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Ricerca critica di Maria Savi-Lopez Le sirene
Fin da secoli lontani apparvero sulla spuma delle onde, fra la
solitudine o sulle spiagge ridenti, le figlie del mare, colle chiome d'oro o verdi come lo
smeraldo, cogli occhi lucenti, colle ali bianche e la voce armoniosa, che prometteva ogni
felicità ai marinai affascinati.
Anticamente passavano sulle onde colle ali d'oro, e mostravano una
ingannevole faccia virginea, o con ali bianche volavano come i falchi, spiando le navi ed
ingannando i marinai; e benché avessero aspetto di bellissime fanciulle, pur si poteva
trovare in esse qualche somiglianza colle Arpíe o con altri uccelli tempeste di
diverse mitologie. Ma ciò non basta ancora, perché le sirene hanno pur forma di
fanciulle colla coda di pesce, ed in questo caso dobbiamo trovare in esse miti lunari. ...
Mentre tante divinità inferiori del mare, create in parte dalla fantasia
dei nostri padri antichi, sono dimenticate dal popolo, che non sa più dire cosa alcuna
delle Oceanidi belle e delle figlie gentili di Nereo, il ricordo delle sirene è
indimenticabile fra gli abitanti di molte spiagge nostre meridionali; e si potrebbe
affermare che fra le leggende marinaresche quelle che dicono del fortissimo nuotatore
Niccolò
Pesce
e delle sirene siano le più popolari in certe regioni d'Italia. ...
Fra le leggende popolari che dilettano i Lapponi a tanta distanza dal nostro cielo azzurro e dall'incanto delle nostre marine, ritrovai con qualche variante la leggenda calabrese di Bíancofíore e quella della bella fanciulla di terra d'Otranto sposata dal re; e forse quando le donne dei nostri pescatori, riunite nelle casette presso le spiagge o sedute sull'arena al bel sole d'Italia, raccontano ai figliuoletti le avventure delle fanciulle raccolte in mare dalle sirene, altre donne verso il Polo ripetono in lingua tanto diversa, nelle capanne coperte di ghiaccio e sulle sponde desolate dell'Oceano glaciale lo stesso racconto, in cui la strana figura di Attjis-ene, malvagia donna del mare, fa le veci delle nostre sirene. In questa leggenda dei Lapponi la fanciulla si muta in anitra e questa è una variante della nostra leggenda calabrese sullo stesso argomento, in cui le oche scoprono l'inganno allo sposo di Biancofiore (vedi Attjs-ene).
Altre oche fanno lo stesso ufficio nel Pentamerone, in cui dicesi
che Ciommo, fratello di Marziella, deve condurla dal re che vuole sposarla. Ma una vecchia
zia invidiosa mette la propria figlia bruttissima al posto di Marziella, che fa cadere dai
suoi capelli perle e fiori quando si pettina, e fa nascere gigli e viole sotto i suoi
passi quando cammina.
Pire, pire, pire
Il re manda un servo dietro le oche e scopre ogni cosa. Egli
vorrebbe sposare la bellissima giovane, ma la sirena la tiene legata con una catena d'oro.
Il re con una lima che non fa rumore rompe la catena, libera Marziella e la sposa.
Secondo certe tradizioni siciliane note nella contea di Modica, la sirena
non ha la solita perfidia, e parmi che si assomigli alquanto a certe nordiche figure di
sirene, che avvertono i marinai dei pericoli ai quali vanno incontro.
Certe leggende siciliane dicono che la sirena abita nel Faro di
Messina. Altri narra che due sirene bellissime e perfide chiamate Sciglia e Cariddi dimoravano
nel Faro e traevano le navi a perdizione.
Già alcune volte ho fatto cenno della facoltà che hanno certe divinità dell'acqua di profetizzare l'avvenire, a quanto ci dicono le favole pagane e molte leggende popolari, e di questa facoltà tenne conto il gran poeta Camoens, dicendo che presso i naviganti seduti alla mensa imbandíta da Teti, una sirena canta dolcemente, e predice la gloria di altri navigatori portoghesi, avendo nel poema dei Lusiadi ufficio simile a quello di Anchise nell'Eneide, e di Merlino nll'Orlando furioso.
