Da "La
gazzetta di Messina e delle Calabrie" - A cura di Paolo Ullo
Le
mareggiate di Galati Marina del 1904 e 1906
Mercoledì 7 febbraio
1906
La mareggiata a Galati
Stereoscopia mareggiata a
Galati Marina
Altri particolari
Uno spettacolo
Giungiamo di buon mattino. Il cielo plumbeo, nerastro minaccia pioggia e
soffia il vento terribile con fischio acutissimo.
Fissiamo lo sguardo sull’immensa vastità delle acque sconvolte dall’ira dei
venti che imperversano.
I flutti spumanti con un cupo fragore, infrangendosi tra i rovinati pennelli
si elevano in alto furiosamente come una minaccia.
Quanta rovina lungo la spiaggia del mare che squassa con rabbia le onde
irose sui massi cadenti dei pennelli!
Come è imponente il mare in tutta la sua estensione, agitata quasi dalla
mano invisibile d’un dio marino, sconvolto dalla furiosa onda dei venti!
Come maestoso, sublime, esteticamente bello quell’orrido mare, che quasi
cosciente della sua forza tremenda e pago di tante rovine infuria peggio
ancora di quello che l’onda fa sopra Cariddi, quando dai contrarii venti e
combattuta!
Innanzi a quel quadro della natura che atterrisce e commuove a pietà per
tanta gente desolata, innanzi al turbato elemento che sfida dell’uomo e
dell’arte ogri riparo, innanzi a quel mare vecchio e sempre giovine e pieno
di cosmica forza, di magica potenza l’anima resta ammirata, e l’occhio
aguzza lo sguardo per discernere tra le fitte nebbie bigie le Calabrie, che
degradano lentamente fino alla Punta dell’Armi e al Capo Spartivento.
Il paese
Galati, il piccolo paese di marina che ricorda una storia antichissima e la
leggenda della ninfa Galacte, Galati lungo la spiaggia infranta dal mare
Ionio sulla costa orientale dell’isola nostra, Galati marittimo più non
esiste.
Un cumulo di macerie, di rovine, di rottami, di sparsi cenci sono le
casupole.
La muraglia, che riparava dalle onde la Strada Provinciale, è quasi tutta
caduta, trasportata via dall’onde furenti.
I pennelli sono ridotti a blocchi informi di pietra che pare soffrano l’urto
immane dei marosi ed aspettino l’ira dei venti e dei flutti per essere
travolti negli ultimi resti.
Qui sono mura infrante, case che minacciano rovina, di cui sole le pareti o
le fondamenta rimangono, le porte, usci mobili spezzati, masserizie e
stoviglie infrante: tutto è rovina, una spaventevole rovina.
I danni sono immensi, incalcolabili, l’aspetto di Galati è quello di un
paese, su cui sia passata la mano terribile di un’ignota potenza
devastatrice per rapire alla misera gente il tetto per ricoprirsi dalle
intemperie della rigida stagione.
Mentre osserviamo, urlano con fiero ululato l’onde elevatesi fragorose
sbattute dal vento che imperversa ancora terribile e che fa prevedere nuove
rovine, nuove sciagure per la povera gente.
L’orrida scena che si offre alla vista dell’osservatore è indescrivibile:
tanto la mente è compressa della terribilità degli elementi naturali
turbati, tanto il cuore è angosciato dello strazio di centinai di miseri
paesani, erranti per le vie fangose e privi di tetto per ripararsi, senza
panni per coprirsi dai rigori dell’Inverno e senza letto per dormire.
E su tanta miseria e rovina passa il turbine foriero di bufera, il turbine
che sconvolge e sommuove più furiosamente le onde e minaccia una più fatale
rovina!
Le onde si innalzano, s’accavallano, rumoreggiano, s’infrangono e si
rincorrono spumando tra le macerie delle mura crollate, tra i rottami delle
case inghiottite dai funesti marosi.
La popolazione
La
popolazione di Galati, che più ha sofferto danni indescrivibili, è quella
che aveva le abitazioni lungo la via provinciale; e diciamo che aveva,
perché delle case non rimangono che poche mura spaccate, pochi pilastri
cadenti, qualche tetto minacciante rovina e alle afflitte genti non rimane
che la memoria di ciò che fu e che il mare nella inconscia violenza portò
via fin quasi dalle fondamenta, non rimane che gli occhi per piangere delle
miserie e della desolazione in cui è ridotto il paese.
Abbiamo ascoltato con vivissimo senso di pietà le dolorose vicissitudini di
tante famiglie ridotte nella più squallida miseria in un baleno.
Qual dolore nelle parole di quegli afflitti! Quale accoramento nelle anime
di quei buoni paesani, che invocano pane, soccorso, riparo alla loro trista
miseria!
Un povero operaio che dei suoi risparmi s’era procacciato un tranquillo
vivere, che aveva ben sei casupole, un giardino, è rimasto senza neppure un
cencio, poiché l’onda gli rase al suolo le casette, dei cui proventi viveva
la vita.
Egli fa pietà a vederlo piangere per il suo tristissimo stato in cui la
sventura l’ha piombato, desta commiserazione per la miseria in cui è caduto.
Egli è Giacomo Frazzica fu Matteo.
Una famiglia ridotta nel più nudo squallore per la rovina arrecatale
dall’inondazione; una povera famiglia composta di ben nove persone rimasta
senza pane per sfamarsi, priva dei suoi averi, delle sue sostanze.
E la famiglia di certa
Emilia Gariglio
fu Mauro, vedova e madre di cinque orfanelli; una donna di buona famiglia
torinese, parente del fabbricante di cioccolato della ditta Moriondo e
Gariglio, è rimasta a lottare con la miseria, dopo la sventura di aver
perduto i genitori ed il marito.
