Quando
si parla di madrepore o formazioni madreporiche si pensa inevitabilmente alle
barriere coralline, un habitat dove sicuramente l’abbondanza di tali forme
viventi giustifica l’immediato riferimento. Tuttavia molte specie di madrepore
vivono anche nel Mediterraneo e, solo in alcuni casi e a grandi profondità,
formano anche in questo mare vere e proprie scogliere, un po’ come accade ai
tropici, anche se trattasi di un ambiente tipico di acque profonde e fredde, tra
i 300 e i mille metri di profondità.
Solo i moderni robot possono permetterci di osservare e studiare quegli
ambienti abissali dove le madrepore abbondano; ma a quote accessibili al
subacqueo e persino sotto il pelo dell’acqua, molte altre specie sono
disponibili ad appagare la nostra curiosità. Prima di
addentrarmi nell’argomento è doveroso fare però una precisazione, utile per
comprendere poi quale chiave utilizzare per scoprire i segreti di questi
eleganti invertebrati.
Oggi
il Mar Mediterraneo è un bacino temperato. In un passato geologico recente il
nostro mare ha goduto invece di un clima caldo, che ha consentito la
sopravvivenza di vere e proprie scogliere coralline di tipo tropicale. Nel
Pliocene, circa 5 milioni di anni fa, iniziò un deterioramento climatico
importante, culminato nelle glaciazioni quaternarie, che ha comportato
l'estinzione della gran parte delle scogliere coralline.
Attualmente vivono infatti nel Mediterraneo soltanto alcuni esacoralli,
che popolano in modo discontinuo i diversi substrati rocciosi dei litorali.
Come nel caso della Cladocora caespitosa,
unica madrepora che ancora forma, talvolta, modeste aggregazioni a bassa
profondità, e che rappresenta, in scala ridotta, quello che era una volta la
tipologia di insediamento di una scogliera tropicale.
Ho parlato, senza soffermarmi, di esacoralli;
ma ritengo opportuna un’altra pausa per una nota importante.
Quando
parliamo di madrepore parliamo di animali del phylum
Cnidari, classe Antozoi, sottoclasse
Esacoralli e ordine
Madreporari.
Recentemente, l’ordine dei Madreporari è stato sostituito da due nuovi
ordini, si è cioè verificata una scissione: adesso si parla di
Corallimorpharia (due sole
famiaglie e tre specie, tra cui il famoso e bellissimo anemone gioiello, molto
noto ai subacquei ma volgarmente battezzato in modo improprio, visto che si
tratta di una madrepora e non di una anemone o attinia) e
Scleractinia, ordine che raccoglie
insieme tutte le altre famiglie di madrepore.
La classe Antozoi, nel suo insieme, è la più grande del phylum (le
classi degli Scifozoi e e degli
Idrozoi sono rappresentati da una più
scarsa diversità biologica), è raggruppa tutta una serie di invertebrati che
vivono a contatto permanente con il fondale, particolarmente belli e
affascinanti, soggetti ambiti dai fotografi subacquei.
Tra
questi, coralli e madrepore sono forse i più noti, ma spesso si genera
confusione tra i due tipi e si incorre in grandi equivoci.
Nella regione mediterranea la nozione di corallo è infatti tipicamente
associata al "corallo rosso" (Corallium rubrum),
mentre se ci spostiamo nell'area tropicale, i coralli richiamano immediatamente
alla mente, come abbiamo detto, le barriere madreporiche o coralline.
Dal punto di vista scientifico, tutti questi coralli sono imparentati
fra loro e raggruppati in un solo phylum. Ma il "corallo rosso" appartiene agli
Ottocoralli: è cioè una gorgonia con esoscheletro calcareo calcitico,
pigmentato di rosso.
I coralli che invece formano l'ossatura delle barriere tropicali sono
Esacoralli, anch'essi forniti di
esoscheletro calcareo, ma che mineralizza in aragonite; sono quindi, più
esattamente, delle madrepore, non coralli
come talvolta si usa dire nel linguaggio corrente e in un certo senso
inadeguato.
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Madrepora
arancione (Astroides
calycularis),
una delle madrepore più diffuse ma anche una delle più belle
Già sotto il pelo dell’acqua
lo spettacolo offerto da una delle specie più belle e cromaticamente esaltanti
del nostro mare può offrirci tantissimo; parlo della madrepora arancione,
il noto Astroides calycularis, la cui
morfologia, associata all’arancio intenso che la contraddistingue, la rende
graziosa, elegante, nonché affascinante.
La
madrepora arancione tappezza, con le sue colonie,
interi tratti di scogliera in ombra a partire dalla superficie
La madrepora arancione, tra
l’altro, vive in colonie di numerosissimi individui, per cui non è raro
osservare intere pareti rocciose, ingressi di grotte ma anche scogli isolati,
completamente avvolti dall’arancio di migliaia di polipi, una tinta calda che
spezza sempre violentemente e meravigliosamente con il blu degli ambienti
circostanti.