Mentre essa canta
Ma non sappiamo se ella avesse il tallone di perle, come la bella
Leucotea, che prestò ad Ulisse la sua fascia immortale, o fosse simile alle sirene
portoghesi e spagnuole, che sono per metà donne e per metà pesci.
La Sirenita del mar Nella Bretagna sonovi pescatori i quali affermano di aver veduto la sirena, che, al pari di certe sirene antiche, è in parte donna, in parte pesce. Come la Loreley del Reno e certe nordiche mermaids, ella trova gran duetto nel pettinare al sole i suoi capelli biondi con un pettine d'oro. E' molto bella ed ha una voce dolcissima, che può far dimenticare a chi l'ascolta ogni cosa terrena. Il suo canto annunzia le tempeste, e dicesi che quando si sente cantare Margherita del cattivo tempo (Mac'bacht ar gwall amzer) bisogna che le navi ritornino subito nel porto, perché
Quand la sirène est en train de chanter
Certe belle sirene del mare, che non sono sempre perfide ammaliatrici, vengono chiamate dai Tedeschi "Meerfrau", dai Danesi "Moremund", dagl'lslandesi "Margyr", dai Bretoni "Marie Morgan", dagli Olandesi "Zee-wjf ", dagli Svedesi "Sjotzold", dagli Anglo-Sassoni "Merewif", dagli Irlandesi "Merrow", dagl'Islandesi "Haff -fru", nelle Asturie sono dette "Xanas"'
Anche le sirene svedesi seggono sopra gli scogli e pettinano i
loro capelli; hanno in mano uno specchio, o, come certe elfinnen, distendono biancheria al
sole. Esse ingannano i marinai, e la loro apparizione precede sempre le burrasche. Dicesi
che dimorano nel fondo del mare, dove hanno palazzi, castelli e gregge. Sono malvagie come
certe ninfe, anche svedesi, che non sapevano perdonare le ingiurie e vivevano nei laghi.
Una di queste salvò un giorno un cavaliere chiamato Gunnar, che era caduto nell'acqua.
Costui aveva il suo castello presso il lago dove dimorava la sirena, e per mostrarle la
sua riconoscenza andava a visitarla ogni otto giorni. Una leggenda svedese dice che una notte la porta della capanna di un pescatore fu aperta da una mano di donna. Nella notte seguente egli stette in agguato ad aspettare, e quando apparve la mano femminile l'afferrò senza tema, ma fu trascinato fuori della capanna e scomparve. Dopo qualche tempo, mentre tutti lo credevano morto, si celebravano le nozze di sua moglie con un altro pescatore, quando egli le apparve improvvisamente, e le raccontò che era stato costretto a vivere colla sirena, la quale, commossa dalle sue preghiere, gli aveva concesso finalmente di visitare la terra; ma eragli proibito severamente di ritornare nella propria casa. Egli non tenne conto di quel divieto, entrò nella sua casa, ma non vi stette a lungo, perché essa rovinò ed egli rimase sepolto sotto le macerie.
Andersen narra la storia di sei mermaids, che ebbero facoltà di
apparire sulla superficie del mare, quando compirono il sedicesimo anno. La più bella
s'innamorò di un giovine principe che stava a bordo di una nave, ed una strega del mare
la mutò in fanciulla della terra, affinché potesse seguire sempre l'uomo amato. Questi
la tradì; le altre fanciulle del mare le dettero un coltello per uccidere l'ingrato; ella
fallì il colpo, cadde in mare ed annegò.
Le Haff-fru dell'Islanda prendono i corpi dei naufraghi che non
ritornano più a galla. Una di esse salvò dalla morte una fanciulla che erasi gittata in
mare, sperando così di salvare coll'eroico sacrífizio una nave, che era sul punto di
naufragare in mezzo ad una violenta burrasca.
In certe regioni presso il mare i Russi credono nell'esistenza
delle Rusalke del mare, le quali, sopra alcune spiagge ed anche presso Astrakan, sono
credute capaci di suscitare violenti temporali e di danneggiare le navi.
