologiche dell’animale (senza addentrarmi nei dettagli).
Prelievi di questo tipo e mancanza di controlli sulla pesca e nei mercati portano una specie sull’orlo del tracollo.
Anche se la cernia bruna, in molti luoghi, fortunatamente è ancora presente.

 

Il cadavere di un bellissimo esemplare di pesce civetta, non commestibile, catturato inutilmente come sovente accade, e abbandonato sui gradini di un porticciolo.
Una morte inutile che si commenta da sola, uno scarto di una pesca non selettiva che incide negativamente sulla presenza di fauna stanziale di molti ambienti sommersi.

 

Anche le murene diventano spesso uno scarto, nonostante siano commestibili e, se ben cucinate, anche gustose.
Sovente vengono disdegnate dai mercati.

Il corpo ormai logorato di un paio di murene galleggia, insieme a rifiuti d’ogni tipo, tra un gozzo e un peschereccio all’interno di un porto.
Anche in questo caso la foto ci trasmette un messaggio inequivocabile, una scena che potrebbe essere utilizzata per denunciare le condizioni in cui versa il nostro povero mare.
Il sinuoso corpo di una murena ha perso ormai tutto il suo fascino e galleggia privo di vita nei pressi di una marineria, dove spesso le murene non sono vendute o arrivano in porto rovinate e invendibili.
I muggini pensano a banchettare sfruttando quel che resta di questo pesce sventurato.
Le murene sono ancora abbondanti in Mediterraneo, ma questo non giustifica le morti inutili.

 

Una cassetta di piccoli pagelli e qualche sarago fasciato la dice lunga su quel che resta da pescare col tramaglio sui fondali rocciosi di alcune isole del Mediterraneo.
Un tempo questi pesci avevano taglie differenti e oggi si vedono ormai solo di piccole dimensioni.
Il numero e la dimensione di questi pesci dovrebbe essere un segnale inequivocabile della situazione attuale relativamente alla salute del mare e della crisi biologica innestata, ma pochi notano queste cose.

 

Un animale che i subacquei conoscono bene, ma che conoscono anche i pescatori, seppur in modo diverso.
Da sempre granchi e paguri fanno le spese della pesca coi tramagli, dove rimangono facilmente intrappolat nel tentativo di gustare qualche pesce incagliato o immobilizzatoi.
Non si può restare indifferenti di fronte a un paguro cotto dal sole mentre giace nella sua conchiglia ricoperta di attinie, un tempo splendide e oramai senza forma.

 

Non servono molte parole di fronte a un cadavere di pescatrice giovanissima che galleggia, ennesimo scarto della pesca, galleggia col ventre verso il cielo, anch’essa pasto di muggini insaziabili.
Spettacolo amaro se si pensa che ormai questa specie, un tempo venduta con esemplari notevoli com’è giusto che sia (visto che raggiunge anche i trenta chili), viene venduta in cassette che ne contengono decine, di taglia ridottissima, risultato di una pesca a strascico che ha veramente poco senso.

 

Ancora un pesce di piccola taglia non commercialmente importante. L'elegante pesce San Pietro, giace in superficie coperto da foglie di piante marine estirpate dal fondale.
Le maglie delle reti dovrebbero consentire ai pesci di piccola taglia di non restare intrappolati.
Per un amante del mare simili spettacoli non lasciano spazio all’indifferenza.

 

Questi serranidi tipici di ogni tipo di fondo roccioso sono ormai gli unici pesci che ancora cadono vittime, in gran numero, di reti poggiate su ogni tipo di fondale.
Una specie dalle carni discrete, sulla quale si ripiega oggi che sono venute a mancare specie più importanti e gustose.

 
 

Quella che chiamano “zuppa”, un insieme di pesci di scoglio adatti a una cottura del genere, contiene diverse specie, tra cui triglie, labridi, sciarrani, scorfanotti e, purtroppo, scorfani rossi di taglia ridotta.
Anni fa questi scorfani erano commercializzati nella loro giusta taglia, dal mezzo chilo ai due-tre chili di peso.
Oggi, in molti luoghi, sono entrati a far parte della zuppa, e non hanno più il tempo di crescere…

 

Ambiti soggetti per il fotosub, due tordi fischietto riposano in una cassetta di pesce tra altre specie più note e comuni.
Vedere pesci così belli in questo stato è veramente una pena, anche se non è colpa di nessuno perché una rete non potrà mai selezionare le sue vittime.

 

Francesco Turano

 

 

 

 

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