E cent’altri episodi raccapriccianti, dolorosi, cent’altre persone rimaste
sul lastrico, che aspettano soccorsi e rimedii, cent’altre famiglie private
del necessario per la vita, le quali non hanno che le lacrime sul ciglio e
le stimmate del dolore impresso sui volti.
In giro per il paese
Sotto una minuta pioggia sbattuta dal vento che infuria andiamo visitando i
luoghi del disastro.
Sulle pareti delle case rovinate, su qualche pilastro di casupole quasi
distrutte sono ancora affisse reliquie di Santi, Madonnine, secchie d’acqua
benedetta, pendono crocifissi, quadri sacri, cartoline illustrate e figure
profane: una strana commistrura di sacro e di profano.
Visitiamo case, o meglio ruderi per ruderi: a quando a quando qualche muro
crolla con fragore, sollevando un fitto polveraio, un nugolo di polvere.
Per ogni dove sono macerie e miserie, e ci affligge il pensiero che così
immane disastro sia piombato su un villaggio altre volte provato dalla
sventura.
Altre case danneggiatee crollate
Continuando nella enumerazione delle case danneggiate o distrutte notiamo
ancora quelle segnate ai seguenti numeri civici:
N. 97, Cirinà Maria, abitata dalla stessa Padrona; N. 28, Micari Antonino,
abitata Pistone Pasquale; N. 99, Micari Antonino, abitata da Scandurra
Sebastiano; N. 105-109 Micari Pasquale fu Diego, abitata da lui stesso; N.
110-111-112-113, Micari Giovanni fu Diego usufruttuario delle case di
proprietà di Matteo Cama (vuote); N. 114, Micari Antonino, abitata da
Mangano Grazia; N. 115-116-117, Micari Antonino (Casa Conciliazione); N.
119, Latella Placido.
La
giunta di Galati
Stamattina si sono recati a Galati l’Assessore Prof. Antonino Fleres nella
rappresentanza del Sindaco, l’Assessore Lella e gli Assessori Minoliti e
Scarcella col Segretario Generale Avv. M. Sterio, mentre dal Municipio
partiva un altro carro militare di soccorsi disposti dall’Autorità Comunale.
L’Assessore Fleres ha visitato tutte le località danneggiate e ha dato delle
opportune disposizioni, promettendo d’interssare le Autorità locali ed il
Governo.
Accompagnato poi dall’Assessore Scarcella, il Prof. Fleres ha fatta una
ispezione per stabilire il locale dove dovranno sorgere delle provvisorie
baracche per dare ricovero alla povera gente rimasta completamente allo
scoperto.
Ha disposto anche la demolizione delle case pericolanti per evitare delle
possibili disgrazie.
E’ stato assai lodato l’accesso della Giunta a Galati, nonché l’opera dei
Vigili Municipali e dei Reali Carabinieri che hanno davvero affrontato
pericoli e disagi d’ogni maniera ed è da sperare che tale opera sarà tenuta
da chi deve nella dovuta considerazione.
Meritati elogi
Giungano i nostri più vivi elogi ai soldati del Genio che, comandati
dall’egregio Tenente Rinaldi e dal Sergente Fagioli, hanno dato prova di
abnegazione e di entusiasmo nell’opera di pronto soccorso ai colpiti dalla
sventura.
Ed una sincera lode al solerte Assistente Municipale Sig. La Spada, che
tanta parte ha avuto nel soccorrere i poveri, interessandosi dei
proprietarii e degli abitanti delle case danneggiate e distrutte.
Ed un plauso anche al Sig. Matteo Caratozzolo, Assistente dell’Ufficio
Tecnico Provinciale, che accorse prontamente ove il pericolo era, chiamatovi
dal dovere.
La distribuzione del pane
Verso le ore 8,30 per venire in soccorso di tanta gente priva di pane, si è
fatta la distribuzione di una quantità di pane.
A quest’opera di carità pubblica veramente encomiabile intendeva con cura la
distinta consorte dell’egregio Sindaco del paese, la quale addolorata
dell’immane disastro del suo villaggio si è adoperata a lenire in parte la
fatale e profonda sciagura dei suoi conterranei.
Serii altri pericoli
I furiosi marosi della mareggiata hanno scavato il terreno del litorale
della Marina ove sorgono prima i caseggiati poscia la strada provinciale,
tranviaria e più in su la ferrata per la lunghezza di una quarantina di
metri per modo che, perdurando la triste bufera, quel tratto col riversarsi
in su delle acque e coll’addensarsi e vieppiù approfondirsi nel sottosuolo,
si teme che quel tratto stradale possa essere travolto interrompendo le
comunicazioni con Messina e paese dopo la riviera di Galati verso Sud.
Procedesi attivamente opere puntellamento dighe provvisorie e crede
scongiurare altri possibili sinistri. Sopraggiungendo la notte si lavorerà
con le torce a vento.
Ammiratissima è stata l’opera dei nostri Vigili colà distaccati per
l’abnegazione, il sacrifizio, lo zelo addimostrati nelle opere di
salvataggio e demolizione delle case pericolanti degnamente coadiuvati dai
Carabinieri e dai Soldati.
Gli Assessori Scarcella, Minoliti e il Consigliere Bonfiglio encomiando i
loro dipendenti tanto attivi e valorosi hanno loro offerto cognac e sigari,
uno agli altri loro cooperatori.
E’ crollato un altro muraglione e un quarto pennello si è aperta altra
falla donde l’acqua dei marosi frangentesi nei caseggiati ancora in piedi
precipitasi come valanga.