Vicino alle belle Rusalke ve ne sono altre così piccole che
possono navigare in un guscio d'uovo; ed i Russi credono che siano gli spiriti dei bimbi
morti senza battesimo o nati morti. Essi usano qualche volta di togliere questi bimbi
dalla loro tomba o dalla loro casa ove sono nati e di gittarli nell'acqua; dicono pure che
nel giorno della Pentecoste, per sette anni consecutivi, gli spiriti di questi fanciulli
ritornano sulla terra, chiedendo di essere battezzati. Quando una persona sente uno di
essi che si lamenta deve subito dire le parole richieste per il battesimo; ma se durante
sette anni il povero spirito non ha trovato chi lo battezzi, è per sempre accolto fra le
schiere delle Rusalke. GI'Islandesi dicono ancora adesso che le Haff-fru hanno lunghi capelli gialli, spesso dormono nelle barche e qualche volta le fanno affondare. Si può solo vincere la loro malefica potenza ripetendo un inno sacro.
Le Mary Morgan, fate del mare, somigliano molto alle sirene a
cagione della divina bellezza, ma non traggono a perdizione gli uomini. Dicesi che
apparivano in altri tempi con molta frequenza nelle vicinanze del Finistere e del
Morbihan. Stavano volentieri presso le spiagge, vicino alle grotte che si aprivano fra le
alte scogliere, o, qualche volta, nel mezzo degli stagni dove chiamavano i giovani
pescatori, i quali inutilmente si provavano a non darsi pensiero delle loro lusinghe. Essi
venivano trascinati per forza nelle misteriose dimore, nei palazzi di madreperla, dove
sposavano le Mary Morgan che li avevano rapiti, e non si lamentavano del loro destino,
perché erano felicissimi nella nuova condizione.
Già dissi che la dolcezza del canto delle sirene ci può indurre a crederle miti del vento; ora noterò ancora che, secondo certe credenze popolari, anche le ninfe, che hanno spesso tanta somiglianza colle sirene, possono affascinare gli uomini col canto; e non solo, fra tante altre, cantava la Loreley del Reno, per far precipitare nel fiume i miseri giovani; ma anche La fille qui chante ha trista fama nell'Alsazia. Essa è vestita di bianco, e nelle belle giornate esce da una foresta, poi discende sulla via di Geffenthal. Canta con voce così chiara e dolce che pare a chi l'ascolta di udire il suono di una campanella, che venga su dalla valle; e grave sventura minaccia il viaggiatore che passa in quel momento nella Geffenthal. Anche gli elfi della terra e quelli della luce, i lutins ed i folletti di certi paesi suonano e cantano. In una ballata svedese di Keightley dicesi che una figlia dei Trolli suona tanto bene, che costringe tutti gli animali a ballare; nella saga dei Volsunghi, Sigurd, l'eroe della grande epica nordica, possiede un'arpa meravigliosa che fa ballare, come quella di Orfeo e di Wáinámóinen, anche gli oggetti inanimati, e la sirena che dovrà col suo sangue rendere tanto forte l'elmo di Orlando, non ha altra difesa che la dolcezza del canto da usare contro il conte, il quale non può udirla "Che ambe le orecchie avea di rose piene". E si direbbe che il nostro sommo Poeta non abbia voluto solo ricordare un suo dolce amico, ma anche far cenno della potenza meravigliosa data dai poeti e dal popolo alla dolcezza del canto, quando Casella canta soavemente, Amor che nella mente mi ragiona, e alletta non solo Dante, che appartiene ancora alla terra, ma anche Virgilio e gli spiriti buoni, i quali dimenticano di andare a farsi belli, ed ascoltano Come a nessun toccasse altro la mente. ...
