Pesci
curiosi: trombetta e beccaccini
Quando
iniziai ad avere i primi approcci diretti con la fauna marina, nel braccio di
mare compreso tra Calabria e Sicilia, praticavo i litorali dove sbarcavano i
pescatori al rientro dal loro lavoro.
Assistevo curioso alle operazioni di sbarco ma, soprattutto, mi soffermavo
durante la pulizia dei tramagli, che trovavo molto interessante; osservando
tutto ciò che veniva smagliato, cercavo di individuare le diverse specie di
pesci e invertebrati del mare raccogliendo tutto ciò che veniva gettato in
terra, tipo pesci inutili, stelle marine, conchiglie e pezzi di madrepore di
vario tipo.
Una volta a casa, consultando i miei primi libri di mare, risalivo ai dati
scientifici degli animali e … profumavo la casa dei miei genitori con un odore a
dir poco nauseabondo!
Non potrò mai dimenticare, nonostante il passare degli anni, quei piccoli pesci
“inutili” e, tra le altre cose, molto fastidiosi,
chiamati trombetta.
Erano piccoli, erano tanti e, quando incappavano nelle reti, c’era da impazzire.
Togliere quegli strani pesciolini dalle maglie di una rete significava passare
delle ore a combattere con gli aculei di cui erano dotati che, sovente, finivano
conficcati nelle mani dei poveri lavoranti…
Il
pesce trombetta,
Macrorhamphosus scolopax,
appartiene alla famiglia dei singnatidi.
Ha una forma curiosa, con la
bocca a forma di proboscide con apertura piccola all’estremità, fatta per
nutrirsi di piccolissime prede.
Con un colorito rossastro sul dorso, che sfuma sui fianchi tendendo al rosa,
nuota inclinato a testa in giù, devo dire in modo piuttosto anomalo per un
pesce. Nonostante sia di stanza a profondità piuttosto elevate (200-300 m),
spesso risale a 40-50 m durante la notte.
A questa regola fanno eccezione le acque dello Stretto di Messina, dove i
trombetta risalgono fin quasi sotto la superficie col favore delle tenebre,
mentre di giorno, grazie a un particolare gioco di correnti, si trovano tra i 20
e i 50 metri di profondità con una certa frequenza, anche se solo in luoghi ben
precisi e dai confini ristretti.
Caratteristica
principale del pesce trombetta è la prima pinna dorsale, costituita da un
secondo raggio molto sviluppato, appuntito, e
il cui margine interno è seghettato.
Un vero e proprio aculeo, dannazione dei pescatori che si feriscono regolarmente
pulendo le reti. Un aculeo terribile con di certo una funzione ben precisa,
probabilmente difensiva.
Mi viene in mente una volta che vidi una cernia dorata poggiata col ventre sul
fondo, come sofferente, quasi piegata su un fianco; nell’avvicinarmi scoprii che
la cernia aveva tentato di ingoiare un trombetta, ma lo aveva afferrato
prendendolo alle spalle; risultato: l’aculeo della prima dorsale era rimasto
conficcato sul palato della cernia, che non poteva mandar giù la sua preda;
nello stesso tempo, il trombetta non riusciva a riprendere la via del mare,
trattenuto dal suo stesso aculeo che da un lato lo aveva salvato ma dall’altro
lo tratteneva ancora tra le fauci del predatore.
Aspettai un po’ per vedere l’evolversi della situazione, ma le cose non
cambiavano rapidamente e non vidi il finale; tuttavia la cernia era lì ad
aiutare il trombetta a liberarsi, con scossoni del capo, e prima o poi le cose
si sarebbero sistemate…
Tornando alle caratteristiche
fisiche del pesce, oltre l’aculeo notiamo una pinna caudale piccola e tronca, e
una pinna dorsale e anale abbastanza somiglianti; anche se l’animale può
raggiungere i 18 cm di lunghezza, gli esemplari che si vedono solitamente sono
lunghi mediamente tra i 7 e i 10 cm.
Per
conoscere meglio le abitudini di questo buffo pesciolino vi racconterò alcune
delle mie esperienze nel braccio di mare dove è più facile incontrarli, non
proprio tra Scilla e Cariddi ma più che altro tra Reggio e Messina.
Questo per sottolineare che i pesci trombetta, nonostante in passato siano
apparsi molti articoli su riviste specializzate di turismo subacqueo dove
erroneamente venivano segnalati anche nel mare di Scilla, a nord dello stretto,
in realtà si trovano soltanto nei dintorni di Reggio e Messina e, solo in
alcuni casi, al confine meridionale dello stretto (sul versante calabrese tra
S.Gregorio e Punta Pellaro).