Arancio e blu sono i colori dei primi metri di profondità e spesso, in
Mediterraneo, gli ambienti di scogliera hanno tali caratteristiche, dando il
benvenuto al subacqueo già subito dopo il tuffo e offrendo grandi spettacoli
all’appassionato di snorkeling.
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Lasciamo adesso la superficie
e proseguiamo verso i primi scogli tra i dieci e i venti metri di profondità.
Qui probabilmente continuiamo a trovare la nostra beniamina, la madrepora
arancione, ma insieme a questa ci saranno altre specie a contendersi il
substrato.
Si potrebbe reperire la comune madrepora pagnotta o madrepora cuscino –
Cladocora caespitosa – anch’essa coloniale
ma con colonie circoscritte in alcune manciate di centimetri, con polipi uniti a
formare una sorta di “cuscinetti o pagnotte”.
Il colore di questa madrepora la rende piuttosto mimetica: è una tinta bruno
verdastra con tentacoli dei polipi semitrasparenti, caratteristiche che
potrebbero facilmente farla passare inosservata.
Il
fantastico giallo della L.Pruvoti
Quella che invece
risalta maglio agli occhi dell’osservatore è una specie dal carattere
decisamente solitario, visto che i singoli polipi non si aggregano ma se
ne stanno ognuno per conto proprio: si tratta della bellissima
Leptosammia pruvoti, la madrepora gialla.
Il colore e la forma di questi piccoli “bottoncini” sparsi qua e là su
una superficie rocciosa, necessariamente in ombra o al buio, ne fanno la
giusta nota cromatica per quegli luoghi bui e altrimenti tetri.Simile
alla leptosammia ma più rara, è la sempre gialla
Cladopsammi rolandi, nota a pochissimi subacquei e
volgarmente identificabile come madrepora gialla coloniale.
Sono pochi i siti dove ho avuto la possibilità di osservarla e
fotografarla, tra cui non a caso lo Stretto di Messina; alcune piccole
grotte facilmente accessibili e sicure per una comoda perlustrazione
presentano tappeti di madrepore di specie diverse, tra cui
Cladopsammia, Leptosammia e Astroides affiancati.
Insieme
alle specie precedenti se ne trova una che
solitamente passa inosservata per la ridottissima dimensione dei polipi:
la Madracis pharensis.
Tipica di ambiente
cavernicolo, crea piccoli cuscini madreporici di forma subsferica e
dalla colorazione variabile tra il giallo, l’avorio ed il rosa.
Il suo nome volgare è madrepora a grappolo, ma serve solo per
una distinzione pratica vista la mancanza di una specifica denominazione
comune di una certa validità.
In questa sede il mio
scopo è fare le presentazioni delle diverse madrepore che un subacqueo
può osservare in Mediterraneo e cercare di capire a che profondità e in
che tipo di ambiente esse si trovino, senza alcuna pretesa scientifica e
quindi mi permetto di giocare con i nomi volgari. |
Se torniamo quindi alla nostra
superficie rocciosa ombreggiata di una scogliera sommersa osserviamo come
diverse madrepore, coloniali e non, tutte insieme incastrate l’una con l’altra,
adiacenti o inglobate da poriferi, creano, con una moltitudine di echinodermi,
tunicati e briozoi, un microcosmo di fronte al quale un subacqueo davvero
appassionato potrebbe concentrarsi per tutta la durata di un’immersione.
Madrepora
di Muller (Polycyathus
muellerae),
coloniale,
diffusa sulla superficie ombreggiata delle rocce
Distogliendo l’attenzione
dall’insieme degli invertebrati presenti e cercando di concentrarsi solo sulle
madrepore, c’è la possibilità di osservare, se attenti e acuti, una specie con
polipi bassi, piccoli e rotondi, con tentacoli trasparenti, coloniale, che ha
l’abitudine di coprire le pietre lisce a guisa di lamina.
Si tratta della madrepora di Muller –
Polycyathus muellerae – o anche di altre madrepore simili che non
sono mai riuscito a classificare, comunque quasi sempre con calice giallo o
crema, a volte bianco a volte nocciola.
Si sollevano poco in altezza dal substrato, giusto alcuni millimetri, ma lo
colonia si espande in larghezza coprendo a volte vaste superfici rocciose o il
ferro di relitti sommersi.
A proposito di ferro, è importante sottolineare come quest’ultimo sia substrato
prediletto per moltissime specie di madrepore mediterranee, coloniali e non.
Sul metallo dei
relitti ho trovato molte volte la specie
Polycyathus muellerae insieme all’occasionale anemone
gioiello e alla bellissima Phyllangia
mouchezii.
Ma anche la madrepora cuscino non disdegna il metallo e colonizza le
strutture dei relitti.
Un buon assortimento, se vogliamo, che anima gli ambienti di una
nave affondata, altrimenti tetri, offrendo tanto colore.
E a proposito di colore mi soffermerei spendendo qualche parola
proprio per il cosiddetto anemone gioiello, il cui nome nasce da
una bellezza e una brillantezza inusuali, legate all’aspetto e al colore
di una madrepora coloniale senza eguali in Mediterraneo.