Il Rambaud suppone che si parli di una sirena, figlia dell'acqua, in una leggenda russa, in cui dicesi pure di una divinità misteriosa chiamata il Fabbro del Nord. Costui ha preparato per l'eroe Sviatogor il suo destino, volendo ch'egli sposi una fanciulla che abita sulla sponda del mare. Sviatogor non vuole ubbidire e parte per andare ad uccidere la fidanzata, che gli è stata imposta dal Fabbro, il quale non lavora sull'incudine il fulmine o il ferro, ma il destino degli uomini. Egli la trova in una lurida capanna; è orribile nell'aspetto ed ha pelle somigliante alla ruvida corteccia di un albero. L'eroe la ferisce e le mette accanto una moneta, forse perché possa pagare qualche divinità, mentre l'anima sua compirà il misterioso viaggio dei morti. La fanciulla non muore; è soltanto liberata di un involucro spaventevole nel quale è stata chiusa fin dall'infanzia, ed appare bella come il sole. Ella va sulla montagna santa dove sta Sviatogor, che se ne invaghisce e la sposa. Quando vede ch'ella ha la moneta d'oro ch'egli aveva lasciata vicino alla fanciulla ferita, e conosce la sua storia, è costretto a confessare che nessuno può opporsi al volere del gran Fabbro del Nord. Questa trasformazione del mostro in bellissima fanciulla, che pur ci ricorda non solo le solite trasformazioni di certi miti delle acque, ma anche quelle della bella natura, che partecipa al trionfo del sole sulle tenebre o sull'inverno, non è certamente più meravigliosa di quella che avviene, quando Giove vuole che le navi di Enea a lui care come figlie e sacre
Fendan coi petti e colle braccia il mare ed esse liberate Vicino alle mermaids, alle Mary Morgan, alle Rusalke, vivono ancora, secondo le leggende, innumerevoli uomini del mare; specie di Tritoni che prendono in certi paesi del Nord il nome di "mermen". Molti di essi hanno, come le sirene, volto umano. Spesso sono mariti delle mermaids, danzano sulle onde e cantano piacevolmente, o traggono le navi negli abissi del mare; rapiscono le belle figlie della terra e le portano nei loro palazzi in fondo al mare, ove le sposano e le custodiscono gelosamente, come usano pure altri spiriti del mare, dei quali già tenni parola.
Dicesi che i mermen sono anche forti e valorosi marinai, e col
solo aiuto delle proprie braccia possono far percorrere ad una barca nove miglia all'ora. Il Tennyson chiede in un'altra delle sue poesie:
chi vuole essere un
merman, Risponde che vorrebbe essere un forte merman, per cantare tutto il giorno; ma la notte vorrebbe scherzare colle mermaids presso gli scogli, adornare i loro capelli coi bianchi fiori del mare o inseguirle ridendo allegramente, nella notte senza luna e senza stelle, fra le onde sonore, lo splendore delle saette ed il rimbombo del tuono, vivendo felice sotto il verde oceano.
Nella nostra leggenda calabrese di
Fava d'oro, dicesi di una
specie di gigante chiamato il Figlio del mare, il quale rassomiglia alquanto a certi
nordici mermen Anche in Oriente ritrovami una specie strana di uomini del mare, e vuolsí che un rais, il quale navigava verso Sumatra, approdò in un'isola dove comprò certi schiavi bellissimi, col corpo flessuoso e leggero, che avevano stranissime ale sui fianchi. Quando la nave sulla quale erano imbarcati gli schiavi arrivò in alto mare, essi saltarono tutti nell'acqua, e ridendo e cantando tornarono nella loro isola: solo una giovane non poté fuggire, perché il rais la fece legare strettamente. Quando tornò con lei in India la sposò, e ne ebbe sei figli; più tardi morì, ed i figli vollero liberare la madre loro, che era stata sempre prigioniera. Appena questa fu libera prese a correre verso il mare, come usarono sempre in simil caso tutte le donne cigni, foche e gabbiani, e, prima di sparire per sempre fra le onde, disse che una forza irresistibile la costringeva ad abbandonare i suoi. Vuolsi che in certe leggende popolari, in cui dicesi degli uomini del mare, si celi il ricordo di qualche invasione avvenuta per via mare, e questo è possibile; ma dobbiamo cercare specialmente nelle loro bizzarre figure il ricordo di vecchi miti dei padri nostri, collegati strettamente a tutta la meravigliosa famiglia degli spiriti diversi delle acque.
Maria Savi-Lopez
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