Uno degli scenari più suggestivi che il mare della città di Reggio mi ha offerto
e mi continua ad offrire (anche se ultimamente in modo molto più modesto) è
giusto questo insieme di piccoli pesci argentati e rosati al contempo che
nuotano frenetici sui pendii detritici dei fondali antistanti il lungomare, a
volte vicino al fondo, sfiorando i ciuffi dei numerosi
spirografi, a volte librandosi a mezz’acqua, in evoluzioni che solo a
tratti riesci a osservare da vicino, a causa di una certa diffidenza del banco
nei confronti dell’uomo immerso durante le ore diurne.
Di notte il comportamento dei trombetta è
completamente diverso: formano piccoli gruppi che
stazionano in prossimità del fondo e a volte sono anche sparpagliati qua e là,
come confusi, tra l’altro abbastanza turbati dal fascio di luce che sconvolge
l'ambiente celato nel buio.
Facendo luce su un gruppo di pochi esemplari, li
vedo iniziare a nuotare, ora in un senso ora nell’altro, sbandati, presi a
momenti nel nuoto frenetico e a momenti in pause apparentemente “riflessive”; in
tal modo ho la possibilità ripetuta di osservarli, fotografarli e avvicinarmi
molto anche al singolo pesce.
Avvicinarsi a un singolo esemplare, fotografarne i particolari mentre si muove,
rimane comunque molto difficile, anche se non impossibile come di giorno.
Ma col sole, ho trovato un luogo dove si può avvicinare un notevole banco di
pesci, in evoluzioni continue ritmate; è tra due ammassi di rocce, posti tra 35
e 45 metri di profondità, di fronte la foce di un torrente quasi al confine sud
dello stretto.
Siamo a Fiumarella di
Pellaro, un luogo magico e congeniale alla vita di questi pesci, anche se
ignoro le cause di questa grande concentrazione in poco spazio.
Le eccezionali immagini delle fittissime nuvole di piccoli pesci trombetta son
state realizzate, negli anni, proprio in queste acque, dove solo il riparo e la
sicurezza offerto dalle pareti dei bastioni di roccia mi hanno dato
l’opportunità di scattare giocando a nascondino.
In notturna ho invece avuto la fortuna, pochissime
volte, di assistere all’accoppiamento dei trombetta. Sono state non più
di due o tre le immersioni caratterizzate da questo importante evento e mi è
quasi sembrato di capire che esistono delle notti d’inverno in cui questi pesci
si scatenano e si riproducono.
La notte magica dell’accoppiamento è proprio indimenticabile e l’unica
testimonianza è un'unica fotografia, unica perché solo una volta son
riuscito a congelare l’attimo, afferrando al volo uno dei pochi secondi
disponibili quando i due pesci si uniscono.
Di punto in bianco vedi due esemplari nel contesto di un piccolo gruppo che si
avvicinano e si avvinghiano uno all’altro con la parte posteriore del corpo, in
prossimità delle pinne anali; l’unione dura alcuni secondi e subito dopo, al
momento del distacco, vedi i pesci tremare ed emettere simultanemente l’uno un
piccolo cordone arricciato di uova e l’altro il seme che le andrà a fecondare,
almeno così sembra…
Non ricordo cosa ho provato quando ho visto una
simile scena, ma son convinto che l’osservazione e la documentazione di tali
eventi in natura non sia cosa comune.
Lieto di partecipare ai lettori le mie emozioni, vi propongo tra le righe anche
quella irripetibile immagine che vede i due trombetta sessualmente attivi in
quel fantastico mondo sommerso avvolto dalle tenebre, sui fondali di quel mitico
canale che separa la Sicilia dalla Calabria.
Molto
simile al congenere scolopax, Macrorhanphosus gracilis
o pesce beccaccino, al contrario del
primo, ha il corpo più slanciato e compresso ai lati, con occhio
grande e di forma circolare.
Il muso a forma di becco è abbastanza appuntito, con una piccola bocca incisa e
rivolta verso l’alto. Il secondo raggio spinoso della pinna dorsale non
oltrepassa il peduncolo caudale, ha margine leggermente seghettato ed è rivolto
verso il basso.
La coda è tronca con il margine lievemente incavato.
Il colore del dorso è rosa dorato sino a diventare argentato sul ventre.
Non oltrepassa i 3 cm di lunghezza ed eccezionalmente raggiunge i 5 cm, quindi
le sue dimensioni sono decisamente inferiori al trombetta, con il quale
condivide l’habitat, tipicamente pelagico, e la profondità. Anch’esso si nutre
di piccoli animali planctonici e pare sia presente esclusivamente nello Stretto
di Messina.
Incontrare sott’acqua il beccaccino è molto raro, mi è capitato di rado e non ho
alcuna immagine che lo ritrae.
Non so per quale motivo, ho sempre riflettuto molto su questa cosa, ma non ho
mai capito perché è così difficile vederlo in acqua.
Più facile l’incontro con i cadaveri spiaggiati, da cui presumo che,
probabilmente, non lo si trova per la profondità alla quale è solito rimanere.
Il Pesce Trombetta nello
Stretto di Messina
|