Colapisci
L'uomo che diventa pesce per scelta  o  per  necessità  
 Il tuffatore dello Stretto
 

Francesco Turano ci narra le meraviglie dello stretto


Cerianti mediterranei

Ho imparato a conoscere ed apprezzare gli invertebrati del mare solo dopo aver messo le bombole sulle spalle, nel 1985.
L’apnea, per quanto entusiasmante, non consente di osservare i dettagli di alcuni animali, soprattutto invertebrati che, nella maggior parte dei casi, vivono a stretto contatto col fondo. Respirando sott’acqua, ho potuto invece osservare e studiare, da vicino e per periodi relativamente lunghi, una fauna che conoscevo solo superficialmente, da esploratore apneista.
I primi invertebrati a colpirmi furono i celentrati e, tra questi, fui subito attratto dai cerianti, una delle creature morfologicamente più attraenti ed esteticamente più eleganti del mare in generale e del Mediterraneo in particolare.
Appartenenti all’ordine Ceriantharia, i cerianti sono esacoralli rappresentati da poche forme, di solito solitarie e prive di scheletro; a differenza degli altri esacoralli hanno il disco boccale ornato di una doppia corona di tentacoli.


Fino a non molti anni fa, la classificazione dei ceriantari fu questione piuttosto controversa: un tempo l’ordine si riteneva composto da un'unica famiglia mentre oggi la maggioranza concorda sull’esistenza di almeno due famiglie: Ceriantidae e Aracnantidae.
In questa sede prendiamo in esame la prima famiglia, quella dei cerianti, essendo la seconda rappresentata in Mediterraneo forse da una sola specie, tra l’altro molto rara (Aracnanthus oligopodus
vedi articolo).

 

 

Questi animali invertebrati hanno corpo cilindrico lungo e stretto, delicato e molle, simile a quello di un’attinia ma sprovvisto del disco pedale, cioè di quel disco adesivo che consente alle attinie di aderire alle rocce o ad altre superficie disponibili sul fondo del mare.
Per sopperire alla mancanza di questo disco, il cerianto, il cui corpo è appuntito all'estremità aborale, mentre in quella orale è circondato da una corona di tentacoli, usa un sistema unico: si ancora tenacemente al fondo seppellendosi per i due terzi e vivendo all’interno di una guaina tubolare, in una specie di profonda buca da lui stesso creata.
Il “tubo” che protegge il corpo dell’animale è formato da una guaina membranosa di mucosa rappresa, secreta dall'animale e mescolata a particelle di fango e di sabbia, guaina che l’animale secerne spontaneamente e continuamente; tale rivestimento, coriaceo è quindi particolarmente robusto, fornisce un’efficace protezione.
Il cerianto conduce la sua vita nascosto dentro la guaina tubolare, che sporge dal fondo con la sua porzione terminale; da quest’ultima fuoriesce la sua fantasmagorica corona di tentacoli, disposti in ben quattro file concentriche.
Il corpo dell’animale non è mai lungo quanto l’intera guaina, tanto che in caso di pericolo l’animale scivola verso la porzione posteriore del tubo, quella sepolta, risultando praticamente invulnerabile. 

 

 

Oltre 100 tentacoli conferiscono al cerianto un aspetto decisamente maestoso; tanto bello, quanto resistente e longevo.
Pare che l’animale riesca infatti a vivere oltre cent’anni e alcuni esemplari, che ho fotografato nelle acque dello Stretto di Messina e di Lampione a profondità che si aggirano intorno ai 35/50 m e sempre ai margini di scogliere profonde, sembrano non smentire questa ipotesi, a mio avviso molto realistica.
Tubi di cerianti si alzano anche 20 o 30 cm dal fondo, con corone di tentacoli del diametro di oltre 50 cm, possono dare l’idea delle dimensioni massime degli esemplari più anziani.
Ad arricchire l’aspetto già molto bello di quest’animale contribuisce poi la colorazione dei tentacoli, molto variabile; vi sono cerianti con tentacoli viola e sfumature nere, poi ve ne sono con tentacoli color ruggine, arancio, giallo fluorescente, marrone e persino bianco intenso, con apici fluorescenti o meno.
Inoltre, da esemplare ad esemplare, varia lo spessore dei tentacoli: tentacoli più carnosi si notano in quei cerianti con colorito biancastro.
A volte i tentacoli presentano le diverse file concentriche di colori cangianti: la fila più esterna bianca o gialla e le altre interne viola o biancastre.
Ma queste sono solo le situazioni più frequenti.

 

Il cerianto tiene aperti i suoi tentacoli sia di giorno sia di notte, anche se col buio è più facile che l’estroflessione degli stessi sia maggiore. Predilige fondi di detrito o sabbia, o le aree ai margini delle scogliere, senza disdegnare le praterie di posidonia, ambiente dove mi è capitato di incontrare notevoli concentrazioni di esemplari per metro quadro di fondale. Se sfiorato a tentacoli aperti non necessariamente si ritira all’interno del suo tubo protettivo, ma probabilmente compie uno scatto che porta ad una prima contrazione dei tentacoli, che si arricciano all’estremità, e successivamente si ritira nel tubo, a volte scomparendo alla vista se la sollecitazione subita è eccessiva.
Può anche chiudersi direttamente, senza passare dalla fase intermedia della contrazione. La sua reazione al disturbo è quindi diversa secondo i casi.
Il cerianto sembra che preferisca i luoghi moderatamente esposti alle correnti, per motivi alimentari, ma non disdegna gli ambienti tranquilli e bui delle grotte, specie quelle con fondi fangosi.