Siamo di fronte all’unico rappresentante del genere Corallimorfi,
la cui principale caratteristica è la totale assenza di alghe
zooxanthellae sui tentacoli dei polipi, e non esiterei a definire
proprio questa specie proprio come madrepora dei relitti.
Sovente capita infatti
di incontrarla su substrati metallici e, a tal proposito, ho scolpito
indelebile il ricordo di un’immersione che feci durante una campagna
oceanografica nello Jonio su una piattaforma offshore.
Restai letteralmente folgorato nel trovare i tralicci completamente
coperti da Corynactis di colori
diversi e, a giudicare da quanto vidi, la dimensione dei singoli polipi
sembrava raggiungere e superare quella che è stata stimata come la
taglia massima di questa specie, e cioè 15 mm di altezza e diametro.
Ogni polipo poi, con i suoi tentacoli che superano le cento unità,
genera una visione d’insieme delle colonie che è fiabesca, paragonabile
a un tappeto di alcionari tropicali.
I miei occhi stentavano a credere a quella visione d’insieme e non
sapevo come fotografare per rendere un’idea, seppur vaga, di un simile
paradiso. I tentacoli dei singoli polipi, inoltre, terminano con una
piccola sferetta il che arricchisce ancor più l’aspetto estetico.
La colorazione estremamente variabile, con esemplari verdi, rose,
fucsia, gialli, rossi, arancio e non so cos’altro, stupirebbe qualsiasi
artista o persona sensibile e amante della natura e della vita. Relitti
a parte, le colonie invadono le zone d’ombra delle scogliere, preferendo
le pareti verticali, tra i cinque e i cinquanta metri di profondità.
La specie si può occasionalmente avvistare anche in grotta e ambienti di
penombra. Parlando dell’anemone gioiello
stavo per dimenticarmi di una specie che considero una delle più
fotogeniche, la meglio visibile ad occhio umano.
Madrepora
di Mouchez (Phyllangia mouchezii), una delle più belle madrepore
Sto parlando della
Phyllangia mouchezii
o madrepora di Mouchez, la specie con i polipi più grandi tra
tutte le madrepore del nostro mare. Potrei scrivere a lungo di questa specie,
talmente affascinante da essere ancora oggi oggetto delle mie ricerche
fotografiche.
Ho visto colonie in ambienti di scogliera del Tirreno ma anche in ambienti
sabbiosi dello Jonio dove la si trova persino su quelle poche pietre isolate;
nello stretto è diffusa forse per la presenza costante di particolari correnti e
ve ne sono colonie incredibili, di colori diversi.
Non posso non raccontarvi di una delle colonie più belle in assoluto e della
quale conservo solo poche foto su pellicola invertibile. Era una colonia
completamente albina, ma con lievissime sfumature rosee, con polipi enormi,
estesa per una trentina di centimetri o forse più nel diametro; si trovava a
metà altezza del pennone più profondo del famoso relitto del mercantile Laura C,
affondato alla fine della seconda guerra mondiale nel mare di Saline Joniche, a
sud dello Stretto di Messina
(vedi articolo sul relitto).
Protagonista di moltissime immagini ha uno spazio tutto suo nel mio archivio
dedicato al Mediterraneo sommerso.
Meno bella ma non meno
interessante è la madrepora molare, ovvero
Balanophyllia europea.
Madrepora
molare (Balanophyllia europea) con tentacoli estroflessi
Appena ci immergiamo o
quando invece riemergiamo, nella fase di decompressione per esempio, se
siamo in prossimità del fondo e nel luogo adatto, potremo osservare
singoli polipi di discrete dimensioni saldamente cementati agli scogli
del fondo: sono i polipi di questa specie, una forma solitaria, in
genere più larga che alta.
Gli esemplari più vecchi mostrano una strozzatura media sul margine
superiore mentre la sezione dell'organismo è ovale.
I polipi sono generalmente di colore bruno, verdastro o giallastro, con
il margine del calice ispessito ed i setti arcuati e riuniti in gruppi;
i lati sono provvisti tra l’altro di spine o sono granulati.
Colonizza le acque superficiali per via della simbiosi con le alghe
zooxantelle e quindi avremo modo di osservarla molto più facilmente
rispetto ad altre specie.
Alcuni
polipi di madrepora molare, frequente già a pochi metri di profondità
Sempre in acque
superficiali, nonostante si spinga fino ai cento metri, troviamo poi una
fedele e frequente amica degli scenari classici ripresi dai fotosub: la
piccola e solitaria
Caryophyllia inornata, o cariofillia
disadorna.
Sempre sola soletta sui substrati duri
si trova timidamente affacciata tra poriferi e
altri invertebrati incrostanti.
Comune in
Mediterraneo, ha un calice di una decina di millimetri di diametro e
tentacoli di colore traslucido o a volte semitrasparenti.
Colonizza a gruppi di individui ma mantiene sempre il suo carattere
solitario (non forma colonie).
Sorella di quest’ultima
è la Caryophyllia smithii o
cariofillia di Smith, difficile da distinguere dalla specie quasi
gemella e anch’essa frequente negli ambienti rocciosi.
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