Pratica quindi un po’ tutti gli ambienti del mondo sommerso ma, secondo i luoghi e i siti, assume sembianze differenti.
Spesso questi celenterati sono ermafroditi, quasi mai però in grado di autofecondarsi.

 

I cerianti sono animali che possono essere osservati molto da vicino dai subacquei: sono quindi apprezzabili in tutto il loro fascino!
Gli amanti della fotografia o del video troveranno in lui un soggetto molto interessante, oltre che particolarmente fotogenico.  Per i subacquei che volessero osservare o fotografare questi splendidi animali potrei offrire alcuni consigli. Innanzi tutto mi preme segnalare la presenza di cerianti secolari, di notevoli dimensioni e spettacolari soggetti per il fotosub, nelle acque dello Stretto di Messina, sul versante calabro (località: Scilla e Bagnara, profondità compresa tra i 40 e i 60 m), e nelle acque di Lampione, arcipelago delle Isole Pelagie (alla base della scogliera, sulla sabbia, intorno ai 50-55 m di profondità). Non ho trovato cerianti con caratteristiche analoghe in altri luoghi, ma ciò non esclude la loro presenza.
Relativamente alle mie ricerche in Mediterraneo e alla mia personale esperienza, ho reperito animali d’ogni tipo, forma e colore nei luoghi più disparati e su fondali d’ogni sorta.
Quel che ritengo significativo, tuttavia, è la presenza di cerianti sui fondali sardi, soprattutto in alcune grotte del litorale roccioso a picco sul mare; i cerianti delle grotte, diffusi ovunque in Mediterraneo, ma molto ben rappresentati in Sardegna, hanno una gran parte del “tubo” che ne contiene il corpo anziché prevalentemente sepolto per gran parte adagiato sul fondo sabbioso o fangoso, e quindi più esposto e ben visibile.
Sembra quasi di osservare delle grosse oloturie (echinodermi noti come cetrioli di mare per via del loro aspetto simile a un cetriolo) con un’estremità rivolta verso l’alto e l’altra che si seppellisce nel sedimento.
 

 

La parte di guaina rivolta in alto lascia sporgere, come al solito, tentacoli a “fontana”, molto belli, lunghi e sottili, che in Sardegna e sui fondi fangosi delle grotte in genere, sono per lo più di colore nocciola, senape, violaceo, nero o bianco, quasi sempre in una tinta unica e senza zebratura o altri disegni.
A volte alcune grotte ospitano assembramenti di cerianti con i loro tubi chitinosi allungati e/o sovrapposti o affiancati, offrendo spettacoli di rara bellezza nel caso si assista contemporaneamente all’apertura di tutte le corone tentacolari. Infine, in base alle osservazione fatte in natura, non ho esitazione nel definire che i cerianti delle grotte, che prediligono il sedimento fine e il buio totale o la penombra, hanno quasi sempre tentacoli più sottili e colorazioni che non si discostano da quelle prima citate. 

Viceversa, i cerianthus che oserei definire “di acque aperte” (solo per intenderci), hanno il corpo quasi completamente sepolto nel sedimento e lasciano sporgere solo la porzione terminale del tubo, quasi sempre in posizione verticale o, al limite, con una qualche inclinazione laterale secondo il tipo di ubicazione sul fondo.
I tentacoli di questi cerianti sono in genere più carnosi e si assottigliano progressivamente verso gli apici e il colore varia molto, dal bianco verdastro, al verde, al giallo fluorescente, oltre a riproporre tutte le tinte già viste per i cerianti delle grotte.


 

Esiste un sito nello Stretto di Messina, poco a nord della città di Reggio Calabria, dove ai margini di una spettacolare prateria di posidonia vivono numerosissimi cerianti di medie dimensioni in soli 6/10 metri di profondità.
L’immersione notturna regala qui forti emozioni per coloro che fossero interessati allo studio e all’osservazione di questi celenterati.
Scendendo più in profondità, nello stesso luogo e nei dintorni, sui pendii sabbiosi e detritici che puntano decisamente verso gli abissi dello stretto, si possono osservare cerianti isolati di dimensioni medio piccole con sgargianti colorazioni gialle o verdi (li ho battezzati cerianti fluorescenti per il tipo di colorazione e l’effetto che creano), che risaltano non poco sul sedimento grigio tipico di questi fondali.

 

 

Questa famiglia di celenterati annovera, in Mediterraneo, un’altra specie poco nota, secondo alcuni non ancora identificata, secondo altri riconoscibile come Cerianthus solitarius.
Comune sui fondali puliti e sabbiosi, non differisce molto dal cugino membranaceus se non per le dimensioni, molto più contenute.
Il corpo è più esile e più allungato, privo di quella struttura eretta che è il tubo membranoso; al suo posto esiste invece una guaina semitrasparente, meno visibile rispetto a quella del membranaceus ma comunque presente.
I suoi tentacoli sono sovente zebrati, con riflessi e puntinature fluorescenti, e risultano molto urticanti non solo nei confronti dei pesci: da esperienze vissute da esperti acquariofili che hanno allevato i cerianti, pare che i solitarius abbiano un potere urticante superiore a quello dei membranaceus, tanto che inserendo in vasca le due diverse specie ne patisce di più la seconda, solo apparentemente più robusta… Il Cerianthus  solitarius ama le distese di sabbia e qui si seppellisce a profondità vairiabili, sporgendo in misura diversa dal fondale secondo la profondità: lungo i litorali l’effetto dell’onda, maggiormente percepibile, li porta infatti a sporgere appena dal fondale, a differenza di quanto accade invece in profondità, dove il corpo sporge abbondantemente dal fondo.

 

 

Francesco Turano

 

 

 

 

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